― pubblicità ―

Dall'archivio:

La vicenda umana di Giuseppe Torno: “A Kariba, solo gli Italiani avrebbero potuto farcela!”

+ Segui Ticino Notizie

Ricevi le notizie prima di tutti e rimani aggiornato su quello che offre il territorio in cui vivi.

Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

CASTANO PRIMO – Giuseppe Torno nacque il 1° dicembre 1896 a Castano Primo. Dopo il diploma di geometra fu assunto dalla società Vizzola Spa che aveva appena finito di costruire i primi impianti idroelettrici del Ticino (Vizzola, Turbigo, ecc.), nel mentre gestiva anche la rete elettrica del Castanese. Si licenziò presto da questa importante azienda del tempo per continuare l’opera del padre che aveva avviato una impresa edile. Sono di quegli anni i primi lavori di stampo idroelettrico: l’impianto di Sardegnana (1923), l’impianto di Carona (1225) comprendente sia la diga che le gallerie. Poi vi fu il primo lavoro di portata nazionale: la posa del cavo telefonico da Reggio Calabria a Milano.

Nel1929nacque la Giuseppe Torno & C..spa con capitale di £. 10.000 e, da quel momento, nonostante i primi anni di crisi, l’attività registrò sempre maggiori successi tali da portare la ditta a partecipare ad appalti internazionali. Nel 1936 la Tornocostruì i primi due lotti della camionabile Genova-Valle del Po(comprendente la galleria deiGiovi, allora chiamata galleria Littorio) che comprendeva anche l’innalzamento di quattro ponti per una lunghezza totale di 400 metri. Da allora la Torno cominciò a correre su tutte le strade del mondo…

Nel1937iniziarono i lavori per la diga di Osiglia in Liguria e contemporaneamente il tratto del canale Industriale che avrebbe alimentato la centrale idroelettrica di Tornavento. Gli anni di guerra videro innalzarsi la diga sul torrente Lumiei per l’azienda elettrica Sade di Venezia, il canale di Cimena, la traversa di Olginate sul fiume Adda per regolamentare l’acqua del lago di Como.

L’attività della Torno spa nel secondo dopoguerra: la diga di Kariba

Negli anni della ricostruzione (1947-1957) laTornocostruì otto dighe in calcestruzzo tra cui quella di Pieve di Cadore per la Sade; quella di Forte Buso per la Smirrel (Feltre); quella di Fedaia per la Sade; quella di Gioveretto per la Die (Bolzano); quella di Beauregard per la Società Idroelettrica Piemonte e quella di Vallarsa per l’azienda elettrica di Verona. Le tecniche d’avanguardia adottate nella costruzione di alcune di queste dighe fecero meritare al “geometra” Giuseppe Torno la laurea ad honorem in ingegneria civile da parte del Politecnico di Milano.

Nel1956si aprì per la Torno spail mercato estero con l’avventura africana di Kariba. Molti i castanesi che collaborarono con il loro concittadino alla costruzione della grande diga sullo Zambesi e oltre il lavoro non mancò l’onore:

“Gli italiani avevano perduto sei settimane per i capricci del fiume. Bisognava recuperarle per incassare il premio e, per gli italiani, divenne una questione di orgoglio per mostrare a tutti come essi potessero superare le avversità. Erano decisi a non accampare scuse e a qualunque costo dovevano raggiungere il loro primo traguardo. E lo raggiunsero, con quattro giorni di anticipo. Da quel momento non ci furono dubbi sulla capacità degli italiani di far fronte all’impresa. Tempo un anno, infatti, e il pendolo dell’opinione pubblica (che prima li aveva scherniti) doveva oscillare al punto di far dire alla gente: <> (Frank Clements, Kariba, la lotta col dio fiume,Garzanti, 1960).

Chi scrive ha conosciuto uno degli uomini della Tornoche partecipò alla costruzione della grande diga sullo Zambesi: Ferdinando Caloiaci parlò per decenni dell’esperienza africana. Faceva l’avvolgitore di motori elettrici, di qualsiasi motore elettrico…con una capacità da lasciare sbalorditi chi, come noi, ebbe modo di vederlo lavorare.

Nel1957, la Torno spainiziò la costruzione del canale di Zevio per la Sava di porto Marghera; nel 1958 la diga del Vajont e due anni dopo la diga del Mis, entrambe per la Sade; poi le opere civili per due centrali idroelettriche, quelle di Colombere e Sondrio; quella termonucleare di Latina, oltre a tre lotti della Metropolitana Milanese di cui abbiamo già detto.

La disgrazia del Vajont: “Dobbiamo cambiare mestiere”, disse Giuseppe Torno

Nel 1963 ci fu la disgrazia del Vajont che fece riconsiderare i progetti di costruzione delle dighe in Italia. I vecchi dicevano che il Monte Tocera così chiamato perché lasciava franare spesso dei pezzi di roccia e i geologi avevano diagnostico una crepa longitudinale nella montagna. La diga – nonostante il disastro – tenne ma, comunque, Giuseppe Torno che l’aveva costruita per conto della Sade ebbe modo di dire nell’occasione: “Dobbiamo cambiare mestiere“.

La società si rivolse al nascente programma italiano di costruzione di autostrade e ferrovie che avrebbero attraversato in lungo e in largo tutta la penisola. E così la Torno spafu costruttrice di una gran parte delle autostrade italiane: dall’autostrada del Sole alla Napoli-Bari, alla Milano-Laghi, alla Ceva-Fossano, alla Messina-Catania, alla Sestri Levante-Livorno, alla Palermo-Catania, alla Tangenziale Est di Milano, alla Bologna-Canosa, alla Messina-Patti per un complesso di circa 120 Km. In campo ferroviario fu realizzato il raddoppio della Genova-Voltri e la continuazione della Metropolitana Milanese.

Grandi cantieri nel mondo

La costruzione di dighe per l’utilizzazione dell’energia idraulica continuò all’estero: infatti dal ’61 al ’73 vennero costruite le dighe di Khashm el Girba in Sudan, la diga di Roggiasca in Svizzera, la diga di Punt dal Gall sempre in Svizzera (in partecipazione con una ditta zurighese), la diga dell’Acaray in Paraguay, la diga di Gokcekaya in Turchia, la diga di Tachien a Formosa. La costruzione della diga di Khashm el Girba in Sudan rappresentò una particolare tappa di crescita perché fu la prima volta che la Torno spafece tutto da sola: reperimento del finanziamento, polizza assicurativa e tutto quanto serviva per lavorare all’estero. Oltre alle dighe – nel 1966 – iniziò in Zambia la costruzione di una grande strada della lunghezza di 267 Km.

La morte di Giuseppe Torno (1896-1971)

Quando, alla fine del 1971, Giuseppe Torno scomparve lasciò un’impresa di costruzioni di consolidata reputazione internazionale. Una decina di anni dopo la sua morte la comunità castanese volle dedicargli l’Istituto Tecnico della città. Un onore che il ‘Cavaliere del Lavoro’ avrebbe apprezzato, proprio perché il riconoscimento proveniva dalla sua gente.

La morte di Felice Torno (1931-1999)

Il 18 aorile 1999 moriva, all’età di 68 anni, Felice Torno e il ‘Corriere’ ne registrò la dipartita con una pagina intera di necrologi. Si chiudeva così la storia secolare di un’azienda che aveva cntribuito a fare grande l’Italia negli anni del ‘miracolo economico’.

Figlio di Giuseppe abitava a Milano, ma veniva spesso a Castano Primo per andare a pescare nelle acque del Ticino. Un ‘richiamo’, quello del fiume, che aveva ereditato dal padre, che usava organizzare ogni anno, il banchetto sociale dei suoi dipendenti, all’aperto in quella che fu ‘Casa delle Barche’ – dove si pasteggiava con il pesce-pescato – un ristorante sul Ticino recentemente chiuso (ci sono delle foto dell’agosto 1961 con Giuseppe Torno in primo piano alla ‘Solitaria’), Felice Torno non dimenticò mai Castano e la Stazione dei Carabinieri è ancora lì a documentare la sua generosità.

Negli Anni Novanta, fu Felice Tornoa trasformare la Torno Spa in Torno Internazionale,un tempoin cui erano in corso i lavori in corso per la costruzione della diga della centrale idroelettrica di Dona Francisca nella provincia del Rio Grande do Sul, in Brasile, del valore di 120 miliardi di vecchie lire.

Anni di grandi opere in Italia e all’estero: significativa la linea 3 della Metropolitana Milanese, il parco Eurodisney a Parigi, l’anello dello stadio Giuseppe Meazzaa Sansiro, una delle costruzioni più spettacolari nel panorama dei dodici interventi eseguiti in occasione dei Mondiali del ’90.

Poi ci fu il tormento di Tangentopoli e la crisi dell’impresa che, dopo il fallimento (2011), chiuse i battenti lasciando i ricordi relegati in alcune scatole zeppe di fotografie (in possesso di un privato) delle grandi opere realizzate nel secolo breve di vita.

DIDA

L’ingegnerai honorem Giuseppe Torno

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

■ Prima Pagina di Oggi