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La fine (della Sinistra). Di Emanuele Torreggiani

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Cisposi, quando prude l’occhio e ne esce un siero appiccicoso, ecco, tutti gli abbozzi di ragionamento sulla vicenda della revoca del contratto all’azienda Autostrade per l’Italia sono appiccicosi, caprineschi (da lana caprina), stucchevoli e ridondanti. Il popolo muore e la sinistra fucsia anziché indignarsi s’arrabatta ad ammonirlo indicando che in caso di revoca il contribuente dovrà risarcire l’azienducola familiare. Quindi derubrica il popolo a contribuente, l’uomo a debitore. E, davanti ad una catastrofe, fattuale e simbolica, fattuale perché la morte non è un’idea, e simbolica perché il crollo certifica lo Stato incapace, la sinistra si preoccupa della quotazione di borsa dell’azienducola. La morte del popolo in subordine davanti al capitalismo. E dichiara, con la sicumera che le è propria, quanto sia impossibile revocare il contratto mostrando articoletti di legge, esattamente come l’azzeccagarbugli fece con lo sprovveduto Renzo, figlio del popolo. Ed invoca, questa sinistra piccolo borghese, né proletaria né sottoproletaria, né consapevole di una coscienza di classe, ma paga di un’astrazione idealistica, lo Stato di diritto. Ma il diritto è tale quando si manifesta in difesa di un sopruso. Non è un’astrazione, anzi, per un credente il diritto è la manifestazione di Dio poiché coincide con la trasformazione della giustizia in un fatto. La giustizia si di-mostra fenomeno. Formidabile il percorso inverso di una sinistra, per modo di dire sia chiaro, senza più capacità di elaborare tesi, antitesi e sintesi.

 

Si scaglia in modo superficiale, umorale, attuale, contro il Governo senza fare analisi autocritica. Autocritica necessaria per proporre una prospettiva, una progettualità. In poche parole diventa casa e cassa di risonanza dell’azienda familiare quotata in borsa la quale ha, legittimamente ma ingiustamente, la volontà di difendere il proprio operato. Del popolo laggiù in fondo al burrone, all’orrido, alcun interessa. Il tutto viene urlato in subordine al mercato azionario, alla ipotetica revoca del contratto. Roba per avvocaticchi, non certo per un’azione politica che deve gestire una tragedia personale e collettiva. Nazionale. Ecco, la mancanza della dimensione tragica, la riduzione al totemico danaro, dà l’affresco spirituale dell’appiattimento di una sinistra fucsia o fucsina sul grigio capitale che ha le mani sporche di sangue. Sangue del popolo innocente. Si tratta di una metamorfosi terribile che segna, per la pochezza dei suoi esponenti, la prossima fine di una storia politica che si estingue perché non più capace di vedere la realtà, l’accadere. Infatti, in questa incapacità di vedere la struttura della realtà e nell’ansia costante di cogliervi solamente la sovrastruttura, la sinistra ha abbandonato il mantra epocale della xenofobia confusa per razzismo. Dall’altro ieri l’Italia non è più né xenofoba né razzista. Dimostrazione che trattavasi di un epifenomeno e non di un fenomeno come si andava spacciando con la gran cassa di risonanza della stampa, cosiddetta, la quale, oggi, ha indirizzato il mantra sul risarcimento presunto all’azienducola e non, al contrario, sulla tragedia personale e collettiva. “Questa è la fine” cantano i Doors “la fine, la mia unica amica”. Avanti così mentre il capitale sorride e si sfrega le mani. Carlo Marx, tanto citato, non lo avete mai letto. E Giorgio Grosz non l’avete mai osservato. Avanti così, dentro il precipizio, il burrone, l’orrido di una Genova che è Italia intera. La lanterna è spenta.

 

 

 

Emanuele Torreggiani

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