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Dall'archivio:

Last Train To Juarez – “Some Road” (2022) by Trex Roads

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Gli artisti indipendenti che scopro man mano che la Trex Road prosegue la sue esplorazione, li tengo d’occhio. Cerco di non perderli, nonostante la musica che conosco è ormai veramente tantissima e spesso, ahimè, mi dimentico di taluni fino a quando non tornano con altri dischi interessanti. Non è il caso di Dejan Knezevic e dei suoi Last Train To Juarez, non li ho persi di vista e tramite le loro pagine social seguo la loro vita artistica fatti di tantissimi live.

 

Vi avevo già parlato del loro EP Dirt and Stone, uscito l’anno scorso (potete trovare qui l’articolo http://ticinonotizie.it/last-train-to-juarez-dirt-and-stone-2021-by-trex-roads/ ) e con questo disco nuovo di zecca, confermano quanto di buono avevo detto su di loro e sul loro sound.

Some Road è composto da 10 splendidi pezzi di outlaw country sempre ispirato ai grandi degli anni ’70 ma anche al filone del nuovo outlaw country di oggi che ha in Cody Jinks, Ward Davis e in leggende vere come Billy Don Burns i suoi maggiori esponenti, con cui fra l’altro hanno condiviso tanti live che hanno contribuito al meritato passaparola.

Nel precedente articolo vi avevo parlato di come questa band negli anni avesse faticato a trovare la chimica giusta e la line up ideale, cambi di membri e di direzione.

 

Ma ora sembra tutto incastrato alla perfezione, come nel precedente lavoro, la band capitanata dal leader (voce e chitarra) Dejan Knezevic, un balcanico di Phoenix, Arizona, si avvale del talento al basso di James “Chief” Yepa, di Mark Tomeo alla dobro e alla pedal-steel e di Brian Teille alla batteria, con l’aggiunta di una seconda chitarra suonata da Stephen “Deak” Dietrich.

Il disco si apre con una bella dichiarazione di intenti, Livin’ in Sin è outlaw country vero nella musica, nei testi e nel sentimento che pervade il pezzo. Una cavalcata nella musica che negli anni ’70 invadeva i locali di Nashville, molto convincente e divertente.

L’intensità non si abbassa e I’ve Got Your Six continua nel solco tracciato dal primo brano, pedal-steel e chitarra acustica, voce da countryman consumato e tanta passione.

Ghosts è una bellissima ballata che porta dietro di sé la polvere del deserto, sapore di vecchio west e anche qui l’intreccio fra chitarre e pedal-steel piace molto, con la band che piano piano cresce fino al bellissimo assolo di pedal finale. Molto bello e coinvolgente.

Altra ballata, After We Gray, ma questa volta meno potente, più placida come un fiume che come una cavalcata lungo le sponde, uno di quei pezzi di country malinconici e intensi che ci fanno amare questa musica. Il tappeto di pedal-steel è il tocco magico che caratterizza tutto il disco, Mark Tomeo fa un lavoro eccezionale.

Warmer Weather è una canzone ironica, quando l’autore capisce che per lui non si apriranno le porte del Paradiso ma quelle dove c’è un “clima più caldo”, una canzone di country solare che fonde ironia e mirabile abilità di narratore. Oltre la voce convincente di Knezevic, mi piace ancora sottolineare il lavoro di Tomeo e della ritmica, davvero notevoli.

 

Country classico, niente di nuovo, niente ricerca di qualcosa che non è nelle proprie corde ma tantissima passione e amore per quello che si fa e che questa musica rappresenta.

Il singolo e title track è la polvere che fuoriesce dalla copertina del disco, un temporale in lontananza come di guai che verranno, una voce che ci guida in questa strada verso un orizzonte lontano. Una canzone che ha un’aura di epicità come nelle grandi canzoni country del passato, un’intensità che cresce fino a diventare una corsa su questa autostrada che porta verso l’ignoto ma che è il bello della vita.

Il bellissimo disco si chiude con una ballata che sa di passato, la dobro accarezza le parole che l’intensa voce di Knezevic ci racconta, This Letter è quel racconto forte di sentimenti e vita vera, che sono l’essenza della musica country indipendente. Musica di cui i Last Train To Juarez sono a pieno diritto, fra i migliori esponenti della nuova generazione. Musicisti che si sono fatti le ossa sulla strada, fra mille locali, magari piccoli e polverosi, ma che hanno forgiato il loro sound e aiutato la loro passione a diventare sempre più grande.

 

 

Hanno suonato con delle leggende e il passaparola li ha aiutati a crescere, ora con questo bel disco meritano di crescere ancora di più e saranno di certo là dove la loro musica ha ancora maggior valore, in mezzo alla gente, a raccontare storie dalle assi di un palco.

Se amate il country del passato, quello dal sapore western e che racconta storie di vita fra un whiskey e una cavalcata, ecco i Last Train To Juarez sono la band per voi e questo disco pane per i vostri denti.

 

Buon ascolto,

Claudio Trezzani by Trex Roads  www.trexroads.altervista.org

(nel blog trovate la versione inglese di questo articolo a questo link : https://trexroads.altervista.org/some-road-last-train-to-juarez-2022-english/ )

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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