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Dall'archivio:

La parola a Stefano Del Miglio, ‘il cattivo’ di Lealtà Azione. Che forse così malvagio non è..

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ABBIATEGRASSO –   Trasmettere sicurezza al team ed avere una spiccata moralità. Dare una direzione chiara, per organizzare al meglio il lavoro.  Creare un clima positivo. Promuovere la cultura della condivisione e  favorire la creazione di relazioni virtuose, gestire i rischi e trasformarli in opportunità. Impegnarsi a generare nuovi leader, senza paura.

Nei sacri testi del marketing commerciale (ed anche politico) queste sono le caratteristiche comunemente riconosciute e ritenute necessarie per essere un leader.

Sappiamo che Lealtà Azione non è una società commerciale né un’associazione come le altre, ma dopo averci parlato- e dopo averlo visto ‘sul campo’ diverse volte- sappiamo che Stefano Del Miglio, classe 1985, sposato con un bambino nato meno di un mese fa, è un leader.

Ne possiede le doti innate. Sprizza carisma ed autorevolezza, in modo naturale. Lealtà Azione è stata l’idea sua e di un manipolo di altri ragazzi gravitanti nell’area della destra radicale. Oggi Lealtà Azione, dopo 8 anni, è un movimento che muove centinaia e centinaia di ragazzi e ragazze, in Lombardia e in tutto il nord Italia. Benché certa stampa dipinga Del Miglio come il Male Assoluto, noi abbiamo preferito incontrarlo sabato mattina, sui prati del quartiere fiera. Per conoscerlo meglio. E fargli anche qualche domanda scomoda. Ecco il sunto della nostra chiacchierata.

D. Cominciamo dalla fine, da questa Festa di Abbiategrasso: quando cominciò la storia di Lealtà Azione ti immaginavi quanto sarebbe avvenuto ieri?

R. No, assolutamente. LA nacque ad aprile del 2010, quindi 8 anni fa. Eravamo nella nostra sede di Bollate, i giorni precedenti la commemorazione di Sergio Ramelli. Dopo esserci riorganizzati, siccome in passato eravamo stati chiusi, un nucleo di 15 persone prese la scelta di dare il via. Ci trovammo a parlare dicendoci che per non ripetere gli errori del passato dovevamo evitare di ghettizzarci e uscire dal bosco, diciamo. Ecco l’idea fondante di LA.

D. Chi ideò il nome?

R. Norberto, il primo presidente. Su una parete della sede di Bollate volevamo dare un messaggio forte, quindi scrivemmo Lealtà e poi Azione. Quando decidemmo di diventare soggetto comunitario, il tutto venne spontaneo.

D. La stampa ti dipinge come il mostro di Milwaukee: vuoi dirci in realtà chi è Stefano Del Miglio?

R. Stefano Del Miglio da 20 giorni è un padre..

D. Come ti ha cambiato diventare padre?

R. Il matrimonio non così tanto, è stato un suggello religioso. Diventare padre mi ha cambiato parecchio, ma sono ancora nella fase frullatore. Essere padre ti fa capire che qualcuno dipende da te..

D. Quindi, chi è Stefano Del Miglio?

R. Un ragazzo milanese nato nel 1985, che sin da piccolo ha avuto una forte educazione incentrata sulla religione (non trinariciuta) e sulla storia. Quando i miei amici giocavano con le macchinine, io andavo in Europa con mio padre a visitare i campi di battaglia, come Waterloo. Ho avuto un’infanzia molto felice, i miei genitori poi divorziarono ma io non ne ho mai sofferto. Dopo la storia mi sono appassionato alla politica:  mi sono avvicinato al mondo della destra extraparlamentare sin da ragazzino. Incontrammo in quei giorni un aderente al Movimento Skinhead.

D. Cosa rappresentava per te e per voi il movimento Skin, all’epoca?

R. Un forte senso di ribellione ed appartenenza.

D. Non mi hai parlato di violenza..

R. Non era una questione di violenza, che poi purtroppo scaturì anche in azioni- appunto- violente. Ma era la necessità di dare una forma al nostro senso di appartenenza, eravamo amici molto legati e con forte senso di gerarchia al nostro interno.

D. Oggi è una cosa che manca quasi del tutto, ai giovani.. Cosa significa per un ragazzo di 20 anni la parola gerarchia?

R. Paradossalmente sono viste come qualcosa di negativo.. Le forze dell’ordine alla cerimonia per Sergio Ramelli non vogliono neppure che camminiamo ordinati. Che sembra un paradosso. E’ assurdo che sia così, in realtà tutto esige gerarchia, a partire dalle cucine. Dove le cose devono funzionare serve una gerarchia.

D. Cosa cercate di insegnare a un ragazzo-ragazza di 19 anni che si avvicina a voi?

R. Che ordine e gerarchia non significano prepotenze, che non sono imposte ma riconosciute. Bisogna essere autorevoli, non autoritari.

D. Cosa ti resta dei tuoi anni nel Movimento Skinhead?

R. Il fatto che ci ha formati molto dal punto di vista umano e culturale. Non si lascia mai indietro nessuno. L’aspetto negativo e limitante di quell’esperienza è stato il fatto che non ha saputo andare oltre. Eravamo brutti, cattivi e ghettizzati, e ci dicevano che il mondo esterno non ci avrebbe mai ascoltato. Questo è quello che ho cercato di cambiare.

D. I giornali ti hanno dipinto in maniera parecchio tetra..

R. Devo dire la verità, ci sono stati scontri forti. Nella fattispecie, la famosa rissa sui Navigli di cui si parla spesso fu un’occasione in cui dovemmo difenderci per salvare la vita. Eravamo 4 contro 80, nel senso che 80 erano gli altri, infatti fummo condannati per rissa e non fummo mai arrestati. La vicenda è molto diversa da come venne descritta. Il nostro errore fu andare vestiti in una certa maniera in un pub dei Navigli di Milano che per  noi era ‘off limits’. Noi all’epoca avevamo 19 e 20 anni e non concepivamo ci fossero zone franche. Oggi per fortuna quel modo di pensare ed agire non esiste più.

D. Io vedo Lealtà Azione come il tentativo di andare oltre, anche sul tema della violenza che è sempre da rifiutare..

R. Il lascito di quegli anni ci ha fatto capire che abbiamo rischiato di giocarci la vita e di morire. Abbiamo preso quell’esperienza come un insegnamento e capito che dovevamo cambiare. E abbiamo fatto autocritica.

D. Umanamente come hai chiuso quella fase?

R. Non è stato facile, in questa piccola rivoluzione interna qualcuno si è perso.

D. Chi è oggi il ragazzo-ragazza che si avvicina a voi?

R. Oggi si avvicinano persone di tutte le età ed esperienze, da notai ad avvocati a studenti. L’esperienza politica è un’altra cosa, sta crescendo di pari passo, ma nasciamo contro l’individualismo imperante. Da noi trovano qualcosa che la società non offre più.

D. Chi fa politica in Lealtà Azione lo fa personalmente, ma LA non è un partito. Esatto?

R. Certo. Il concetto di approccio è proprio questo: la comunità si preserva dal discorso prettamente politico, ma ha l’ambizione di formare persone adatte all’agone politico. Ad oggi è così, domani non saprei.

D. La vostra tendenza è in crescita?

R. Moltissimo. Ci sono parecchi vuoti da riempire.

D. Cosa diresti agli antifascisti che hanno manifestato contro di voi in piazza ad Abbiategrasso? A chi ha usato parole di odio?

R.  Che forse cercare di costruire è meglio che cercare di distruggere.

D. E che forse siete molto diversi da come vi dipingono..

R. Anche, sì.. Ma non vedo la necessità di dare spiegazioni. Mi spiace il fatto che ci siano persone che vivono contro, e non a favore di qualcosa.

D. Cosa farà da grande Stefano Del Miglio e cosa farà Lealtà Azione?

R. Difficile saperlo.. Stiamo crescendo, e parecchio. Continueremo a farlo.

D. Se un giorno un militante di LA entrasse in Parlamento cosa cambierebbe?

R. Non molto, il semplice aderente in Parlamento sarebbe un momento di passaggio. L’idea è cercare di essere  una realtà che influenza una intera classe politica.

D. Tra 10 anni come ti vedi? Sempre qui su un prato, accanto a tuo figlio che avrà 10 anni? 

R. Questo è certo..

Bene, adesso potete farvi un’idea. Scevra da certi preconcetti. A voi piacendo, naturalmente..

Fabrizio Provera

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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