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‘La mattina dopo’ di Mario Calabresi fa ‘tutto esaurito’ a Boffalora

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

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BOFFALORA –  «Sono anni che mi interrogo sul giorno dopo. Sappiamo tutti di cosa si tratta, di quel risveglio che per un istante è normale, ma subito dopo viene aggredito dal dolore.» Quando si perde un genitore, un compagno, un figlio, un lavoro, una sfida decisiva, quando si commette un errore, quando si va in pensione o ci si trasferisce, c’è sempre una mattina dopo. Un senso di vuoto, una vertigine. Che ci prende quando ci accorgiamo che qualcosa o qualcuno che avevamo da anni, e pensavamo avremmo avuto per sempre, improvvisamente non c’è più. Perché dopo una perdita o un cambiamento arriva sempre il momento in cui capiamo che la vita va avanti, sì, ma niente è più come prima, e noi non siamo più quelli di ieri. Un risveglio che è inevitabilmente un nuovo inizio. Una cesura dal passato, un da oggi in poi.

A questo momento, delicato e cruciale, Mario Calabresi ha dedicato il suo nuovo libro, partendo dal proprio vissuto per poi aprirsi alle esperienze altrui.

Libro presentato ieri sera nella sala parrocchiale di Boffalora, nell’ambito di Book City 2019, al cospetto di una vastissima platea da ‘tutto esaurito’. Evento introdotto dall’assessore alla cultura Francesco Belloni e dal collega di Settegiorni, Mirko Ferrini. 

 “Avevo assunto l’impegno di venire qui a Boffalora con delle ragazze conosciute da anni, e tengo a dire che presento il mio libro qui da voi prima che a Milano”, ha esordito, compiaciuto e divertito, lo scrittore e giornalista, figlio del commissario Luigi Calabresi.

“A questo libro pensavo da anni, forse perché da sempre sono molto attirato dal capire come le persone reagiscono al cambiamento degli equilibri. Pensiamo che niente cambi, invece non è cosi. Ci sono momenti- ciascuno di noi lo sa- che cambiano questo equilibrio, per cui c’è un prima e un dopo. Ho sempre pensato che c’è molta umanità, nel momento in cui tu decidi cosa fare, provi a cercare una ragione per andare avanti. La mattina dopo, a distanza di anni, sembra poca cosa: come quando fui lasciato dalla mia ragazza al liceo. Mi ricordo quando mi svegliai: capitano grandi problemi e il primo istante è normale, poi è il tuo corpo a farti accorgere del dolore. La ragione me la spiegò un neuroscienziato: il corpo, semplicemente, arriva prima’

“Succede anche quando muore qualcuno o viene a mancare una persona a cui sei legato. Per tanti anni ho raccolto immagini sulla mattina dopo di molte persone, come mia nonna dopo la morte del nonno, o anche cose più normali. Oppure mi sono spesso chiesto come può essere l’ultima sera del Presidente americano alla Casa Bianca. Obama per esempio, dopo i suoi anni da Presidente, fece molto sport, si impegnò in cose adrenaliniche. A un mio amico cui capitò un evento drammatico successe lo stesso col rafting. Mia madre rimase vedova a 25 anni con due figli e uno in arrivo, ma non aveva la possibilità di lasciarsi andare, dovevo per forza reagire. Non avevo tempo di farlo neppure io, perché fare il direttore oggi è totalizzante. Poi trovai il tempo perché non andavo d’accordo con gli editori di Repubblica. La seconda cosa che mi viene da dire è che oggi i giornali sono in profonda crisi, pertanto io credo che si debba investire molto sul digitale, ma per investire servono soldi. Non ne faccio un dramma, però il giorno dopo è per tutti, ti trovi col silenzio e il tempo vuoto”.
Mirko Ferrini ha poi riflettuto sul fatto che  ‘la prima cosa da fare’ sono gli affetti e le persone. 
“Vero”, ha continuato Calabresi. “Si riparte da cose che possono darti forza, ma anche dolore. Io andai a trovare Roberto Toscano, che aveva avuto una emorragia cerebrale. Poi andai da un altro amico malato, uscito dopo 1 anno dall’ospedale dopo un grande calvario. Sono stato da lui tutti i giorni,e lì ho trovato tantissima umanità.
Mentre ero al bar dell’ospedale per prendergli un cornetto, che lui desiderava, vidi Manuel Bortuzzo, il nuotatore colpito da un proiettile. Poco più in là una signora in carrozzina con una felpa della nazionale. Quella persona si avvicinò e mi parlo’,e siamo diventati amici. Si chiama Daniela ed è diventata protagonista del libro. 
Questo girare e cercare le cose buone è curativo. È anche un recupero e riordino di storie familiari. Io ebbi un rapporto splendido con mia nonna materna, morta a 94 anni. Ebbe 7 figli e 21 nipoti. Vissi con lei dopo la morte di mio padre. 
Negli anni novanta dovevo andare in vacanza in barca, ma prima di partire mia nonna mi telefona chiedendomi di accompagnarla.  Lei era molto orgogliosa di me, specie quando ero direttore della Stampa”.
Una  bella narrazione, un bel libro, una bella serata.
F.P.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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