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Dall'archivio:

Julien

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Aveva un appuntamento con il destino Julien, sette anni, morto sul selciato della Ramblas di Barcellona travolto, schiacciato dal furgone dei sicari islamisti, forse sedicenti, ma dicentisi tali. Oggi Julien, giorni addietro Charlie. Il neonato lasciato morire per il suo bene, secondo la dizione di un tribunale britannico, scientificamente laico, così laico ed applaudito nella laicità che, alla sua morte, i quotidiani laici hanno scritto che è diventato un angelo. Non so se laico, l’angelo, sia ancora angelo. Involontariamente comico nel macabro questo squarcio di secolo nascente. Non so perché si tengano messe in suffragio dei defunti assassinati dai terroristi islamisti alla presenza di autorità politiche che si dicono di una laicità così laica da approssimarsi alla negazione di Dio. Incapaci, queste autorità, di dimostrarsi nel primo dovere loro affidato: difendere la popolazione che abita il territorio. Escono dalle chiese e dichiarano laicamente che non hanno paura. Io non ho paura, diventa uno slogan virale buono per le povere animelle, laiche, di mezza Europa e rilanciato dai giornalistucoli iscritti al sindacato. Anche con questa dichiarazione, queste autorità, dimostrano la povertà tutta del linguaggio e quindi del pensiero. Non si tratta di avere paura ma di rispettare la vita. Quando si rispetta la vita si rispetta la morte. La vita, come la morte, accade una volta sola. E se ne coglie l’assoluta grandezza. Non si tratta di avere paura, un sentire sentimentale dettato dall’occasione del momento. Si tratta della verità. Disdicendo la verità, i bimbi come Julien, Charlie, continueranno a morire. E con loro, noi tutti.
(Avanti tutta con le facoltà di scienza della comunicazione).

E.T.

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