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‘Io la vita me la sono guadagnata, scopata e bevuta’. Omaggio a Tomas Milian

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Per controbilanciare tutte le cazzate che stiamo leggendo, Ticino Notizie propone un pezzo di Barbadillo.it che parla di Tomas Milian (quello vero)

“E io la mia vita me la sono guadagnata, me la sono scopata, me la sono bevuta”. E’ la storia di un eterno ragazzo che cerca di riempire un buco, che vive mille vite per riuscire a dare un senso alla sua. E che adesso, a ottantuno anni, si può togliere lo sfizio di raccontare la sua vita senza timori, senza nascondere la sua bisessualità (e anzi, facendosene una sorta di medaglia) e senza paura di confessare l’inconfessabile: “non sono mai riuscito ad essere comunista”.

“Monnezza, amore mio” è un libro strano. Perché, innanzitutto, è limitata l’immagine che, tutti noi, abbiamo del suo protagonista, Tomas Milian. Per troppi, è solo l’interprete di una macchietta per altri è solamente il volto della granitica icona di un’umanità che s’è ormai estinta. Ti aspetti trecento pagine incentrate tutte sul poliziottesco e invece ti trovi a leggere una lunghissima dichiarazione d’amore a Roma. Ti aspetti capitoli interi sul cosmo di Nico Giraldi o di Marazzi Sergio, alias Er Monnezza, e invece ti trovi a leggere episodi, realmente accaduti, che nemmeno la mente visionaria di Quentin Tarantino è riuscita a immaginare, fatti che calzerebbero alla perfezione in un film di Lars Von Trier e che mai e poi mai ti aspetteresti sullo sfondo della Roma della Dolce Vita o dalla bigotta New York degli anni Cinquanta. Il lato oscuro delle stelle e del loro mondo di cartone e Milian, ragazzotto arrogante e talentuoso come solo un latino può esserlo, arrivato da Cuba con il conflitto irrisolvibile di un padre suicida praticamente davanti ai suoi occhi, può permettersi il lusso di raccontarlo. Fatti, episodi e situazioni talmente complicate, folli e strane che chiamano in causa – accanto alla voce narrante di Milian – il robusto vocione sguaiato der Monnezza che, senza regolarità ma quanno glie pare a lui, interviene a commentare i racconti che, di volta in volta, l’attore cubano imprime sulla carta.

Non ha timori a raccontare di essere stato l’amante di numerosi uomini. A volte per necessità, per procurarsi un tetto, per “pagare” l’ospitalità, il vitto e l’alloggio che gli veniva offerto dai più strambi Pigmalioni che ha incontrato lungo la sua strada. Alcuni generosissimi, a cui cercherà di ricambiare i favori di ospitalità e sostegno. Altri interessati solo al sesso, capaci di cacciarlo di casa per aver consumato di nascosto una scatola di caviale Beluga.

Dai film impegnati, Milian racconta come – di volta in volta – ha cambiato pelle, forma, vita e vite. Negli Stati Uniti nasce come attore impegnatissimo, prosegue così in Italia per poi decidere di intraprendere la via del selvaggio West prima e del genere poliziottesco poi. Con, addirittura, una parentesi da cantante pop. Ad un certo punto pianta tutto. Se ne va in India, da Sai Baba, e poi torna negli Stati Uniti. Era una star italiana, finisce a recitare da semisconosciuto nelle serie tv americane (come il cult Miami Vice) prima di riuscire ad imporsi al mondo come il Generale Salazar in “Traffic”. Ma perché? Per seguire il sogno del “film americano”, dell’affermazione personale. Solo? Troppo semplice. Perché Tomas Milian, che non è il Monnezza e che anzi lo invidia, lo ama, lo tiene a modello di vita, è un uomo fragile con un destino poco invidiabile. Riempire il buco lasciato dal proiettile sul corpo di quel padre freddo, violento e mai veramente amato.

Leggere “Monnezza Amore mio” potrebbe deludere i cacciatori di aneddoti del cinema anni ’70. La lezione vera è quella di un uomo che si mette a nudo, mostrando – per la prima volta in Italia – l’altra metà di Tomas, quella dei sogni, delle speranze, delle difficoltà, delle trasgressioni, delle frustrazioni, delle paure, dei riti vudù, delle orge, dei capricci, della fame, delle psicosi, della tristezza. Di un uomo che a cinquant’anni suonati, per non far morire di vecchiaia er Monnezza, ha preferito scomparire. Ripartendo da zero. Il coraggio dell’amore senza compromessi per l’inesistente, di venerazione e rispetto per il sogno suo e di milioni e milioni di persone comuni. E il coraggio del superamento di sé stessi, per rinascere – dopo mille difficoltà – nei panni di un generale corrotto, nemesi dell’odiato-amato padre. Senza dare colpe a nessuno e senza chiedere giudizi a nessuno. Perché, Tomas, la sua vita se l’è guadagnata. E perciò ha avuto tutto il diritto di scoparsela e bersela.

*”Monnezza Amore Mio” di Tomas Milian con Manlio Gomarasca, (Rizzoli, pagg. 290. euro 18,50) 

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