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La tuta del Felice: Pietro Pierrettori ricorda il grande Gimondi

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

“Noi, a metà tra l’epopea Coppi e Bartali, toccati da Ercole Baldini, volevamo qualcosa di “nostro”.
Avevo smesso da un po’ di giocare con le palline, nei circuiti sulla sabbia. 
Palline con nomi già nella storia…Nencini, Bahamontes, Charlie Gaul, Rick Van Loy…
Amavo svisceratamente un francese (sarà un caso), un bretone dalla faccia affilata, fatta per tagliare il vento, Jacques Anquetil, ma..mancava qualcosa.
Nel 1964 tale Felice Gimondi da Sedrina (BG) vinse la classifica finale del “Tour del l’Avenir”, il Tour riservato ai dilettanti e, nel 1965, passato professionista, si aggiudicò anche il Tour de France dei professionisti.
Fu amore sviscerato, incondizionato. 
Gimondi aveva imparato a pedalare per aiutare la mamma, postina, che ogni giorno doveva spingere la pesante bicicletta per consegnare missive e cartoline, su e giù per la valle. 
Il “Campione gentile” schivo, pochissime parole e ancor meno sorrisi durante le interviste.
Non mi interessavano gare dove lui non partecipasse. 
Era pura esaltazione per un ragazzo umile, lavoratore delle due ruote, campione in tutto.
Aveva ragione chi diceva che se Gimondi non avesse avuto di fronte Merckx, il “cannibale” avrebbe, forse, vinto più di Coppi.
La TV in bianco e nero amplificava le fatiche delle sue corse. 
Ricordo il suo spunto alla Parigi-Roubaix, protetto dal fido Adorni. 
Volò sul pavè, dove gli altri comuni mortali, seppero “solo” pedalare.
Verrà ricordato sempre per essere stato uno dei pochi (sette in tutto) ad aver vinto tutti e tre i grandi giri: Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta. 
Nel suo ricco palmarès spiccano tre successi al Giro d’Italia, 1967, 1969 e nel 1976, la vittoria del Tour de France nel 1965 e quella della Vuelta nel 1968. 
Senza dimenticate il Mondiale vinto a Barcellona nel 1973, e la mia gioia fu doppia perché battè in volata il grande rivale Merckx.
La mia gioia raggiunse l’apice quando il 14 giugno 1967, Gimondi, fresco vincitore del suo primo Giro d’Italia, pedalò per Magenta e lo vidi, lo toccai e mi esaltai.
Fu uno dei due grandi circuiti serali, organizzati nel 1967 e 1968, da appassionati magentini, con il sostegno dell’Amministrazione Comunale, di tanti sponsor (allora c’erano ancora importanti attività commerciali ed industriali) e, soprattutto, del munifico Comm. Francesco Plodari, industriale e mecenate dello sport.
Al termine dl Giro d’Italia (allora come oggi) i grandi Campioni si si cimentavano in circuiti che erano , poi, passerelle per gli appassionati.
Il percorso si snodava tra via Roma, via Brocca e via Cattaneo.
Ricordo che Gimondi, al termine della serata, prima di recarsi con tutti i partecipanti nella Sala Consiliare del Comune (che era a sinistra dell’androne), si fermò all’Hotel Excelsior, dove lo aspettava una doccia.
Entrò con il suo staff dal cancello carraio, sulla via Brocca. 
Noi ragazzini, impazziti di gioia per trovarcelo a pochi centimetri, creammo un grande scompiglio. Ad un tratto il suo massaggiatore, con voce stentorea e..”incazzata”, ci zittì.
– “Dov’è finita la tuta del Felice?” –
Eh sì, qualcuno, nella confusione aveva sottratto gli indumenti asciutti di Gimondi. 
Confesso che dopo il primo momento di sconcerto, provai un po’ d’invidia per “quell’audace” che si era portato a casa un prezioso souvenir.
Io ho potuto solo conservare (da qualche parte) i numeri della Gazzetta dello Sport con le tue vittorie
Cose da ragazzi…
Pedala, Felice, pedala ancora e portami sulle strade che non avranno più traguardi, ma solo trionfi

 

 

Pietro Pierrettori

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