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Dall'archivio:

La storia di Salomè da 16 anni nel nostro Paese: grazie Italia !

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Oggigiorno quando si parla di immigrazione, fatalmente, si finisce per pensare ai migranti – o richiedenti asilo – che arrivano con i barconi della speranza dall’altra parte del Mediterraneo. C’è però un mondo di immigrati che è arrivato nel nostro Paese negli scorsi, e che arriva tutt’ora che non fa notizia. E’ quello di chi senza richieste di tutele internazionali, è venuto qui, si è rimboccato le maniche, si è trovato a confronto con una realtà difficile, spesso molto differente da quella del proprio Paese d’origine, ha faticato, sudato e alla fine ce l’ha fatta. Un modello d’integrazione reale. Certo non privo di difficoltà, ma che non nulla c’entra con quello attuale. E’ per questo che pubblichiamo volentieri questa testimonianza. E’ quella di Salomè Sarango una giovane ragazza dell’Ecuador di Magenta, ormai italiana a tutti gli effetti. Ha frequentato il liceo Quasimodo di Magenta dove si è  diplomata e adesso sta frequentando Sociologia all’Università Bicocca di Milano. Un consiglio, le prossime righe leggetele con grande attenzione, perché ci aiutano a guardare con occhi diversi la nostra realtà quotidiana.

“-11settembre 2002- 16 anni fa, una piccola bimba sudamericana, ignara del proprio destino abbandonava la sua terra madre alla ricerca di nuove fortune e di un futuro migliore (lei ancora questo non l’aveva capito).
16 anni fa con tanta paura guardavo fuori dal finestrino ( eh, no non è una frase fatta solo per rendere più romanzata questa storia è un ricordo vivido che ho nella mente) quel piccolo pezzo di terra che diventava sempre più piccolo. 16 anni fa non capivo l’italiano. Un mese dopo lo parlavo fluentemente (non ricordo di aver mai pensato in spagnolo).
16 anni fa mi servivano “spaghetti verdi” e “carne cruda” (così definivo la pasta al pesto e gli affettati, mai visti in vita mia) che ai miei occhi erano scempio, ignara che quegli spaghetti verdi un giorno sarebbero diventati i miei preferiti e che la carne cruda se la metti in mezzo al pane è davvero buona.
Alle elementari una mia compagna di classe mi chiese se nel mio paese avessimo i bagni, un’altra mi chiese se fossi cinese e un’altra se fossi un indiana d’America (avevo sempre le treccine)
Alle elementari cominciai a capire, alla maniera in cui è possibile capire per un bambino, come più o meno funzionasse il mondo: tanta gente e tanti pezzi di mondo, e io in questo pezzo di mondo mi sentivo un po’ diversa. Non la volevo la pelle abbronzata, avrei preferito dei bei grandi occhi blu (poi per fortuna capí che essere abbronzati tutto l’anno è una figata). Mi sentirò sempre un po’ diversa e lo sarò sempre perché le radici si fanno sentire.  Però so che non sarei quella che sono adesso se non fossi venuta qui. Oggi sono grata di aver preso quel volo, perché nonostante tutti i problemi che hai, se un giorno me ne andassi, il mio cuore sarà sempre qui, cara Italia”.

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