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Dall'archivio:

La fine di ACCAM diventa un mistero

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

ALTO MILANESE – In principio era il 2017. Poi diventò il 2021 e adesso il 2027. La vicenda riguardante la chiusura dell’inceneritore Accam sta diventando come un chewing gum che si tira sempre di più. La nuova data è stata certificata durante l’ultima assemblea in cui soltanto sei soci su 27 hanno votato per bruciare i rifiuti nell’impianto fino alla nuova data, appunto il 2027.  Ma lo scenario votato dai sei  comuni non va affatto a genio a una lunga schiera di municipalità che lo mettono nero su bianco: Canegrate, Castano Primo, Magnago, Olgiate Olona, Rescaldina, San Giorgio su Legnano e Vanzaghello. Intanto gli estensori del comunicato ricordano che “nell’ottobre 2016 si votò per la chiusura dei forni non oltre il dicembre 2021; tale scelta era ampiamente supportata dal business plan che certificava il mantenimento in bonis fino al 2021 e un raggiungimento dell’utile a partire dal 2019”. Un documento che era stato votato, ricordano i comuni autori della lettera, “anche dai soci che oggi hanno votato per il 2027”.  Cambiano i tempi, aggiungono, ma la vicenda resta un ginepraio. Eppure, dicono, “da anni sostenevamo che il contratto con la ditta che opera sull’impianto era assolutamente sconveniente e ci veniva risposto che invece era favorevole”. Ma non tornano ai comuni critici anche le cifre:  “Adesso il nuovo business plan certifica che ogni anno vengono corrisposti a  questa ditta 6 milioni mentre il costo reale è di soli 2 milioni, quattro milioni ogni anno di plusvalori ceduti a terzi e sottratti alla redditività di Accam”.  

In più, i comuni evidenziano il costo medio del personale dipendente che già la Corte dei Conti ha ritenuto eccessivo. Il nuovo business plan presenta insomma, per i sette comuni firmatari del documento, più di una riga storta: “Ma perché il cda – proseguono – non si attiva per andare a recuperare sul mercato quote di prodotti da smaltire che sicuramente avrebbero ricavi più remunerativi?”. Insomma, la telenovela Accam prosegue e si arricchisce di una nuova puntata. “Scommettiamo – dicono i comuni firmatari della lettera –  che entro un paio d’anni i soci saranno richiamati a rivedere il businessplan perché è cambiata la situazione e bisognerà spostare ancora in là la chiusura dei forni?”. Il discorso è più che mai aperto. E promette nuovi sviluppi.

Cristiano Comelli

 

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