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L’educazione alla legalità nelle scuole: antidoto contro il malaffare. Di Andrea Pasini

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Sono fermamente convinto che l’educazione alla legalità sia il miglior antidoto contro il malaffare, la mafia, e l’ndrangheta. Dobbiamo insegnare ai giovani il valore delle regole e la fiducia nello Stato, nelle istituzioni come le Forze dell’Ordine e nella Magistratura. Ai giovani dobbiamo dare la forza e il coraggio di reagire alla rassegnazione, alla paura, all’omertà. È per questo che dobbiamo impegnarci nell’educare i ragazzi all’importanza della conoscenza: perché loro non si convincano che convenga rassegnarsi quando si viene colpiti dai prepotenti e dai criminali, invece di reagire e farlo uniti e con forza e senza paura . 

“Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare. Ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”.

Questa frase di Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia il 23 maggio 1992, sarebbe da scrivere ben visibile in ogni istituto scolastico nel nostro Paese in modo che accompagni ogni giorno l’ingresso in aula di migliaia e migliaia di studenti. Questa citazione di Falcone, che poi altro non è che un invito alla legalità, alla giustizia, all’etica umana, sancisce il sacrificio del magistrato palermitano, contribuendo a rendere merito a chi ha lottato contro la mafia è il malaffare  senza paura e che, non dimentichiamolo, è stato osteggiato e contrastato per molti anni, nel vano tentativo di discreditare il valore della lotta a “Cosa Nostra” da lui portato avanti. Negli anni ottanta la guerra alla mafia non aveva il clamore e il rispetto di oggi e chi, come Falcone, decideva di mettersi contro i mafiosi non poteva contare su nulla e su nessuno, anzi aveva, in alcuni casi, perfino qualche collega contro. Falcone con i suoi metodi investigativi, con il suo coraggio e con il suo profondo senso dello Stato sapeva di combattere per una causa giusta ed andò incontro alla morte. Facciamo in modo che il ricordo di questo valoroso magistrato e tanti altri vivano sempre  in mezzo alle generazioni più giovani e che possa diventare un esempio di vita e di rispetto delle regole e dello Stato. Io sono Andrea Pasini di Trezzano Sul Naviglio non ho paura, ma anzi ci metto la faccia nel dire che, bisogna insegnare ai giovani a non avere nessun timore ne della mafia, ne’ dell’ndrangheta e ne’ di qualsiasi altro tipo di criminalità organizzata.

Bisogna invece avere il coraggio ed essere tutti i giorni sempre più fieri di combattere il malaffare e le mafie con coraggio al fianco dello Stato e delle nostre Forze dell’Ordine mantenendo sempre alto nella nostra vita uno dei valori più importanti: la legalità. Bisogna insegnare ai giovani che la mafia, l’ndrangheta ed il malaffare in generale fanno schifo e che vivere da uomini liberi ed onesti non ha prezzo ed è bellissimo.

Ogni nostro piccolo passo verso la cultura della legalità, realizza interessanti comportamenti morali, i quali attimo dopo attimo producono e trasferiscono le giuste conoscenze per ristrutturare il sentiero etico e morale, che ogni essere umano dovrebbe percorrere.
Le istituzioni e la politica dovrebbero con sempre maggior impegno inserire il concetto di legalità all’interno della cultura del nostro popolo. Questo vuol dire innanzitutto verificare il livello di conformità che ogni singolo individuo, quale soggetto costituente la società politico-collettiva, pone dinanzi alla necessità, nonché importanza, di attenersi e rispettare regole giuridiche.

L’identità di una comunità è costruita proprio dall’insieme dei valori ai quali ogni cittadino dovrebbe attenersi attraverso le modalità comportamentali, manifestando interesse prioritario alla legalità. È un ordine di cose che si concretizzano nel rispetto della vita quotidiana di una collettività nonché nella garanzia dei diritti e doveri dei singoli e delle istituzioni. 
In un sistema politico-giuridico, come il nostro, seppur incontriamo leggi e regolamenti importanti che disciplinano, in qualche maniera, l’obbligo di esercitare azioni, comportamenti e gestioni, nel rispetto della legge, ci troviamo spesso, sempre più spesso, a fare i conti con un ambiente il quale non manifesta in totale libertà l’essenza e la reale accezione di legalità. 
Cosa occorre, dunque, per far fronte a questa necessità e urgenza che contraddistingue la legittimità comportamentale dalla delittuosità delle azioni? Viene spontaneo qui richiamare un termine che interessa in modo profondo un’altra condizione, la sicurezza, ed è la prevenzione. 

Difatti come per la sicurezza, la prevenzione dove più è proposta, alimentata, strutturata e gestita, tanto più si manifesta nella sua totale espressione di benessere per le collettività e di sviluppo per i territori. Ma per far sì che questa venga edificata nella sua immagine e dottrina giuridico-politica e comportamentale, c’è bisogno di un altro strumento che si chiama cultura.

Se si diffondesse di più, molto di più, il significato unitamente all’importanza di vivere in legalità soprattutto tra i giovani a partire dalle scuole elementari ad esempio, probabilmente da ora e per le prossime generazioni otterremo un immagine di società civile degna di questo nome. 

La criminologia pone nei suoi studi interessanti argomenti inerenti all’imprescindibile connubio tra legalità e sicurezza e lo fa con la giusta proporzionalità tra l’accettare o meno, da parte della società, la cultura e dunque la condizione di uno status di legalità. Vi è quindi un rapporto tra ambiente, uomo e comunità che non lascia nessun dubbio sulla necessità che l’individuo, per vivere in gruppo e di conseguenza essere parte integrante della collettività, deve obbligarsi ad accettare le regole, giuridiche e legislative, che lo Stato emana attraverso i suoi organi istituzionali. 

Tuttavia noi tutti, come singoli o come società, dobbiamo fare una riflessione, magari animata dalla persuasione che il nostro pensiero possa generare, edificare e strutturare elaborazioni genuine atte a farci identificare come soggetti moralmente conformi alle regole di convivenza, ed è quella di accettare l’idea che viviamo la nostra vita comunitaria non come singoli individui ai quali assoggettare la massa che ci circonda, piuttosto come parte necessaria alla costituzione della collettività, allorché siamo noi singoli cittadini, qualsiasi ruolo occupiamo, che dobbiamo rispettare la società e attraverso essa le regole, alle quali un popolo democratico deve attenersi. 
Per cui ogni singola nostra azione illegale oltre a nuocere noi stessi inquina una comunità intera. 
Di contro, ogni nostro piccolo passo verso la cultura della legalità, realizza interessanti comportamenti morali, i quali attimo dopo attimo producono e trasferiscono le giuste conoscenze per ristrutturare il sentiero etico e morale, che ogni essere umano dovrebbe percorrere.

Perché la legalità è un prodotto di socialità e questa nostra società non è stata edificata sulle azioni immorali o illegali, bensì sulla prospettiva che le dottrine democratiche possano continuamente evolversi per noi stessi e soprattutto per i nostri discendenti, affinché riescano a vivere il loro futuro, al quale noi oggi possiamo contribuire ad edificare, basato sui valori universali di un comune destino: nutrirsi di legalità.

 

 

*Andrea Pasini Trezzano sul Naviglio

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