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La chiamano “pensione”, ma in realtà… Parlano i docenti magentini per cui è suonata l’ultima ‘campanella’- di Arabella Biscaro

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Magenta – L’ultima campanella dell’ultimo giorno dell’ultimo anno scolastico della carriera scolastica porta con sé un carico incredibile di emozioni. Quella di quest’anno è stata ancora più particolare perché suonata a distanza, come la didattica fatta negli ultimi tre mesi e mezzo. Abbiamo sentito alcuni insegnanti di diversi ordini di scuola che ci hanno raccontato le loro emozioni a caldo, tra malinconia, stanchezza e incredulità. Li accomuna una parola dedicata agli scolari: passione. Perché la scuola è fatta anche di questo, soprattutto di questo.

“Nel momento in cui ho varcato la soglia del “Fornaroli” per la prima volta, nel 1983,- racconta Barbara Ginzi – non avrei mai pensato di terminare la mia carriera lavorativa nel bel mezzo di una pandemia mondiale, dovendo sperimentare la didattica a distanza, senza il contatto diretto coi bambini, che è la caratteristica fondamentale della nostra professione. Saranno proprio i bambini, insieme alle colleghe, a mancarmi maggiormente, quando, a settembre, non ritornerò in classe”.

“Porterò sempre con me quel pezzetto di cuore che i miei splendidi e indimenticabili datori di lavoro, i bambini e le bambine della sezione gialla della scuola dell’Infanzia “G. Fornaroli” di Magenta, mi hanno donato”. Queste le parole di Antonella Malini dopo anni di un lavoro che in realtà “ho scelto quando ho iniziato gli studi, opportunità che molti giovani oggi purtroppo non hanno”.

“Non avrei mai pensato di concludere in questo modo… senza poter vedere e salutare i bambini, le  colleghe e tutte le persone con le quali ho lavorato e collaborato fianco a fianco per tanto tempo. E’ stato un anno difficile per tutti, ma “noi della scuola” abbiamo sempre saputo affrontare tante difficoltà e anche questa volta ci siamo riuscite – commenta la maestra Nadia Zacchetti – Sono contenta di andare in pensione (un po’ anche dispiaciuta) ma non me ne rendo ancora conto e penso alle “cose” di scuola come se a settembre ci dovessi tornare … poi mi ricordo ….”

Ma cosa vuol dire “pensione” se non occasione di ripensare ancora una volta a tutti, ma proprio tutti gli alunni? “Difficile pensare ad una vita diversa rispetto a quella trascorsa per oltre quarant’anni – ammette Enza Trovato della scuola primaria “Santa Caterina” che si sente una privilegiata per aver svolto un lavoro così appagante. – Nella mia mente continuo a vedere i miei alunni e non solo gli ultimi. Vedo ancora i loro occhietti che scintillavano quando avevano capito le spiegazioni, e più grandicelli, i sorrisetti a volte maliziosi alle battute che facevo. Quanti incoraggiamenti e quante carezze consolatrici… ma anche la voce dura pronta ai richiami quando era necessario”. Il pensiero va poi ai mesi dell’emergenza: “Non avrei immaginato di finire con la didattica a distanza il mio ultimo periodo scolastico. Mi è mancato il contatto fisico dei “miei bambini”, perfino il loro chiacchiericcio nei momenti di pausa, ma ho avuto modo di imparare fino all’ultimo giorno di scuola questo nuovo modo di fare lezione. Ho avuto in compenso un avvicinamento con i genitori con i quali ci sentivamo molto più spesso, non solo per parlare dei compiti svolti dai bambini, ma come adulti complici in quel delicato processo educativo che ci ha accomunato. A settembre dovrò mettere da parte la malinconia per un periodo della mia vita che non tornerà più e cominciare a pensare a come realizzare i miei desideri”, conclude la maestra Enza.

L’insegnamento, si sa, è relazione diretta, “da una espressione del volto comprendi quali sono i dubbi, le difficoltà, le insicurezze e le richieste dei tuoi ragazzi. Sempre dall’espressione dei volti capisci se il tuo lavoro è stato programmato ed effettuato nella giusta direzione e ha ottenuto l’effetto desiderato. Questa dinamica di rapporti, che era per me così naturale, è stata inficiata dall’intromissione del PC” nei mesi dell’emergenza, ammette la prof.ssa Luisa Cairati della scuola secondaria di primo grado “Baracca”. In un momento la fatica passata sfuma nella fiducia per il lavoro svolto e il futuro: “Spero anche in quest’ultimo anno di aver contribuito, come è sempre stato nei miei propositi, a formare degli individui non solo culturalmente ma anche umanamente apprezzabili. Ora credo sia giunto per me il momento di lasciare questo compito a forze nuove. Perdere il contatto quotidiano e diretto con il mondo dei giovani che mi ha arricchito, resa meno intransigente e più disponibile alla comprensione certo mi mancherà, cercherò di recuperarlo attraverso il rapporto con i miei nipoti”.

La malinconia con il tempo magari si affievolirà, ma sono sicura che le tue qualità e il tuo affetto per i bambini troveranno un canale nuovo. La sintesi più efficace di questi pensieri, che traducono sentimenti forti, arriva dalla prof.ssa Giovanna Foi della scuola secondaria di primo grado “Don Milani” di Robecco che si sofferma “sull’importanza nel nostro lavoro di conservare sempre energie, voglia di imparare e di non annoiarsi mai!”

Intanto, a loro e ai tanti altri insegnanti e professori, segretarie e collaboratori scolastici che si apprestano a vivere questa nuova esperienza, auguri per una serena estate.

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