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La ‘risorsa’ virus (e dov’è la sinistra? E la destra?)- di Emanuele Torreggiani

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Anche il povero corona virus deve sottostare alla dura legge del mercato, può lavorare solo a tempo determinato. Così leggendo la determina regionale: bar e pub debbono chiudere alle 18. Dalle 18 sino alle 6 il virus è pernicioso, nel corso del dì, a sole levato, il virus recede in cassa integrazione. Qual è il razionale? Non si dice. Si dice però che i ristoranti rimangono aperti. Il virus non s’accomoda, sta appiedato al bancone. In questo dettaglio si comprende l’approssimazione di una classe dirigente da basso impero. La superstizione, non il dato logico (la logica è scienza), governa. Alle 17.59 si è ancora in salvo, alle 18.01 si cade preda. Il virus forse è un pipistrello, si leva la sera. Ben si comprende che non si sarebbe potuto fermare tutta la filiera sociale. Certo chiudere le scuole di ogni ordine, stanze macroabitate per lunghe ore con quotidiana aria macabra; ma i mercati all’aperto… e perché non anche le stazioni, gli uffici pubblici e privati, gli opifici, i treni, gli aeroporti, gli autogrill, la grande e media distribuzione… anche i baci tra conoscenti, amici, amanti.

 

Si fermino anche i baci notturni, nel diurno (e qualcuno rammemorerà) si può ancora limonare. I sindaci nulla dicono, per forza, attendevano soltanto la determina di un ente, che s’illudono superiore, per sgravarsi, discaricare, la propria responsabilità elettorale. Mica l’ho deciso io, sussurreranno con tono sodale tanto ai mercantali cui viene proibito lo spazio pubblico come ai baristi: “io li ho visti quei volti”, dirà Don Abbondio. Sovviene così il disperatissimo Pier Paolo, Alla mia nazione “… terra di infanti, affamati, corrotti, governanti impiegati di agrari, prefetti codini, …, una spiaggia libera, un casino. …”. Quando, in punta di scienza naturale, sapranno dire cosa interviene tra un minuto e l’altro alle diciotto in punto della sera, e sono proprio le diciotto in punto della sera (Llorca) allora, allora saremo noi i primi ad applaudire la scienza nuova. Per l’adesso ne sorridiamo, come si deve di un pube col pelo, sapendo che l’osceno non abita lì. L’osceno perdurante abita nell’indifferenza con la quale vengono trattati i dotti. Cioè quelli che sanno compiutamente cosa sta accadendo, i medici. I titolari degli istituti clinici che, in un linguaggio estraneo ad ogni enfasi opinante, dichiarano, in logica permanente, che non si tratta di pandemia. Che non si morirà sul carretto dei monatti. Certo occorre attenzione alle abitudini interpersonali. Gli ospedali funzionano, e non certo per il sistema ma per l’abnegazione dei clinici depauperati di stipendio, strutture e tempo proprio (ch’è la somma ricchezza). Funzionano perché un medico non confonde, mai, il paziente con il cliente. Qualcuno morirà, forse anche io che scrivo. Può accadere, la morte è un atto di servizio. Ma non si tratta di peste nera, quella di Atene, Roma, Firenze, Milano, Orano. Purtuttavia le loro parole, ben espresse da mesi, vengono minimizzate da altrettanti mesi. La peste nera è già ben radicata nel lungo presente di questi decenni, è la politica: infante, affamata di consenso, demagogica e quindi incapace di cogliere la realtà. Il vanesio elettorale. La peste nera la viviamo nella depauperazione sistemica dell’industria grande e piccola italiana in nome di una dislocazione che oggi fa gridare agli straccivendoli delle griffe che non hanno più magazzino. Ma come? Era indispensabile imbastire una camicia nel sud est asiatico quando poi la si vende a mille volte il costo di fabbrica… anche no. Così per la grande azienda automobilistica priva di pezzi di ricambio, e i terzisti italiani…, considerando che nessuna auto è nel frattempo diminuita di costo, non erano più abbastanza capaci… questo virus, se si riflette intorno al nostro stato, pare una risorsa. Dov’è la sinistra, quella che deve, dovere kantiano, difendere il lavoro ed i lavoratori e le correlate conquiste dei lavoratori che si concretizzano in un benessere superiore per la prole: figli e nipoti. Dov’è? Si crede che la sinistra sia quella che chiama all’antifascismo in assenza di fascismo? E la sera, dopo la sfilata del pomeriggio, chiamano il rider, fichissimo in inglese, per la consegna del pasto. Corre corre in bici il rider, un bel nero da quattro euro l’ora, corre all’ultimo piano alla porta blindata del raider da trecentomila all’anno o al giorno. E si piglia anche la mancetta, un bel cinquanta centesimi. Raider/ rider. Va così. E dov’è la destra, quella autentica, il conservatore che aborre questo sistema crematistico. Dov’è in parlamento? Il conservatore che saprebbe dire: “Se un fratello sta davanti alla porta e bussa, uno lo accoglie a braccia aperte, senza chiedere quanto gli verrà a costare”, ed il costare potrebbe essere anche la vita, visto che lo scrive Jϋnger in Irradiazioni. Dov’è? Sarà mica il cretino che grida all’anticomunismo in assenza di comunismo. Dov’è? Sparso, qua e là, solitario, per questo paese ridotto a luogo geografico, spiaggia libera. Tribù di scemi. Allora, qual è il razionale tra le 17.59 e le 18.01. Scemi. E potrebbe essere una risorsa questo virus, basterebbe che la politica leggesse qualche pagina di Costanzo Preve. Ma non lo farà.

Emanuele Torreggiani

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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