La bellezza nascosta delle praterie aride: tra Po, Lago Maggiore e Parco del Ticino

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Sono ormai quasi conclusi gli interventi di ripristino dell’Habitat 6210 (praterie aride) nei Parchi del Po Piemontese, del Ticino (Lombardia) e del Ticino Lago Maggiore (Piemonte) nell’ambito del progetto LIFE Drylands dell’Università di Pavia: nelle aree specie importanti per la biodiversità, tra cui una straordinaria fioritura di orchidee.

PAVIA – Oltre al restauro delle brughiere (Habitat 4030) nel Comune di
Lenta (VC – Baraggia di Rovasenda), sono riprese a pieno ritmo le attività di “restauro” dell’habitat H6210 (praterie aride) in diverse aree di intervento nell’ambito del progetto LIFE Drylands: nei Comuni di Isola S. Antonio (AL), nel Parco del Po piemontese, nei Comuni di Trecate (NO) e di Greggio-Oldenico (VC), nel Parco del Ticino Lago Maggiore, nei Comuni di Vizzola Ticino (VA) e Pontevecchio di Magenta (MI), nel Parco del Ticino Lombardo.
Si tratta di habitat fortemente degradati, sia per la perdita e la frammentazione dovute alle attività antropiche, sia per l’incuria e l’inquinamento, e molte delle specie vegetali e animali sono a rischio. Un habitat impoverito è un rischio per il territorio, che diventa più
vulnerabile a eventi estremi (quali per esempio bombe d’acqua, ondate di calore, inondazioni, diffusione di patogeni). È quindi fondamentale ripristinarlo, per evitare gravi rischi per la salute di piante, animali e anche dell’uomo.
L’Habitat 6210 in particolare è costituito da formazioni erbose secche, in cui troviamo fiori come il Garofano dei certosini (Dianthus carthusianorum), o lo Spillone di Venere (Armeria arenaria), numerose specie di insetti e di licheni.
Il progetto LIFE Drylands, ideato e condotto dall’Università di Pavia (Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente) con la direzione scientifica di Silvia Assini, ha l’obiettivo di ripristinare gli habitat delle zone aride a rischio e produrre linee guida per la loro conservazione e futura gestione. Le zone aride sono poco note al grande pubblico: non adatte alle attività agricole, spesso sono abbandonate oppure, se tutelate, restano fuori dai canonici percorsi di trekking.

 
Nell’ambito del progetto occorre quindi sensibilizzare il pubblico riguardo alla necessità di tutelare la biodiversità delle zone aride.
Cinque parole chiave per raccontare le zone aride
Quando parliamo di drylands usiamo espressioni – quali zona arida, vegetazione secca, terreno acido, suolo crostoso, etc – che sembrano descrivere un ambiente inospitale, ma in realtà raccontano una natura molto ricca e interessante.
1. ARIDO / SECCO – Le zone aride (brughiere e praterie) sono in realtà habitat ricchi
di vita: ospitano specie vegetali e animali (insetti impollinatori) fondamentali per
preservare l’equilibrio dei diversi ecosistemi. Sono dette aride perché il suolo non
trattiene l’acqua.
2. SUOLO CROSTOSO / CROSTA BIOLOGICA – Le zone aride planiziali sono le uniche in
grado di ospitare comunità di licheni e muschi terricoli che formano delle tipiche
croste utili per trattenere l’umidità, intrappolare i semi delle piante tipiche che
germineranno negli anni successivi, proteggere dall’erosione e contribuire al
bilancio di azoto e carbonio nel suolo.
3. ALIENO – Le specie alloctone invasive (alien species), introdotte con o senza
l’intervento dell’uomo, rappresentano una minaccia per la biodiversità. Alcune di
queste (la robinia, l’amorfa, il ciliegio tardivo, la quercia rossa, etc) sono tra noi
da secoli, ma vanno limitate e contenute per preservare le specie native.
4. BRUGHIERA – Il termine richiama alla mente scenari nordici, ma le brughiere ci
sono anche nella Pianura padana: la brughiera è una zona arida, pianeggiante, con
un terreno spesso argilloso o sabbioso, dove crescono erbe e arbusti, tra cui il
brugo (Calluna vulgaris) che è dominante.
5. “RESTAURARE” – Per riportare equilibrio in un habitat degradato e minacciato,
migliorandone lo stato di conservazione, non basta preservare la biodiversità
esistente, occorre accrescerla eliminando/contenendo le specie invasive e, se
occorre, mettendo a dimora le specie native, in modo da riportare l’habitat alle
condizioni ottimali; ecco perché si dice “restaurare l’habitat”.
Il termine restauro è infatti alla base della genesi del progetto LIFE Drylands (2019
– “Restauro delle praterie e delle brughiere xero-acidofile continentali in siti Natura 2000 del Piemonte e della Lombardia”). Dal giugno 2021, inoltre, le Nazioni Unite hanno dato avvio all’UN decade of Ecosystem Restoration.
Gli interventi in corso (primavera 2022):
A Isola S. Antonio l’obiettivo è ricostruire ex-novo la prateria arida (Habitat 6210), dove attualmente non è presente, con l’eliminazione delle specie esotiche invasive (in
particolare Amorpha fruticosa e Robinia pseudoacacia, la preparazione del terreno con
tecnica del sod-cutting, che prevede la scarificazione (asporto) dei primi 15 cm di
substrato, e la ripopolazione con specie native mediante la distribuzione del fiorume
(sementi), raccolto quest’estate in un sito donatore.
Negli altri Comuni in cui invece l’Habitat 6210 è già presente, ma degradato, si sono realizzati sfalci della componente erbacea, taglio delle specie legnose che tendevano a chiudere l’habitat, interventi di sod-cutting e messa a dimora di specie erbacee tipiche prodotte da vivai specializzati.
Nella Baraggia di Rovasenda invece si stanno restaurando due aree di brughiera (Habitat 4030), per le quali è stato scelto di utilizzare la tecnica di ranghinatura necessaria per rimuovere la vegetazione erbacea secca, in questo caso costituita dalla graminacea
Molinia arundinacea, senza danneggiare gli individui di Calluna vulgaris.

LIFE Drylands è un progetto ideato e condotto dall’Università di Pavia (Dipartimento di
Scienze della Terra e dell’Ambiente), sotto la direzione scientifica di Silvia Assini, che ha
l’obiettivo di ripristinare gli habitat delle zone aride a rischio e produrre linee guida per
la loro conservazione e futura gestione. Il progetto, finanziato dall’Unione Europea e
cofinanziato da Fondazione Cariplo, è attuato assieme a una rete di partner che
comprende la Rete degli Orti Botanici della Lombardia, l’Università di Bologna e diversi
enti parco: Parco Lombardo della Valle del Ticino, Ente di gestione delle Aree protette del
Po piemontese, Ente di Gestione delle Aree protette del Ticino e del Lago Maggiore. Le
aree di intervento si trovano in Lombardia e Piemonte, in un ambito territoriale che
intercetta i fiumi Sesia, Ticino e Po, in 8 siti Natura 2000, la rete ecologica europea che
tutela gli habitat naturali a rischio.

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