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Dall'archivio:

Inveruno: morto Mario Galvagni, che cullò un’idea tutta sua di Bellezza (e di Architettura)

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Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

 

INVERUNO- BERGEGGI (SV) –

Aprono le ali
Scendono in picchiata atterrano
Meglio di aeroplani
Cambiano le prospettive al mondo
Voli imprevedibili ed ascese velocissime
Traiettorie impercettibili
Codici di geometria esistenziale

Siccome Franco Battiato è stato recentemente leso nella sua grandezza, cominciamo da lui. Cominciamo da uno dei suoi straordinariamente affascinanti testi (checché ne dica la signora Murgia), Uccelli, risalente a 1981, per cominciare a celebrare la figura e la memoria dell’architetto Mario Galvagni, morto a 92 anni all’ospedale di Niguarda.

Il nome dell’architetto è inscindibilmente legato a Inveruno, dove Galvagni ha realizzato opere di indiscussa rilevanza: l’archivio Giovanni Marcora (1991), e prima ancora le ville Belloli e Cattaneo Parisi.

Mario Galvagni, nato a Milano nel 1928, si era laureato al Politecnico di Milano nel 1953, dopo gli studi alla Scuola del Libro dell’Umanitaria di Milano nel 1942, si era diplomato al Liceo Artistico di Brera e successivamente in Pittura all’Accademia di Brera. Dal 1981 era socio ricerctore della Società Italiana di Fisica. Questa sua attitudine alla multidisciplinarietà l’ha applicata all’architettura a cui ha dedicato tutta la vita. Le prime opere vengono realizzate nella Liguria di ponente dove sperimenta il rapporto tra architettura-sito-paesaggio.

“L’incarico di progettare la “Località per le vacanze” di Torre del Mare-Bergeggi-(Savona)-scrive Galvagni- è dovuto alla mia vincita del concorso che, il suo promotore, Pierino Tizzoni ha indetto nel 1953-1954. Torre del Mare è ora una frazione del comune di Bergeggi. È stata fondata nel 1954-55 da chi scrive e dal signor Pierino Tizzoni, con il contributo dell’amministrazione del comune omonimo, a seguito di un Concorso di Architettura indetto dal Tizzoni stesso[…] Quando arrivammo all’anfratto sull’Aurelia subito ci inerpicammo a piedi sulla collina tra pietre-continua Galvagni- licheni ed erbe profumate, di timo, ginestra, lavanda e limonina. Fu una sorta di immersione totale nelle morfologie e nei profumi della collina e gli illustrai i principi a cui bisognava attenersi. Inoltre dal punto di vista urbanistico si doveva inventare tutto. Allora non esistevano ancora leggi urbanistiche univoche sulle infrastrutture e sugli oneri di urbanizzazione. Ebbene Tizzoni fu subito disponibile ad accollarsi tutti gli oneri eseguendo strade, fognature , acquedotto a sue spese”.

(Nella foto sotto, concessaci da Paolo Marazzi (proprietario dell’Oblivion), ecco l’architetto Galvagni che conversa con lui sulla terrazza realizzata sul finire degli anni Cinquanta a Torre del  Mare-Bergeggi)

Abbiamo conosciuto l’opera di Galvagni frequentando assiduamente quella che è forse la sua opera più iconica: l’attuale sede dell’Oblivion Bar di Torre del Mare (Bergeggi), dove da anni Paolo Marazzi (la cui famiglia ha collaborato con Mario Galvagni dalla fine degli anni Cinquanta) ha realizzato uno dei cocktail bar più iconici della Ligura. E di tutta Italia.. Un’opera che mostra, nelle sue ardite traiettorie che omaggiano il mare che vi si affaccia frontalmente, e lo splendido isolotto di Bergeggi, come quella di Galvagni fosse una autentica ossessione per la Bellezza.

Parleremo ancora di Mario Galvagni. Per ora basti citare quanto scritto su di lui e di recente su ArtTribune, nel marzo 2020, da Luigi Prestinenza Puglisi.

“Inesauribile nel proporre soluzioni, Galvagni ha elaborato centinaia di schemi e di ipotesi progettuali. Molti dei quali, vi confesso, faccio fatica a capire perché spesso sono concettualmente complessi, se non astrusi, e presentati in forma criptica. Occorre però dargli fiducia. Infatti le numerose opere costruite ci mostrano di funzionare perfettamente, di ben integrarsi ai luoghi, di non essere affatto quelle opere arbitrarie che la critica vorrebbe bollare. Compresi i progetti che sembrano più forme scultoree che architettoniche. Tanto più che personaggi come Gehry hanno poi dimostrato che ci sono tra le due discipline molti più punti di incontro di quelli che riusciamo a immaginare. Qualcuno ha notato che nelle proprie opere Galvagni si rifà all’insegnamento di Frank Lloyd Wright. Affermazione questa che l’architetto nega, sostenendo che, all’epoca in cui lui aveva eseguito buona parte dei lavori, la sua conoscenza del maestro americano non era particolarmente approfondita. Sebbene le affermazioni dei progettisti siano sempre da prendere cum grano salis, non c’è ragione per non credergli. Nel momento in cui vengono rimossi preconcetti e freni inibitori, il gioco delle forme può portare a risultati simili anche percorrendo strade diverse. E difatti nella ricerca di Galvagni non è difficile notare altri punti di contatto, per esempio con Finsterlin o Sacripanti”.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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