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Impianto Accam, otto Comuni (tra cui Legnano e Busto Arsizio) interrogano Cap e Agesp

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LEGNANO – Alla ribalta, prima o dopo, ci finisce sempre. Vuoi per la sua situazione critica, vuoi perché chi vi conferisce rifiuti e quote, sul suo futuro, vuole avere un po’ di chiarezza. Non c’è ormai voce che non si elevi per chiedere qualche punto fermo sulla questione del futuro del consorzio Accam e dell’inceneritore da esso gestito a Borsano di Busto Arsizio. Tanto è che  otto comuni, Arconate, Busto Arsizio, Legnano, Magnago, Robecchetto con Induno, Turbigo e Villa Cortese, hanno preso carta e penna e scritto a Cap holding  e, per conoscenza, alla stessa Accam e all’Agesp di Busto Arsizio. “Ci è noto -scrivono rivolgendosi al presidente del Cap  – come il gruppo da tempo sia impegnato nel raggiungere ambiziosi obiettivi di natura ambientale, e, più in generale, nel promuovere la sostenibilità sul territorio. Ne è prova quanto  si legge nel piano di sostenibilità approvato dall’azienda che è, ci pare, impegnata in un’ampia  riflessione sull’opportunità che le utility possano cogliere dall’adozione  di un approccio autenticamente circolare all’economia”. Subito dopo gli estensori del comunicato chiariscono che, diversamente da quanto accade per un sistema economico lineare, “che parte dalla materia prima vergine e arriva al rlfiuto, un’economia circolare prevede che i prodotti di oggi siano le risorse di domani”. Insomma, trattamento di rifiuti al presente con un occhio sui benefici futuri che questo trattamento particolare potrà riservare.   E nella consapevolezza che lui, il rifiuto, possa almeno in parte spogliarsi di questa definizione per andare a essere linfa vitale per altre soluzioni a tutto beneficio dell’ambiente.   E secondo la logica del più materie prime da recuperare, meno scarti da produrre. Tanto più che, proseguono,  “l’economia circolare si basa su fonti energetiche di tipo rinnovabile e prevede l’eliminazione dell’uso di sostanze dannose per l’ambiente”. I sindaci sottolineano come i vantaggi derivanti da una gestione circolare abbiano ampio conforto da alcune ricerche compiute e indicano un esempio di buon percorso in una realtà che, pur non rientrando nell’ambito territoriale dell’Altomilanese, è però a un soffio di pochi chilometri, cioè l’inceneritore di Sesto San Giovanni, andato incontro a un  percorso di riqualificazione.
“Un percorso – spiegano i sindaci – che sta coinvolgendo molti territori della Città Metropolitana di Milano e che le nostre amministrazioni hanno particolarmente apprezzato”. Amministrazioni che condividono diversi punti di comunanza. A costruirla hanno concorso “anni di relazioni produttive, antropiche, e sociali che hanno contribuito alla crescita di un territorio particolarmente strategico da un punto di vista industriale e logistico”. Il nome Accam  sale sulla scena subito appresso.  inscatolato tra le realtà di Lonate Pozzolo, Triuggio e Origgio. Ed è parte, o meglio, deve esserlo, evidenziano i primi cittadini, di “una riflessione congiunta sulle opportunità che per questo territorio si potrebbero aprire da una valorizzazione e un ripensamento degli asset potenzialmente coinvolgibili in un piano di sviluppo territoriale di economia circolare”- E in questa riflessione Cap ci può rientrare, ad avviso degli estensori del comunicato, a pieno titolo e con il suo bagaglio non irrilevante di competenza in materia. Il nome Accam compare  una volta soltanto. Ma per capire che il riferimento va in quella direzione non servono supplementi di fantasia o elucubrazioni di fini analisti. E dunque, che fare? Un concetto, lungo la scansione della lettera inviata dai sindaci , appare in tutta evidenza: alla questione Accam ci si deve mettere mano e subito, tutti insieme e non in ordine sparso, capendo cosa quell’inceneritore possa dare di benefico al territorio per l’immediato futuro qualora se ne disegni in modo chiaro e preciso il destino. Che  è una richiesta riassunta dal consigliere del “Movimento dei cittadini” Franco Brumana, non da oggi battagliero sulla questione inceneritore, in tre parole d’ordine: chiarezza, sincerità e trasparenza. Che, per lui, passano prima di tutto dalla constatazione del “grave stato di crisi” in cui Accam versa, poi dall’adozione di “decisioni serie e, se del caso, drastiche”. Definendo “assurdo” il piano di salvataggio “lasciato in piedi per un paio di mesi ed elaborato da Amga”, Brumana si sofferma poi sul “Piano B , operazione di enormi dimensioni affidata a Cap Holding”. E osserva: “la lettera del sindaco di Legnano e di altri sette sindaci appare una supplica a questa società di diventare promotrice di un piano di sviluppo di economia circolare in una microarea”. Brumana nutre qualche perplessità sull’ambito interamente pubblico dell’operazione che ne potrebbe derivare volgendo lo sguardo a quella che definisce “la disastrosa esperienza di Accam interamente pubblica”. E fatica a vedere una correlazione tra economia circolare e salvataggio di Accam.  Aggiungendo che “è eccessivo che, con la nobile giustificazione dell’economia circolare, si recepiscano anche i fanghi dei depuratori prodotti altrove”. L’avvocato e consigliere comunale legnanese bolla in compendio la lettera degli otto sindaci come “un espediente per fare figurare una richiesta da parte delle popolazioni della nostra zona che giustifichi l’avvio di un’operazione industriale di enorme portata”. Le opinioni sono dunque eterogenee, divergenti e supportate da uno stuolo di   argomentazioni. Ma la domanda è sempre là, come colui che, inconsapevolmente perché non essendo essere senziente non la può cogliere: che ne sarà dell’impianto di Accam?  Domanda, per ora, dalle mille risposte, e da nessuna.
Cristiano Comelli

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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