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Dall'archivio:

La scandalosa vicenda di un indegno sacerdote di Magnago: incesto, stupri, abusi…

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MAGNAGO. Che le ‘malattie sessuali’ del clero, riportate prepotentemente d’attualità in questi anni da Papa Francesco, avessero infettato il tessuto sociale anche nei secoli passati, l’aveva già denunciato San Carlo Borromeo quando, nella seconda metà del Cinquecento, aveva visitato le parrocchie rurali. E prima, probabilmente, era anche peggio. Nel dopo si inserisce la vicenda settecentesca di Magnago a documentare come la ‘cura’ del Santo non fosse stata per niente risolutiva (non è un caso che cercarono anche di assassinarlo).
L’Archivio Storico Lombardo, nell’ultimo volume fresco di stampa (2019), pubblica la storia giudiziaria di uno scandalo che vede protagonista Isabella Croce, moglie del conte Giuseppe, feudatario di Magnago (nella foto), che inoltra una lettera all’arcivescovo di Milano sulla ‘mala vita passata’ del prete del luogo, Giovanni Antonio Rosa:
“di pubblico scandalo giungendo ad accoppiarsi con persone congiunte di sangue, e da due anni a questa parte con orrore della pubblica diffamazione, dello stupro, incesto e concubinato con la propria sorella incinta e confessa del fatto, tutto che la maliziosa condotta di questo indegno sacerdote siasi adoperata con false imputazioni di farne carico ad un coniugato innocente”
Il ‘coniugato innocente’ il cui ‘prete-porco’ voleva attribuire la responsabilità del misfatto, minacciato dal prete fa ricorso alla contessa, ma deve nascondersi per evitare di finire ammazzato. Alla denuncia della contessa, il prete-porco fugge nel Novarese e durante il viaggio di trasferimento a Milano, la povera giovane ingravidata dal fratello conferma tutto: “Se mio fratello avesse scoperto il fallo, mi avrebbe costretta ad abortire come aveva già fatto con altre donne”.
Gli atti dei due processi (nel primo fu scagionato con ragioni torpide) che seguirono registrano le dichiarazioni delle donne concupite dal ‘prete-porco’ in campagna ‘mentre raccoglievano i fagioli’ o in cucina quando i mariti erano assenti.
Sull’abuso dello status privilegiato degli esponenti del clero, poche sono le ricerche storiche che hanno scoperchiato i soprusi e le violenze, attenuate anche dall’indulgenza dei tribunali ecclesiastici portati a chiudere un occhio se non due.
Quello che rattrista, leggendo le carte pubblicate da Emanuele Pagano nel saggio in questione pubblicato sull’Archivio Storico Lombardo (Corruzione del clero nella settecentesca Diocesi di Milano – La scandalosa vicenda di un indegno sacerdote: incesto, stupri, abusi…) è il fatto che i paesani, neppure a fronte di abusi palesi e ripetuti su donne (o fanciulli), trovassero la forza e il coraggio di reagire tempestivamente. Una violenza perdurata nei secoli che ha contribuito a spezzare l’unità religiosa del Medioevo e ha portato la Chiesa, nei tempi moderni, in una crisi devastante.
FOTO Il conte Giuseppe della Croce feudatario di Magnago nel Settecento

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