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L’Angolo di Bonvegna. San Giuseppe e il papà due figure scomode

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Una interessante riflessione controcorrente sull’appena trascorsa festa del papà

Ha fatto discutere la decisione della dirigente della scuola Materna Florinda di Viareggio di annullare il laboratorio per la Festa del papà, anche se poi pare che si sia trovato un compromesso il laboratorio verrà spostato a fine marzo, intanto però non ho capito se si festeggia il papà o no. Tuttavia quello che conta è l’intenzione che era di non parlare più di “papà”.

La dirigente si era allargata dicendo “che viviamo in una società diversa da quella di 50 anni fa. Non esiste più una famiglia modello. Oggi ci sono situazioni aperte e particolari che devono essere rispettate e tutelate. Soprattutto da una scuola”.
La motivazione è sempre la stessa, “non tutti i bambini ce l’hanno”, pertanto fare un laboratorio dove è previsto il papà è discriminatorio nei confronti di chi non ce l’ha. Peraltro è la stessa logica di abolire il presepe o di non festeggiare il Natale, perché in classe ci sono bambini musulmani.
Era prevedibile che la dirigente subisse critiche e proteste legittime della maggioranza dei genitori, anche perché, molti dei quali avevano già preso ferie o permessi dal lavoro per trascorrere una mattinata accanto ai loro figli e figlie in una delle prime attività in comune del post-pandemia.
La figura del padre per noi cristiani si collega inevitabilmente a quella di San Giuseppe, ormai diventate due figure scomode, da abolire.
Il professor Roberto Marchesini su Lanuovabq.it ha fatto delle riflessioni controcorrente che meritano attenzione. (Roberto Marchesini, Inviso al mainstream. San Giuseppe, protettore della paternità in via di estinzione, 17.3.23, lanuovabq.it)
Marchesini rifiuta di contrastare il ragionamento “politicamente corretto” della dirigente scolastica, tanto ormai si è capito, “l’obiettivo non è eliminare le discriminazioni, ma la festa del papà”.
Se non ci fosse la scusa della discriminazione se ne inventerebbero un’altra, di tipo scientifico («Il papà appartiene al passato, ormai possiamo creare bambini senza un uomo»), antirazzista («San Giuseppe era etero e bianco, non va festeggiato») oppure ambientalista («Le zeppole di san Giuseppe inquinano, la ricetta originale non prevede farine proteiche!») e via delirando”. Del resto, «Tutto ciò che esiste, merita di perire», diceva Mefistofele nel faust di Goethe; «Tutto ciò che esiste, merita di perire», ripetevano appena potevano Marx ed Engels.
Ma perché dobbiamo festeggiare la festa del papà? La prima risposta potrebbe essere: per proteggere una specie in via d’estinzione.
Ormai gli italiani sono estinti perché hanno smesso di riprodursi; quindi non ci sono più papà.
Il minimo che si possa fare per i pochi, coraggiosi papà (i «veri avventurieri», affermava Peguy) essere onorati e festeggiati.
“E poi i papà sono maschi eterosessuali, una delle specie animali più odiate del pianeta: come non solidarizzare con queste povere e innocenti vittime?”.
A questo punto Marchesini ci spiega perché è stata istituita, questa festa.
“Il 19 marzo è la festa dei papà perché è il compleanno del papà più importante di tutti, san Giuseppe”.
Marchesini, mette in luce le caratteristiche di San Giuseppe che lo rendono un archetipo di uomo e di padre. Una caratteristica, forse la più importante, è che san Giuseppe… tace.
“Come ogni uomo tradizionale che si rispetti e a scorno delle femministe, che vorrebbero gli uomini ciarlieri e piagnucolanti, san Giuseppe, in tutto il vangelo, non pronuncia una sola parola. Però agisce: caspita, se agisce”.
Marchesini fa riferimento ai racconti evangelici e poi fa una lunga descrizione sui vari passaggi che hanno portato la Chiesa a festeggiare san Giuseppe. A partire circa dall’anno mille. Fino al 1870, quando la Chiesa attraversava una persecuzione ferocissima da parte dello Stato italiano unitario, papa Pio IX, proclamò san Giuseppe custode di tutta la Chiesa con il decreto Quemadmodum Deus: All’Urbe e all’Orbe. Addirittura Marchesini pubblica l’intera motivazione dell’8 dicembre 1870 di Papa Pio IX.
La festa di san Giuseppe, chiamata anche «festa del papà» divenne anche festività civile con la legge 260 del 1949 e lo restò fino al 1977, quando fu abolita per motivi di «austerità» (sic).
Contestualmente, perse lo status religioso di festa di precetto con la nota CEI dell’8 marzo 1977. Ma chissenefrega: resta comunque una bella festa, celebrata ancora in molti comuni italiani. E, soprattutto, ci permette di riflettere sul gran dono che Dio ci ha fatto dandoci un papà e indicando a tutti gli uomini Giuseppe, il giusto silenzioso, come modello ed esempio.

Domenico Bonvegna

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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