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La Settima Arte: Nebbia in agosto, un film da meditare

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Prende avvio oggi  la nuova rubrica ‘La settima arte’.  che Marco Invernizzi terrà sul nostro quotidiano on line.

Marco scriverà di cinema, ossia di quella che è la sua passione da sempre. 

Il cinema non è solo finzione, ma spesso e volentieri è il modo migliore per riflettere sulla nostra realtà. 

Uno sguardo sulla nostra società. Su ciò che non va e che magari troppo spesso viene sottaciuto per pura convenienza.

Buona lettura

 

Il Filmforum di Magenta ha proposto, in occasione del “Giorno della Memoria”, il bel film di Kai Wessel “Nebbia in agosto”. L’opera narra la storia vera di Ernst, un ragazzino intelligente ma disadattato di 13 anni che, ricoverato in un istituto psichiatrico e scoperto che alcuni internati, quasi tutti giovanissimi, vengono uccisi decide di aiutarli e di fuggire insieme a Nandl, una ragazzina di cui si è innamorato. Un giorno durante l’ennesimo funerale accusa giustamente il direttore, dottor Veithausen, di essere colui che ha deciso di fare ammazzare tutti quei pazienti e di essere quindi un assassino.Questa accusa segna la sorte di Ernst che viene fatto uccidere. Mi piace qui segnalare, tra i molti meriti del film, in particolare la sottolineatura di un problema decisamente trascurato ma che ritengo importante per la corretta crescita sociale: la necessità che i giovani esprimano il loro protagonismo incalzando gli adulti attraverso la proposizione di domande scomode e l’affermazione, anche ingenua, di verità non condizionate dalla prudenza, anche necessaria ma spesso eccessiva, tipica del mondo adulto. Il silenzio dei giovani, non di tutti ma della maggior parte, sulle grandi questioni valoriali pesa in maniera determinante e negativa sul confronto intergenerazionale e quindi, in ultima analisi, sul corretto sviluppo sociale. La parola dei giovani troppo spesso si limita a dire la propria opinione su questioni non di fondo, di secondo livello potremmo dire. Ma quale è la loro visione del mondo, che tipo di mondo vogliono noi adulti non lo sappiamo, così come non sappiamo cosa pensano su importanti questioni che li riguardano.

 

Ricordo ancora lo scandalo suscitato da un sondaggio, se ricordo bene svolto in Lombardia, di qualche anno fa da cui emergeva che la maggioranza degli adulti era favorevole a rapporti sessuali con minori; sul risultato di questo sondaggio sono stati interpellati per un’opinione intellettuali, educatori, esperti e adulti di varia provenienza, ma nessun giovane. In quel caso, come in troppi altri casi, ai giovani non viene chiesto cosa ne pensano; forse perché, come nel film “Io non ho paura”, le opinioni e le domande dei giovani rischierebbero di mettere in crisi gli adulti. In quel film un ragazzino, avendo scoperto un altro ragazzino incatenato e tenuto prigioniero in una caverna sotterranea ad opera del padre, gli chiede semplicemente “perché” ricevendone in risposta “non sono cose che ti interessano”. La risposta sarebbe stata ”per denaro” (il ragazzino era stato rapito per avere un riscatto): una risposta inaccettabile che il padre non avrebbe mai potuto dare ma che oggi, guardando troppi fatti di cronaca e un andamento sociale più che discutibile, forse così inaccettabile per molti nei fatti non lo è più. Quante volte infatti, riflettendo sulla quotidianità, ci viene da dubitare del fatto che le persone valgano ancora più del denaro? Abbiamo parlato dei giovani e dell’oggi partendo da un film sulla memoria della Shoah, magari forzando un po’ il ragionamento: magia del cinema.

Marco Invernizzi

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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