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La Francia, il Melting Pot e la retorica dei giornaloni del pensiero unico

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“Ce lo attendevamo e infatti è finita così. Immancabile la voglia di trasformare la finale di Coppa del Mondo di calcio in un scontro tra ‘Sovranisti’ e fautori del ‘Melting Pot’. Non ne avevamo dubbi. Tant’è che oggi il Corrierone con l’editoriale di Aldo Cazzullo ha titolato tutto tronfio e gongolante: ‘Vince la squadra del mondo’. Insomma, la tentazione di mischiare, tutto calcio e politica, è stata predominante. Forse, perché dopo le tante batoste elettorali, questa in qualche modo poteva essere una sorta di rivincita per chi ossessionato cerca costantemente di buttarla su questo terreno. Anche sui social soprattutto i buonisti ‘dem & associati’ si sono scatenati contro Matteo Salvini e compagnia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Certo, non è mancato qualche deficiente – abbiamo letto e visto anche qualche Magentino postare immagini di scimmie con la coppa del mondo, qualificandosi da solo non servono commenti per questi fenomeni da tastiera – che si è spinto decisamente oltre, facendo il gioco di chi tutti i giorni, grida ‘Al lupo, al lupo’.  Per noi Francia Croazia è stata solo una partita di calcio.  La rivalità verso i cugini transalpini, così come l’antipatia crescente per Macron hanno fatto naturalmente la differenza.

Spiace, allora, vedere come oggi la strumentalizzazione dell’uomo con la pelle nera venga fatta proprio all’incontrario, da chi invece dovrebbe essere il paladino delle persone in quanto tali.  Anche perché ieri quelli che calcavano il terreno di gioco erano tutti fior di milionari. Perciò di cosa stiamo parlando?

Per una volta, però, più che con i politici dobbiamo, appunto, prendercela  con i poteri unici della stampa nazionale. Quelli che vogliono fare opinione, quelli che dettano la linea, peccato che però che perdano ogni anno migliaia di copie. Ci sarà un perché. Ma fa niente avanti con il solito disco rotto.

Ecco dunque che la vittoria dei galletti si è trasformata nella vittoria del modello multiculturale. Il tutto sviluppando un parallelo quanto mai azzardato e, appunto, a senso unico.  Così la generazione di Pogba, Mbappé e via discorrendo si è trasformata nella generazione del riscatto. 

Eppure, la Francia grazie alla sua politica coloniale ha avuto da sempre una forte presenza di etnie arrivate dai Paesi del cosiddetto  Maghreb, basti pensare che già negli anni Ottanta una delle bandiere francesi e del Bordeaux era un “certo” Jean Tigana.

In secondo luogo, proprio non capiamo perché improvvisamente il fenomeno coloniale francese per quello che ha prodotto – anche rispetto a guerre, ricordiamoci solo della campagna di Algeria finita dopo otto anni nel 1962 o, ancora, il Senegal che ha raggiunto l’indipendenza  nel 1960 –  sia stato totalmente dimenticato nei suoi aspetti negativi.

Senza dimenticare i ‘guasti’ che stiamo pagando ancora adesso soprattutto noi Italiani in prima persona, a causa della sconsiderata politica estera di Sarkozy con la sciagurata guerra alla Libia. Improvvisamente tutto sparito. Archiviato. Non se ne può e soprattutto non se ne dovrebbe parlare.Questa cosa, lasciatecelo dire, ci ripugna. 

Come ci fa un piuttosto ribrezzo il fatto che la Francia delle Banlieue, quella dei ‘Casseur’, ma soprattutto quella delle stragi nella redazione di Charlie Hebdo (vedi foto sopra)del Bataclan e del lungomare di Nizza, tutte firmate dal fondamentalismo islamico che ha trovato terreno fertile nel disagio delle periferie francesi siano già state tutte messe alle spalle.  Tutto prevedibile, tutto scontatissimo come la retorica buonista di questi giorni che travalica gli aspetti politici e si avventura su terreni che dovrebbero restare sportivi. 

Noi abbiamo fatto il tifo per la Croazia per ragioni strettamente sportive (e di fede nerazzurra). E ci sarebbe piaciuto vederla vincitrice perché è bello vedere ogni tanto Davide che sconfigge Golia. Così come vedere (questo sì) il riscatto di un piccolo popolo devastato da una guerra civile orrenda.  Vedere Luca Modric sollevare al cielo la Coppa del Mondo. Lui si un bambino rifugiato che prendeva a calci un pallone tra il rombare delle granate avrebbe potuto essere l’immagine più bella di questa rivincita. 

Fabrizio Valenti

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