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Dall'archivio:

La ragazza del mare

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Una lettera di carta rosa, sbiadita e sigillata da un dolore che è arrivato quando ho dovuto riconsegnare questo momento al passato. Perché la vita, in tutta la sua prepotente urgenza, alla fine, è sempre più forte di qualunque fantasma.

La prima volta che mi hai visto in quel ventoso pomeriggio di tramontana ero avvolta in una sciarpina di lino che riempiva la distanza sospesa tra te e tutto il resto. L’ultimo tavolo accostato al muro ed alla vetrata … ho sempre avuto bisogno di certezze!

C’era un’aria opprimente fuori, nell’ampio locale ricolmo di piante verdi, aria condizionata. All’ingresso divanetti e tanti bagagli pesanti, come se l’afa aspettasse solo di essere inalata per diventare bollente e ustionare il respiro. Amavo la rarefazione dell’estate, ma quel giorno mi arrivava insopportabile. Quel giorno era  pronta a riversarsi all’esterno, svuotandomi la gola.

Assurdo. Non riesco a ricordare il perché delle visioni sbiadite, il motivo di tanto malessere. Non riesco a mettere a fuoco niente prima dell’attimo in cui hai sollevato lo sguardo  dai fogli e lo hai riempito di me. Sono nata in quel momento. Nel viaggio che la luce ha compiuto attraverso il vetro del bar, penetrando la cavità socchiusa dell’iride.

Il mio primo ricordo in questa vita di verità interrotte e poi riprese che affioravano sul bordo di ceramica di una piscina azzurra al tocco distratto della mano. Tra i fumi dell’acqua che, fra le dita, senza accorgersene tracciavano quel confine fra la fragilità dell’armonia e la durezza dell’universo.

 

 

 

 

 

 

 

Ero assente, impalpabile. Attendevo immobile. Eppure, in quel non- gesto hai ascoltato il racconto dei miei giorni lontani, il rispetto del mare, l’intimità di una conchiglia, le risa di una bambina lungo il viale alberato di ghiaia.

Tutto splende; colori da una foto sbadita che non hai più ritrovato, che non ho più provato, persa fra le onde di un gran mare in tempesta di maestrale o di una tramontana che spazia allegria, sorrisi e risate. Solo i tuoi occhi ragionavano in infinite sfumature, e sentivo che qualcosa era cambiato. Qualcosa era accaduto.

Si è cresciuti, è cresciuto il mondo, sono cresciuti i problemi … la vita ha ripreso a camminare veloce. Dodici anni e poi sedici e ancora sento il rumore sordo del cuore mentre riattacco la cornetta di un telefono.

C’era la musica in salotto. Il sole carico di primavera filtrato dalle persiane dischiuse sul giardino. L’odore pungente dell’aria gonfia di vita… E quella canzone… Non sono più riuscita ad ascoltarla. Se non fosse stata così gettonata, forse con il tempo sarei stata in grado di dimenticare. Ho bruciato tutte le lettere rosa. Fino ad oggi neppure una lacrima. Nemmeno una lacrima. Forte e risoluta. Non c’è posto.

Non c’era più posto per ciò.Te lo dicevo sempre, in continuazione … Sono stata uno stupida, ero io quella da proteggere, non tu. Ma mi hai camminato a fianco. Mi hai sempre fatto bene. Persino nel momento in cui mi hai causato il dolore più grande. Quello non se n’è mai andato, ma ha imparato lentamente a farsi discreto, ed io ad accettare che rimanesse attaccato alle pareti della mia puerile esistenza in modo risoluto.

Ci riesci, tutto va avanti e nemmeno te ne accorgi. Sembra non stia succedendo nulla. Chissà perché le cose davvero importanti non fanno mai rumore. Ho sentito che ancora esistevi, che tu non saresti mai finito.

Io ero libera. E tu libero di riconoscermi nella bambina sul pontile con in mano un sasso da fare saltare sull’acqua, o nelle frasi che sottolineavo mentre leggevo un libro. Nel sonno intenso di un gatto che si strofina la zampa sul muso e poi riprendeva a dormire, o nell’impaccio gentile del ragazzino che chiede il pallone.

Mi manca la penombra. Oggi tutto freddo ghiacciato, mentre avrei voluto ogni spostamento scritto sulla partitura del silenzio, della calma, dal sorriso. La polvere c’è sempre sulle quelle strade bianche. Dentro c’è ancora tutto. E’ ciò che sono. Ma non posso guastare quello che sulla polvere è comunque riuscito a nascere. “Prometto che saremo perfetti…” Ci dicemmo: ”Manterrò quella promessa?”  In un’altra vita, forse. Altrove.

 

 

Laura Giulia D’Orso

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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