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La visione di Bob Kennedy nel convegno del ‘Centro’, ieri sera al Paolo VI

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MAGENTA – The dream shall never die, il sogno non muore. La frase pronunciata dal fratello Ted Kennedy nel 1979 ha come ispirato la serata di ieri organizzata dal centro culturale ‘John e Bob Kennedy’ di Ambrogino Colombo, che a distanza di 52 anni ha ancora la passione per diffondere la cultura politica. Se ne è discusso ieri sera al centro Paolo VI, al cospetto di circa 80 persone, nel convegno fortemente voluto dall’ex sindaco di Magenta.

A cinquant’anni dal suo assassinio (4 giugno 1968), le parole di di Robert F. Kennedy risuonano quasi “profetiche”. Diritti e doveri dell’uomo; il ruolo dei giovani nel cambiamento della società; le cose da cambiare per costruire un mondo più giusto e soprattutto in pace; le sfide per preservare l’ambiente e consegnarlo integro alle nuove generazioni: ciascuno di questi temi traspare con forza inaudita dai testi di Bob, rappresentando utili segnavia per districarsi nella nostra complicata attualità.

Rileggerli alla luce delle emergenze dei nostri giorni è quanto hanno inteso fare Mauro Colombo e Alberto Mattioli, che nel libro edito da In Dialogo Parola di Bob. Le “profezie” di Robert F. Kennedy rilette e commentate dai protagonisti del nostro tempo hanno affidato il commento dei discorsi del politico americano ad autorevoli studiosi, uomini e donne di legge, esponenti del mondo accademico e culturale.

Oltre a Mattioli, ieri sera al Paolo VI, c’erano a discuterne Savino Pezzotta (già segretario generale della Cisl) e Alberto Fossati, docente alla Cattolica e già sindaco di Abbiategrasso.

Una parabola lunghissima, quella di Bob Kennedy, in cui a un certo punto irrompe P la politica. E Kennedy, a sorpresa, rompe con le sirene del New Deal e la nostalgia di Roosevelt. «La soluzione non è un altro programma federale, un altro dipartimento o amministrazione, un’altra schiera di burocrati a Washington. La vera risposta, invece, è il pieno coinvolgimento delle imprese private nella creazione di posti di lavoro, nella formazione, nell’istruzione e nella sanità». Non più il pubblico che spende, spreca, pensa a tutto e tutti. «Per mezzo di un sistema flessibile e ampio di incentivi fiscali, potremmo e dovremmo incoraggiare l’impresa privata a dedicare le sue energie e risorse ai grandi doveri sociali». Un passaggio gigantesco. Ci stiamo lavorando, a strappi, ancora oggi. Le tasse come leva per indirizzare l’impegno delle aziende, il rifiuto del debito pubblico come unica strada per la dignità sociale. Tanto che lo stesso Bob, nel libro Vogliamo un mondo più nuovo, aveva citato Goethe («Il mortale luogo comune che ci incatena tutti») per scardinare i vecchi confini politici. Cambiare o sparire.

Una storia spezzata tragicamente nel 1968, a pochi mesi dalle elezioni che con ogni probabilità avrebbero portato il fratello di JFK alla Casa Bianca

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