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Il referendum “farlocco” sul Meazza della Giunta Sala e perché San Siro non si deve toccare MAI

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Dietro l’annunciato abbattimento di San Siro la speculazione edilizia e un modello di calcio business che cambia. Con Massimo Moratti e Silvio Berlusconi una cosa del genere non sarebbe mai successa
 

MILANO – E’ di questa mattina la notizia che la Giunta di Beppone Sala, noto tifoso interista, vorrebbe addolcire la pillola sulla vicenda nuovo stadio, avviando una sorta di dibattito pubblico.

In realtà, una sorta di referendum ‘farlocco’ fatto a giochi chiusi, rispetto a quello che sarà il futuro dell’area, dove oggi insiste non solo la cattedrale del calcio italiano (ma anche europeo a giudizio di chi scrive. Si contende lo scettro solo con il Santiago Bernabeu di Madrid e il Nou Camp di Barcellona ndr), ma più in generale, tutto il perimetro del quartiere, che secondo il progetto approvato in Giunta sarebbe destinato a cambiar volto, diventando una sorta di ‘Cittadella/Distretto dello Sport’. 

 

Or bene, non siamo dei talebani del cambiamento. Quindi, l’idea di realizzare un ‘distretto verde’ dello Sport (anche se ci sarà molto altro) indubbiamente è un progetto ambizioso. Peraltro, i lavori e le ruspe sono già in azione rispetto a quello che era il vecchio Trotter che sorgeva a lato di San Siro, per intenderci, in linea parallela con quello che è il rettilineo della tribuna arancio. 

Quello che non si capisce dentro a questo progetto è il perché anziché mettere mano a quello che ad oggi è uno degli stadi con la visuale migliore (anche dal terzo anello!) in circolazione e che è comunque dotato di un certo confort – non dimentichiamoci che negli ultimi anni il ‘Meazza’ ha ospitato una finale di Champions League e in quell’occasione è stato parzialmente riqualificato, sia per quanto riguarda la tribuna arancio al primo anello, sia per quanto riguarda tutti i servizi sanitari presenti sui tre anelli dello stadio – oltre ad essere un simbolo, debba essere in pratica raso al suolo.

Già perché l’idea di tenere in vita una sorta di ‘cimelio storico’ del vecchio stadio, abbattendo la stragrande maggioranza delle tribune resta una sorta di sfregio alla Storia e alla Memoria della città di Milano, oltre che delle migliaia di appassionati che in questi anni hanno affollato quelle tribune e quei gradoni,  trasformandoli in una sorta di loro seconda casa.

 

Questo mal riuscito progetto di archeologia industriale, ad avviso di chi scrive, appare ancor più offensivo di chi aveva in mente di radere al suolo tout court La Scala del Calcio.

Purtroppo, la guerra al ‘Meazza’ è partita da lontano. Qualche anno fa è saltata fuori in epoca pre Covid, la risibile teoria che lo stadio non era sicuro dal punto di vista strutturale. Si diceva che lo stadio vibrasse troppo, quando, per esempio gli ultras delle due curve si mettevano a saltellare, oppure, banalmente nel momento dell’esultanza del gol.

Peccato che per sua natura, e questo ve lo direbbe qualsiasi ingegnere specializzato, uno stadio deve vibrare ed essere elastico per definizione. Sarebbe molto peggio se non fosse così. Ma tant’è, un’azione mediatica bella e buona per iniziare a screditare il Meazza.

Di fatto, all’epoca anche La Gazzetta dello Sport vi dedicò ampi servizi, e in quel caso, abbiamo buona memoria, interpellò diversi “addetti ai lavori”, che sbugiardarono e sconfessarono le teorie dei catastrofisti….

Sta di fatto che ancora oggi, i settori centrali del terzo anello verde e blu, restano chiusi per motivi di sicurezza. In realtà, una evidente ‘pagliacciata mediatica’ per ricordare a chi frequenta il Meazza che lo stadio ha i suoi anni e poi non è così sicuro…. Una teoria che non sta in piedi, perché se così fosse, lo stadio non dovrebbe esser nemmeno aperto al pubblico. 

Il nodo dello stadio di proprietà è quello che da anni ha portato le Società di Inter e Milan ad interrogarsi sull’eventualità di un nuovo stadio. Se ne parlava già anni addietro, ma gli interlocutori dell’epoca erano di tutt’altra pasta e soprattutto erano milanesi con il cuore in mano: Silvio Berlusconi e Massimo Moratti.

 


Il Silvio e il Massimo, non avrebbero mai accettato di far scempio del Meazza. Perché come chi scrive erano e sono troppo legati a quello stadio. Ricordi importanti, scolpiti nella memoria, che portano a papà Luigi e a papà Angelo.
Tant’è che Milan e Inter all’epoca dialogavano con il Comune su altri binari, da un lato, si percorreva la strada di rilevare lo stadio, dall’altro quello di farsi uno stadio di proprietà ma senza toccare San Siro che sarebbe potuto toccare ad una delle due Società, o diversamente, diventare lo stadio che ospita competizioni della Nazionale o altro ancora.

Nessuno, sottolineiamo nessuno, aveva giustamente l’ardire di sfregiare o ancor peggio picconare, un monumento che ha un valore che va ben oltre quello sportivo.

Certo, il tema degli incassi non è cosa da poco del calcio business attuale. Chi scrive si ricorda bene una statistica che rimase ben impressa: nell’anno del Signore 2010, ossia l’anno dell’Inter del Triplete, il botteghino nerazzurro fece segnare 25 milioni di euro.

Un incasso che, seppure in una stagione magica, e forse irripetibile – di sicuro finchè rimarrà la proprietà mandarina – era comunque una bazzecola rispetto ai 120/130 milioni di euro che Real Madrid e Barca si portavano a casa in media a stagione.

Logico, allora, che con l’arrivo delle nuove proprietà che con rispetto parlando, non hanno nè arte, nè parte, ma soprattutto non hanno un idem sentire rispetto a quella concezione ambrosiana del calcio e della vita, incarnata da Massimo Moratti e Silvio Berlusconi, si sarebbe andati verso questa deriva.

 

Ed allora ecco che lo scempio sta andando in onda.

L’unica cosa certa per noi nostalgici e difensori ad oltranza del Meazza è che fino al 2026 San Siro resterà lì dov’è. Non sarà toccato. Anzi, dovrà essere abbellito e avrà un nuovo “maquillage”, se è vero che ospiterà la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici Milano Cortina.

Ci sono ancora cinque anni per difendere la Cattedrale del Calcio. C’è un lustro a disposizione per organizzare una mobilitazione popolare nel segno del rispetto della Storia, della Memoria, ma soprattutto del buon senso.

Perché il ‘Meazza’ con la sua stessa storia a step è lì a dimostralo. Costruito in epoche diverse. Prima solo la parte bassa, poi il secondo anello (i famosi “popolari”) e infine in occasione di Italia ’90 il terzo anello. Quasi 85 mila posti (oggi con la ‘pagliacciata’ dei settori pericolanti poco più di 75 mila) di autentica passione, fomento, e amore per lo sport più bello del mondo e, soprattutto, autenticamente “italian popolare” (piantiamola lì con quelli che ci continuano a parlare di rugby e amenità varie, perchè non è parte della nostra storia e cultura).

La storia di San Siro ci viene incontro: ci dimostra come il gigante di cemento, si sia saputo sempre adattare alle esigenze dell’epoca e della società del tempo. Se oggi si rifiuta questa ipotesi,  a parere di chi scrive, è chiaro che si vuole segnare un solco col passato.

Un segnale discontinuità che però fa capire a molti appassionati del ‘furball’ come dicevano i nostri vecchi (come il mio nonno Luigi che inforcava la bicicletta per andare prima all’Arena Civica e poi a San Siro..) con una contrazione tra il dialetto e il più anglofono football, che forse è il caso d’interrogarsi su dove stia andando a finire il calcio.

E soprattutto se è questo il modello che abbiamo mai immaginato. Ovviamente NO.

Nessun falso moralismo d’accatto, beninteso. Ma un’analisi lucida su che cosa era il gioco del calcio e su che cosa sta diventando.

E’ ragionevole, parliamo in casa nerazzurra, di aver avuto un presidente (?) Erik Thoir che ha acquistato il club ad un prezzo e poi attraverso operazioni economiche finanziarie che definire border line è generoso, ci ha guadagnato e parecchio?

E’ ragionevole che oggi il presidente dell’Inter e la sua famiglia manchi da Milano da mesi, abbia seri problemi con la giustizia e il fisco del proprio Paese e le poche volte in cui manda dei ‘segnali di fumo’ sia solo per spremere Società e soprattutto tifosi nerazzurri? (la gestione della “biglietteria Inter” in questo anno post pandemia, con prezzi che vanno su e giù a seconda delle convenienze, con costi che vengono anche quadruplicati è lì da vedere, oltre ad essere una cosa scandalosa, non molto distante dal “bagarinaggio legalizzato”).

 
E’ evidente allora che questo modello mal sano rischia di andare a schiantarsi e può anche essere che un giorno i tifosi decidano di mandare un chiaro e definitivo segnale di dissenso.
Le tanto bistrattate curve – che tornano in auge solo in questi giorni per la bellissima coreografia che la Sud milanista ha dedicato agli Eroi del Covid – da tempo denunciano questa situazione.

Ricordiamo una coreografia stupenda della Nord interista sul tema, già qualche anno addietro durante un Inter Napoli. Per certi versi, profetica e lungimirante. Si parlava di calcio business rispetto all’affare della TV a pagamento, ma quello era solo l’inizio di quella che può essere una fine per autodistruzione o implosione se preferite. 

 

 

Oggi, occorre ripartire da quei messaggi, tutti coesi e uniti più che mai, perché gli indizi che qualcuno alla fine guasterà il giocattolo, ci sono tutti e siamo già in ritardo. 

 

 

Fabrizio Valenti

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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