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Italia stretta tra UE, Cina e pensiero debole. E intanto Conte.. di Andrea Pasini

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Una cosa sia chiara, anzi inequivocabile, c’è in corso d’opera una guerra senza quartiere contro l’Italia. Protagonista il Governo Conte. Ma andiamo per gradi. Gli Stati generali hanno visto l’esecutivo arroccarsi a Villa Pamphili e lanciare il loro monito ponderando sui fantamiliardi, provenienti dall’Unione Europea, reali solo su carta. In tutto questo il Recovery Fund non è ancora nato come racconta Simone Di Stefano: “Nessuno può dire con certezza se vedrà mai la luce, ma il governo Conte rinchiuso nel ‘Casino del Bel Respiro’ sta già spendendo i suoi miliardi che non esistono. La smania di Conte e soci è esattamente quella del disperato che, con gli ultimi spiccioli rimasti in tasca, compra il suo biglietto della lotteria”. Quella in gioco è una scommessa, ma è il vostro futuro ad essere sul tavolo ed i croupier sono la BCE e l’Unione Europea. In sottofondo, davanti ad una scena da armata Brancaleone, si possono sentire le risate fragorose degli olandesi, degli austriaci, dei finlandesi e dei tedeschi. Un po’ come quando, lo scorso aprile, il premier dei Paesi Bassi Mark Rutte con un ghigno a 32 denti stimolato dalle frasi di uno spazzino dichiarava: “Non daremo soldi all’Italia”. Siamo una barzelletta, ma qui c’è in gioco la sovranità del tricolore. E scherzare è vietato.

A livello planetario si sta consumando una battaglia silenziosa per il dominio del globo. La Cina, con i  Stelle spesso al seguito, ha fatto la sua mossa. E la situazione pre, durante e post (?) Covid-19 sta favorendo i suoi passi. L’asse Pechino-OMS ha coperto le colpe del regime cinese tanto che il Wall Street Journal, lo scorso 6 aprile, titolava a nove colonne: “World Health Coronavirus Disinformation – WHO’s bows to Beijing have harmed the global response to the pandemic”. Del resto il numero uno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, è espressione diretta dell’esecutivo Xi Jinping. Nel 2016 quando era ministro degli Esteri dell’Etiopia saldò i rapporti con la Cina ed il 23 maggio 2017, poco prima della sua elezione alla presidenza dell’OMS, si cimentò in una conferenza all’insegna della cooperazione tra l’immenso impero rosso e le nazioni del terzo mondo. Tutto studiato a tavolino, i pedoni si muovono sulla scacchiera e noi restiamo a guardare. Del resto era proprio Mao Zedong a dire: “Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente”. Confucianesimo applicato alla politica, mentre noi abbiamo dimenticato gli insegnamenti de Il Principe di Nicolò Macchiavelli.

In quest’ottica si inserisce, perfettamente, David P. Goldman, che qualche mese fa sulle pagine de Il Foglio asseriva: “I comunisti sovietici dicevano ai loro scienziati: ‘Inventa qualcosa di nuovo e ti daremo una medaglia e una dacia’. La Cina dice: ‘Inventa qualcosa di nuovo, lancia un’offerta pubblica iniziale e diventa miliardario’”. Ci troviamo davanti non ai burocrati “ubriachi e corrotti” dell’Unione Sovietica, ma ad una “élite di mandarini laureati” con tutta la fame del mondo e pronti ad inglobare lo scenario politico planetario. Mentre Conte e governo sono troppo proni sulla Via della Seta.

A proposito di inginocchiati qui entriamo nell’agone che deciderà il futuro del singhiozzante Occidente. I nuovi iconoclasti, quelli che abbattono le statue di Cristoforo Colombo negli States e deturpano quella di Indro Montanelli a Milano, mettono in discussione la nostra egemonia culturale per colpire Donald Trump in vista delle elezioni di questo autunno. Vero snodo cruciale del sovranismo/populismo. Ma non dobbiamo perdere la rotta. Come afferma Adriano Scianca, nell’ultimo numero de Il Primato Nazionale, bisogna centrare l’obiettivo: “E invece, come sapevano sia Nietzsche che Gentile, il passato è un campo di battaglia che resta sempre aperto, costantemente soggetto di mire egemoniche e a contronarrazioni. Ecco: non si risponde alla furia ideologica di chi vuole mettere in discussione tutta la nostra storia dicendo che però ‘Montanelli era un bravo giornalista’. Si risponde avendo la forza e la capacità di una nuova egemonia culturale sulla memoria, innanzitutto, e cercando gli strumenti per imporla in modo nuovo nello spazio urbano.  I distruttori non vengono mai vinti dai restauratori, ma solo da costruttori”. E noi dobbiamo essere carpentieri del nostro futuro politico, culturale e sociale.

Sì, perché la trincea scavata da Donald Trump, in vista delle prossime elezioni, è quella che noi dobbiamo difendere con ogni discorso, scritto ed argomento. I Russiagate, gli Obamagate ed i disordini sociali scoppiati nella multietnica America dimostrano quanto l’operato del pensiero di destra – non solo economico, ma anche di popolo – sia una minaccia concreta per quella politica Dem (elaborazione mentale di Hillary Clinton ed incarnata oggi da Joe Biden). Che sia Washington, Roma o Parigi bisogna scacciare il pensiero debole e riappropriarci dei posti di comando, perché il deep-state instaurato, qui nella nostra magnifica Italia, dal PCI dagli anni ‘50 ha ancora radici solide e senza trovare il bandolo della matassa saremo vittime del destino. E per insorgere contro il fatalismo, come insegnava Domenique Venner, dobbiamo tornare timonieri della sorte.

Andrea Pasini – Trezzano sul Naviglio 

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