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L’evaporazione (e la morte) del Padre- di Diego Fusaro

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È merito di Lacan e, in tempi più recenti, di Recalcati l’aver portato l’attenzione sul tema dell’“evaporazione del padre” (évaporation du père).

La società a forma di merce non può sopportare la sopravvivenza del Padre, in ogni sua possibile declinazione: dal padre biologico al Padre eterno, dal Santo Padre alla patria. Il Padre, infatti, è simbolo della Legge: la sua funzione è di coniugare, non di opporre, il Desiderio e la Legge.
Il Padre fa sì che il Desiderio, anziché precipitare in desiderio mortifero perché autoreferenziale e senza differimenti, si faccia fecondo e progettuale, aiutando a crescere e a maturare. Per questo motivo, il Padre come imago del Nomos non può soffocare il Desiderio, come avvenne con le figure dei padri-padroni, né può lasciarlo prosperare in forma anomica e dissipativa. Deve, appunto, regolamentarlo, rendendolo fecondo e produttivo.
Dal Sessantotto ad oggi, non è un mistero, siamo entrati nella società del padre evaporato: la società edipica per eccellenza, ove il Desiderio, sciolto dalla Legge, domina nella pura immanenza capricciosa dell’hic et nunc e del godimento deregolamentato per oltreuomini a volontà di potenza consumistica illimitata. È la “società self-service” della quale scriveva Lipovetsky.
L’aspetto su cui meno spesso si è portata l’attenzione, però, riguarda il fatto che la società senza padri è, di necessità, anche una società senza figli. Evaporano anch’essi, per mantenerci nello spazio metaforologico caro a Lacan. L’ha spiegato bene Marcello Veneziani nel suo studio “Di padre in figlio”: chi rigetta il padre, sarà condannato a respingere anche il figlio.
Infatti, spezzato il nesso con le origini, non si è più liberi in vista del futuro aperto, come falsamente ripete l’ordine del discorso neolibertino. Al contrario, chi ha tagliato i ponti con il passato, è privato della provenienza e della continuità, dunque anche del progetto. Senza il passato, non v’è il futuro, ma un presente deserto ed eternizzato, fatto di real time e di connessione planetaria, ma sciolto dalla memoria e dal progetto.
È su queste basi, credo, che si comprende come la società senza padri sia anche divenuta società senza figli, come peraltro è corroborato dal crollo demografico che imperversa in Europa.
In luogo dei padri, vi sono oggi adulti non maturi, che si atteggiano a eterni giovani, emulando gli stili di vita e la condotta dei figli. In luogo dei figli, vi sono eterni giovani, dediti alla movida e al godimento effimero tutto proiettato nell’immanenza aprospettica del “life is now!”. È questa, in effetti, la condanna della società tecnonichilista, la quale ha spezzato i ponti con il passato (Tradizione), con l’eterno (Sacro) e con il futuro (Progetto): e vive nel e del presente, con un vitalismo da fine settimana che, di fatto, annulla la cifra più propria dell’esistenza come intreccio dinamico di memoria, vita vissuta e progettualità.
Diego Fusaro
(da “Il Primato Nazionale”)

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