― pubblicità ―

Dall'archivio:

Lionel Messi il ‘politico’: calcio come lotta di potere- di Matteo Spigolon

+ Segui Ticino Notizie

Ricevi le notizie prima di tutti e rimani aggiornato su quello che offre il territorio in cui vivi.

Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

 

 

Lionel Messi si contende con Cristiano Ronaldo la posizione di calciatore più forte del mondo.

D questa generazione, non di sempre.

Il giocatore del Barcelona, però, al contrario dello juventino, ha tutti i fari puntati su di lui per una questione che non ha a che fare con una partita di calcio o un record da battere.

Negli ultimi giorni, infatti, c’è stato un vero e proprio “braccio di ferro” con la dirigenza del suo club per andarsene a costo zero.

Com’è andata a finire lo sappiamo già: Messi rimarrà al Barcelona.

Nel mezzo sono successe un sacco di cose.

Una in particolare: il mio pronostico controcorrente, che si è rivelato corretto.

Ecco cosa scrivevo il 26 agosto, giorno del mio compleanno, sul mio gruppo Facebook:

In questi giorni sta tenendo banco, nel mondo del calcio, il “caso Messi”: il più forte giocatore del mondo, a quanto dicono i giornali, vorrebbe lasciare il Barcelona per fuggire da una situazione sportiva/dirigenziale/umana irrecuperabile.

Ascoltatemi bene: Messi NON ha alcuna intenzione di lasciare il Barcelona. C’è solo lo 0,1% di possibilità che questo accada. Solo in extrema ratio prenderebbe una decisione simile, ma non è minimamente nelle sue intenzioni arrivare a tanto.

L’unica partita in corso è extra calcistica: la lotta per il potere all’interno del Futbol Club Barcelona.

L’obiettivo di Messi è uno solo: far dimettere il presidente Bartomeu e alcuni suoi collaboratori, per poi rimanere al Barcelona e dimostrare che l’ultima parola che conta è sempre la sua.

Vediamo le fasi, in sintesi:

1. Messi è stanco della situazione e ritiene la dirigenza, con in testa il presidente Bartomeu, la causa di tutti i mali. Dopo lo scandalo sui dossier e il fallimento sportivo, Messi attende le dimissioni del presidente e del suo cerchio magico.

2. Bartomeu non si dimette. Dice di volere che Messi rimanga, almeno pubblicamente, perché non può permettersi di essere ricordato come il presidente che ha favorito la cessione dell’idolo argentino, ma dentro di lui preferirebbe il suo addio per non dover più dividere il potere all’interno del club. Però aspetta una mossa di Leo. Non vuole il cerino in mano, ma che sia Messi a forzare la situazione in modo da non avere responsabilità.

3. Messi dice a Koeman che si sente più dentro che fuori. Spera che una volta filtrata la notizia, Bartomeu se ne vada.

4. Bartomeu rimane in sella.

5. Messi fa vedere che fa sul serio: fa filtrare di aver chiesto ufficialmente la cessione e di andarsene gratis. Ma, al contrario di quanto si aspetta Bartomeu, tifosi ed ex giocatori sono con il calciatore.

6. Una parte della dirigenza molla Bartomeu.

9. Le elezioni per la presidenza del Barcelona sono a marzo, ma a questo punto Bartomeu, accerchiato, potrebbe dimettersi prima e Messi rimanere a casa (dalla quale NON ha mai voluto andarsene).

Attenzione: mai una dichiarazione ufficiale è stata rilasciata da Messi, è tutto un gioco sotterraneo. Amici, parenti, giornalisti amici e non, radio, tv.

Queste cose sono assolutamente normali nel calcio, così come in ogni settore. Avendo anche sportivi come clienti, ve lo posso confermare.

— fine post —

 

Dopo l’annuncio di Messi (4 settembre) circa la decisione di rimanere al Barcelona è uscito un articolo sul Corriere a firma Sandro Modeo, dal titolo: “Messi, le vere ragioni per cui Leo resta al Barcellona”

A un certo punto compare questo commento del giornalista:

“In un simile contesto, lo scopo primario di Messi è stato a lungo ed è tuttora quello di rovesciare Bartomeu e il board per ripristinarne uno a lui empatico, il tutto minacciando di andarsene «a costo zero».”

A lungo e tuttora, dice.

Esattamente quello che dicevo io quando tutti lo davano ormai in partenza per Manchester.

Ci siamo?

Da questa situazione puoi trarre una lezione: la politica non è solo elezioni, anche il calcio è un gioco di potere.

Pensaci un attimo: rapporti tra calciatori e club, tra dirigenti della stessa squadra, tra dirigenti di squadre diverse in Lega Calcio, tra procuratori, tra calcio e politica (intesa come istituzioni), per poi salire alla Fifa e via dicendo.

Ridurre la parola politica alle sole elezioni significa sminuirne il significato.

Politica vuol dire: un soggetto che vuole prevalere su un altro, qualsiasi sia il settore.

La campagna elettorale, in caso di elezioni, è uno dei mezzi per riuscirci.

Queste cose non te le dice nessuno, ovviamente.

Come nessuno ti dice che, non essendo Messi, hai il dovere morale, per rispetto di te stesso/a, di costruire un impero mediatico che attutisca l’indifferenza e i cattivi comportamenti nei tuoi confronti da parte dei media.

Il mio nuovo corso serve proprio a questo.

Clicca qui e prendilo prima che il prezzo salga ancora

A presto,

Matteo Spigolon

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

■ Prima Pagina di Oggi