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Il paese nascosto nella memoria degli emigrati della riva sinistra del Ticino

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Nella seconda metà dell’Ottocento l’emigrazione – intesa come valvola di sfogo per la pace sociale –  fu facilitata dal Governo attraverso l’istituzione di Agenzie per l’Emigrazione che contavano su migliaia di agenti che si recavano nei paesi per reclutare lavoratori su ognuno dei quali riuscivano a convincere ad espatriare incassavano la ‘cagnotta’. (0)Dietro l’emigrazione – allora come oggi – si nascondevano gli interessi di chi organizzava il viaggio, degli armatori, responsabili delle tante morti nella traversata oceanica. Poi l’arrivo a Ellis Island (l’Isola delle Lacrime), la quarantena, la visita medica, gli interrogatori e l’invito perentorio a ‘diventare americani!’. Una tale drammatica cancellazione della propria identità rese difficile processo di integrazione degli Italiani negli States. Anche perché non fummo ben accolti: ingiurie epiteti,  al punto che nella società americana la nostra posizione era appena al di sopra i negri. I contadini che alimentarono la prima immigrazioni lavorarono come minatori, costruttori di ferrovie (la metropolitana di New York fu in buona parte costruita da Italiani): lavori pesanti e umili. Il clima di ostilità contro gli italiani perdurò per decenni, al punto che solamente i nipoti della prima immigrazione cominciarono ad integrarsi nel tessuto sociale americano. E furono i giovani soldati che arrivarono in Italia con gli Alleati, durante la seconda guerra mondiale, i primi a conoscere la bella terra dei loro padri.

Un secondo esodo prese forza nel secondo dopoguerra, ma il nascente miracolo economico italiano lo interruppe bruscamente fino ad arrivare all’agosto 1991, quando una carretta del mare stracolma di albanesi, indicò che da esportatori di manodopera eravano diventati degli importatori di forza-lavoro. Poi arrivarono gli altri che si piazzavano ai semafori allungando la mano. Oggi sono diversi i Paesi che forniscono manodopera all’Italia e l’Africa è in primo piano con tutti i problemi legati all’immigrazione selvaggia che fa capo a Lampedusa.

Da quando, nel 1986, pubblicai su ‘Contrade Nostre’ un lunngo articolo su La Merica – valendomi anche di un’indagine sociologica pubblicata negli States  da Gary Ross Mormino – ho raccolto una montagna di notizie (nomi, esperienze, testimonianze, richieste di aiuto) sull’emigrazione oltreoceano della gente del Ticino, che non ho mai avuto occasione di pubblicare. Con l’arrivo di internet le richieste si sono moltiplicate e le mail hanno inondato Parrocchie e Comuni, ma a cui nessuno dà risposta. Qualche persona di buona volontà, come Luisa Vignati, consulta i registri parrochiali di Robecchetto e Malvaglio, ma quando non riesce a trovare riscontri, oppure deve rivolgersi ad altre parrocchie, non può far altro che scrivere e rimanere in attesa. Mi ero ripromesso di fare avere –  quanto avevo diligentemente raccolto – a Ernesto R. Milani, certamente il ricercatore che maggiormente ha studiato il fenomeno a livello regionale-nazionale, ma non ci sono riuscito. Quindi, giunto vicino al traguardo, per dare un alito di vita alle ricerche effettuate in tanti anni e in parte pubblicate le sigillo sui blog a cui collaboro.

Un fenomeno straordinario quello dell’emigrazione dal Mandamento di Cuggiono a cavallo tra Ottocento e Novecento (1880-1920). Un Mandamento formato dai dodici Comuni (Arconate, Buscate, Busto Garolfo, Castano Primo, Dairago, Inveruno, Magnago, Nosate, Robecchetto, Turbigo, Vanzaghello e Villa Cortese) con 30mila abitanti dove si ebbero ben 12.500 partenze! Buona parte degli emigranti si indirizzò verso St. Louis, nello Stato del Missouri (Qui, nel 1907 furono censiti 2095 lombardi dei nostri paesi e 1050 siciliani). Gli italiani si insediarono nelle baracche di legno della Hill (la collina più alta della città) e lavorarono nelle cave di argilla e nelle fornaci di mattoni. Ma anche a Herrin – gemellato con Cuggiono – trovarono casa molte famiglie della riva sinistra del Ticino, così come a Joliet, sempre in Illinois. La motivazione che ci ha spinto ad ordinare vecchie fotocopie ingiallite, pazientemente conservate, è stata il ‘sentiment’ ritrovato in tante persone che avevano ancora – dopo più di un secolo – il paese originario nella memoria, perché i luoghi hanno  maggior valore delle persone che li hanno vissuti.

TURBIGO-ROBECCHETTO. Partirono in tanti, alcuni ce l’hanno fatta e sono rimasti là, ma poi sono ritornati, magari qualche generazione dopo, altri sono morti in miniera. In pochi sono riusciti a fare il gruzzoletto e a ritornare in paese per costruirsi la casa. Allora, l’economia americana era in una fase di grande espansione industriale e, per chi veniva da un’economia agricola come la nostra – dove si rimaneva ad aspettare che il fagiolo maturasse – era un miraggio. Molti dei nostri connazionali che partirono non sapevano neanche scrivere e non si può dire che l’America abbia loro aperto le braccia, nonostante avesse bisogno di mano d’opera a basso costo.  Ellis Island è rimasta lì a documentarlo.

Nel libro Induno-Malvaglio Padregnano-Robecchetto (1997) in una decina di pagine, fitte fitte, abbiamo elencato nomi e cognomi di tutti coloro che richiesero il passaporto negli anni dal 1901 al 1909.  In seguito, Marta Langè ha precisato, nella sua tesi si laurea, che nel periodo in questione ben 567 persone chiesero il passaporto: 289 per il Nord America; 69 per il Sud America; 209 per l’Europa.

Per quanto riguarda Turbigo la tesi di laurea di Marco Giudici (1) registra la presenza italiana in Utah: “Dalle liste passeggeri di Ellis Island risulta che circa 150 turbighesi raggiunsero l’Utah tra il 1892 e il 1923. Si tratta della più consistente corrente migratoria turbighese in Nord America, pari al 23 per cento di tutte le partenze per gli Stati Uniti. Il probabile pioniere di questa catena fu Giovanni Cappelletti, il quale approdò a Castle Gate nel lontano 1885 all’età di 34 anni. Per molti turbighesi la permanenza fu solo temporanea, per alcuni, invece, si rivelò definitiva. Nei pressi di Helper, uno dei principali centri della Carbon Country (contea del carbone) ancora oggi vivono famiglie di origine turbighese. Ne ho avuto conferma dal sindaco Mike Dalpiaz (di origini trentine), il quale mi ha rivelato che, tra i suoi cittadini, figurano ancora dei Bonza, dei Garavaglia, dei Langé e dei Ruggeri: tutti cognomi molto diffusi a Turbigo”.(2)

I LIBRI DI STORIA LOCALE SULL’EMIGRAZIONE. L’ultimo libro in ordine di tempo che ha puntato i fari su quel fenomeno migratorio è stato quello di Robecco, ma tanti sono quelli che si sono succeduti in questi ultimi vent’anni:

2001 (settembre, CASATE): Em trouà la Merica – Via mare, Via internet  “Abbiamo trovato l’America”, così il gruppo organizzatore Tra da num s’intendum ha voluto titolare la mostra allestita presso l’Oratorio, in occasione della festa patronale del 2001, coi ricordi, le fotografie, gli oggetti personali messi a disposizione dai Casatesi. Sono state ricostruite tante storie (vedere pié pagina) e avviati i contatti via internet con i figli, nipoti e pronipoti dei paesani all’estero. (Città Oggi, 6 settembre 2001). La ricerca è stata condotta consultando l’archivio di Ellis Island dove approdavano le navi degli immigrati, facilitata da un apposito programma: Explore your family history off Ellis Islandattraverso il quale è posibile conoscere la data di arrivo in America e il paese di provenienza. Così si sono scoperti i nomi di Carlo Trezzi, Angelo Grolla, Francesco Ponciroli, Santino Garavaglia, Cesare Crespi… Il 21 marzo 2002, per l’arrivo di due ‘americani’ da Detroit è stata celebrata una Santa Messa con Marica Garascia e John e nella fausta occasione il testo sacro è stato tradotto in inglese: Holi Mass with Marica and John for our Emigrating peoples and their relations. Poi la visita a quello che fu il cortile dei Garascia…

2003 (19-21 luglio, CUGGIONO): Gli emigranti italiani nel nuovo mondo-il caso dell’Altomilanese. La storia della grande diaspora è stata raccolta in un volume a cura della Fondazione ‘Primo Candiani’ onlus. Tre giornate di studio  svoltesi a Cuggiono e in parte a Robecchetto con Induno, furono organizzate dall’Ecoistituto della Valle del Ticino, dalla Fondazione ‘Primo Candiani’ onlus, dall’Italian Club di St. Louis e dall’Immigration History Research Center dell’Università del Minnesota. Vi parteciparono studiosi americani e italiani:

Gary Ross Mormino, docente di Storia Contemporanea all’Università della Florida, conosciuto dagli addetti ai lavori in quanto pubblicò una ricerca sociologica svolta tra gli abitanti della Hill di St. Louis, una città multietnica del Mississippi.  Ha ricordato i cognomi dei primi cuggionesi che arrivarono nel 1884 per lavorare nelle miniere: Caloia, Giassi, Calcaterra, Oldani, Berra. Nel suo intervento  ha ricordato “Il difficile percorso dell’integrazione delle Little Italy nordamericane e il conflitto generazionale”.

Rudolph J. Vecoli, recentemente scomparso, già docente di Storia Contemporanea e direttore dell’Immigration History Research Center presso la Minnesota University,  ha studiato gli italo-americani per 50 anni e raccolto studi e ricerche che occupano 20 chilometri di scaffali  nel suo Centro alla Minnesota University. Un dato: dal 1866 al 1966, 26 milioni di italiani si sono distribuiti nel mondo alla ricerca di pane e lavoro.  Negli U.S.A.  ci furono grandi  pregiudizi nei confronti degli italiani, anche  perché molti di loro – ha detto il professore nella sua prolusione – erano dei sovversivi (socialisti, anarchici) che parteciparono ai grandi scioperi della storia americana. Il 21 luglio il prof. Vecoli parlò anche a Robecchetto sul tema: ‘La società americana dinanzi al fenomeno dell’immigrazione italiana, Gli italo-americani oggi’.

Uomo e studioso di qualità (1927-2008), ai primi di dicembre del 2007 gli amici di Cuggiono ricevettero il seguente messaggio: “Auguri a voi per una vita piena di ricchezze, d’amore, di gioia, di sorprese belle. Scrivo per dare una notizia penosa, ma il messaggio è quello di vivere ogni giorno all’altezza. Mi è stata diagnosticata una leucemia per la quale non c’è cura. Scrivo perché voglio che la notizia vi arrivi direttamente da me e anche per ringraziarvi della vostra amicizia e per i diversi modi coi quali avete arricchito la mia vita. In compagnia alzate un bicchiere di vino im mia memoria”. (3)

2008  (19 giugno, INVERUNO) – Il sogno del Nuovo Mondo di Mario Bollasina. Alla presentazione c’erano le famiglie inverunesi che avevano tramandato il ricordo di quel grande fenomeno: “Sono circa duemila gli inverunesi – ha detto l’autore alla presenntazione –  che hanno lasciato il paese tra il 1880 e il 1925. Alcuni sono andati a lavorare nelle miniere del Belgio, altri in Svizzera, Argentina, Canada, ma la maggior parte presero la destinazione dell’America. Perchè? Gli immobili e le terre erano di proprietà delle famiglie nobili e della grande borghesia. Il 70% delle famiglie erano contadini che vivevano nei cortili: già l’abitazione si mangiava il 40% del reddito. Poi c’era l’affitto dei terreni coltivabili: i contadini dovevano consegnare il 50% del prodotto e di altrettanto che proveniva dalla coltivazione dei bachi da seta”. Nel 1877, la crisi. I cereali americani vennero a costare meno di quelli che si producevano nei terreni ‘magri’ della riva sinistra del Ticino, per cui i più coraggiosi decisero di emigrare per non morire di fame. Era il tempo del “Golden rush”, del carbone e del petrolio: i Nostri preferirono andare a lavorare nelle miniere per guadagnare un po’ di soldi e poi ritornare a casa. Nella seconda parte del libro c’è un elenco di 650 inverunesi presenti nell’archivio di Ellis Island. Il volume si chiude con il racconto di alcune storie di famiglie e con la lettura di alcuni messaggi che le famiglie ‘americane’ (Valli, Balossi, Garagiola, Colombo, Cucchi, Vago, Re) hanno voluto inviare ai loro compaesani in occasione della presentazione del libro”.

2009 ( 22 ottobre, ARCONATE) Alla presentazione del libro dal titolo  La Nostra Merica –  opera di ricerca storica (500 pagine) di Piera Colombo, Giovanna Maggiolini, Elena Monticelli, Alessandro Ruggeri – erano presenti alcuni figli e nipoti degli emigranti arconatesi (circa un migliaio a cavallo tra Ottocento e Novecento) che lasciarono il paese in cerca di fortuna.

Sabato 22 ottobre 2009  aleggiava il ‘sentiment’ nella sala quello che ha fatto sentire a casa loro i 19 ‘arcoamericani’ invitati per la fausta occasione, tra cui Maria Rolfi, partita a cinque anni d’età per l’America,  nel 1932, e sentirsi chiedere dal sindaco Mantovani: “Che cosa si ricorda di Arconate?” “Mi ricordo del canale dove andavano con la forchetta a prendere i pesci!”.  Poi il Sindaco ha raccontato la storia delle 22 donne partite per gli Stati Uniti tra cui Angela Ruggeri, madre di Teresa (presente alla cerimonia). La signorina era arrivata a Ellis Island e il promesso marito, uscito dalla miniera, le era corso incontro. Vedendolo tutto sporco la signorina esclamò:”Mi a turni a cà”, ma poi, due giorni dopo, il suo uomo lavato e profumato lo sposò. Emozionante l’iniziativa di Barbare Klein (il suo nonno era Bruno Leoni) che ad un certo punto della cerimonia di presentazione ha chiamato con il cognome dei loro avi gli ‘arcoamericani’ per consegnare loro il libro. Tutti hanno detto qualcosa in inglese, ma la Klein ha ricordato che il nonno gli aveva insegnato l’italiano e non l’aveva dimenticato. Lei, questa bella signora non ha avuto remore nel dire che la radice profonda della sua stirpe è italiana e ne era orgogliosa.

2014  (24 maggio, BUSCATE). Presentazione con mostra (San Lui Mo) del libro sull’emigrazione buscatese, Mi a vo via di Guglielmo Gaviani.  Buscate nel 1901 aveva 2375 abitanti e tra il 1880 e il 1920 ben 500 buscatesi emigrarono. Il 20% dei nostri giovani contadini se ne andava da una terra matrigna nella quale non era più possibile vivere dignitosamente sfamando la famiglia e decise di aggrapparsi ad un sogno: raggiungere la ‘terra promessa’, la Merica.

“Abbiamo potuto accertare che almeno 360 buscatesi emigrarono in USA dal 1880 al 1920 e ogni anno, all’inizio del secolo scorso, altri 60-70 buscatesi andavano a lavorare in Francia”. Tantissime le testimonianze che ricordano le emigrazioni in America, alcune qui sotto riportate”.

2017 – MARCALLO CON CASONE edito dalla Pro Loco di Marcallo con Casone, ‘…in Merica vori andà’ oltre al fenomeno nelle linee generali, raccoglie una serie di testimonianze, interviste, aneddoti grazie a Giancarlo Lualdi, Gianluca Oldani, Stefania Clementi, Emanuela Garanzini, Angela Garavaglia, Angelo Castoldi, Daniele Paltanin, Giuseppe Villa

2018 – (13 dicembre,  ROBECCO SUL NAVIGLIO). “Verso le Americhe. Emigrazione da Robecco sul Naviglio di fine Ottocento/Primi Novecento. Storia di uomini, donne e famiglie robecchesi”. La pubblicazione ricostruisce la storia delle emigrazioni da Robecco, una ricerca approfondita operata da Ernesto Milani con la collaborazione di Sandro Terraneo e Dario Tonetti. Un secolo di emigrazione con uno sguardo anche agli attuali flussi di emigrazioni.

A

Ardizzoia è un cognome tipico oleggese. Rinaldo ‘Rugger’ Ardizoia (il cognome ha perso una ‘z’ in America) campione si caseball della Major League americana nato a Bedisco nel 1919. E’ uno dei sei italiani ad aver giocato nella massima serie Usa ed è entrato nella ‘Hall of fame dell’Università di S. Francisco per i meriti sportivi (Il Corriere di Novara, 20 settembre 2012).

B

Berra Yogi. ‘Il Giornale’ del luglio 2015 ha pubblicato un lungo articolo ricordando i quattro giocatori (quattro campioni originari di quattro paesi vicini, nel raggio di 20 Km) che hanno segnato la storia americana del baseball: Joe Garagiola, Frank Crespi, Jim Pisoni, Lawrence Berra detto ‘Yogi’. Proprio quest’ultimo, compagno di squadra di Joe di Maggio, entrato nella ‘Hall of Fame’ del baseball americano, ha ispirato – per la posizione che prendeva in campo – Hanna e Barbera quando hanno dovuto scegliere un nome per il suo famosissimo orso dei cartoni animati. Al tempo  la cugina di Yogi (per parte di madre, Paolina Longoni) ha ricordato la venuta in Italia del campione (il cui nonno aveva sposato una Torno di Nosate) e aggiunto che i suoi (gli Urcela) abitavano in uno dei tre cortili di Malvaglio.

Bienati-Olgiati. Un appello ricevuto il 16 maggio 2002 dall’Argentina. Mis apellidos maternos son Bienati-Olgiati originarios de la comuna de Dairago. Mi abuelo se llamaba Angel Bienati y mi abuela Flora Olgiati, llegaron a Argentina en noviembre de 1890 hijos de Gaudencio Bienati y Iosefa Bottarini y de Carlos Olgiati y Angela Paganini respectivamente, se casaron en el ano 1881 en Arconare y figuran nacidos y residentes en Dairago d’Arconate. Agradeceria cualquier dato sobre posibles familiares. Susana Beatritz Lencina [email protected]

Borrini Maddalena è probabilmente una delle prime donne buscatesi che andò in America per sposarsi. Arrivò a New York il 10 febbraio del 1901e si sposò l’anno successivo con il fidanzato Comerio. Rimasto presto vedova e fu raggiunta e sposata dal fratello del defunto dal quale ebbe tre figli, tra cui Pauline (1905) che sposò un certo Quaglia, figlio di un immigrato che era arrivato nella Grande Mela nel 1890. Due i figli di Pauline: Donald (1932) e Edward (1940) che è il signore che abbiamo incontrato a Tornaco innamorato dell’Italia (vedere Quaglia)

Bossi Giovanni. Capitò ad un musicante casorezzese appartenente al gruppo folcloristico galliatese di andare in Argentina e di essere contattato da argentini in cerca di qualcuno che conoscesse Inveruno. In mano avevano il congedo di Giovanni Bossi nato a Inveruno  il 13 aprile 1836 che aveva svolto il servizio militare  per il ‘Regno di Sardegna’. Giovanni Bosi era figlio di Giuseppe e Dolinda (Settegiorni, 21 dicembre 2006). Scrive Giovanni Baga su Fb nel 2021: “Ci sono anche dei Bossi miei lontani parenti originari di Turbigo che vivono nello Utah a Salt Lake City”.

Bossi Mariana. “Hola Luisa, soy Mariana Bossi, tengo 29 anos, vivo en la ciudad de La plata…”Così iniziava la mail dell’argentina inviata a Luisa Vignati di una signorina che cercava notizie del suo ‘bisbuelo’ Luigi Bossi di Malvaglio, figlio di Angelo e Giuseppa Miramonti, emigrati nel 1908 in Argentina…(LUISA VIGNATI, Hola, Soy Mariana!, in Città Oggi, 4 novembre 2000)

Braga Egildo e Carolina, turbighesi superstiti dell’affondamento della Empress of Ireland che si inabissò nelle acque del fiume San Lorenzo nella notte tra il 28-29 mggio 1914, dove perse la vita il loro figlio Rino. Su qusto tragico evento la Biblioteca Civica organizzò una serata il 10 aprile 2014.

E tanti altri sono i turbighesi che è bello ritrovare in giro per il mondo per dire loro che in paese c’è sempre qualcuno che li aspetta …

Branca Angelo, turbighese, giudice supremo in Canada. Volle iniziare la sua biografia (pubblicata a Londra a cura di Vincent Moore nel 1981) ricordando che il padre Filippo era nato a Turbigo, dove la famiglia Branca aveva una piccola attività nel settore del legno. Filippo, quarto di otto fratelli, appena ventenne emigrò clandestinamente negli Stati Uniti. Il giudice supremo, nacque in Canada nel 1903 e nel suo incipit autobiografico, avrebbe potuto evitare di andare così a fondo nella sua progenie. Lo ha fatto in memoria del padre Filippo che deve essersi sentito italiano fino all’ultimo minuto. Le ricerche locali ci hanno permesso di localizzare un Filippo Branca, nato nel 1801, “pigionante Gené, sposato con Fortunata Colombo,con figli, abitante nel 1844 nella Contrada de la Bettola a Turbigo”, probabilmente il nonno del Nostro emigrante, per la regola allora esistente di tramandare i nomi degli avi.
Il Corriere della Sera del 2 novembre 2010 dedicò una pagina al turbighese Filippo Branca (nato nel 1870) raccontando la storia, dalla sua partenza dal paese nel 1890, al fatto che suo figlio Angelo (1903-1984) sarebbe stato nominato giudice della Corte Suprema canadese e la nipote, Dolores Holmes, seguì la medesima carriera forense alla Corte d’Appello di Vancouver. (ved. anche Ernesto R. Milani in internet).  Avevamo proposto all’Amministrazione Comunale di dedicare uno spazio pubblico a questo turbighese. La delibera fu emessa, ma il cartello indicatore mai realizzato.

C

Castle Gate. Francesco Lattuada di Magnago nel 1901 a Castlegate incontrò un gruppo di Turbighesi che lavoravano nelle miniere di Carbone, gestivano un saloon e facevano anche la spola con le miniere di Dawson nel New Messico. Si chiamavano Sainaghi, Poretti, Bonza, Branca, Colombo, Merlotti.

Marco Giudici nella sua tesi di laurea citata nelle note scrive che il 75 per cento dei Turbighesi si concentrò proprio a Castle Gate, una cittadina mineraria della Carbon Country dove facilmente si moriva per antracosi nota come pneumoconiosi del minatore come avvenne a Ernesto Giudici il 16 giugno 1918.

Carroll Tony – the diva from the Hill. nata a St. Louis il 20 maggio 1927, era figlia della turbighese Enrichetta Colombo, abitante in paese nei primi decenni del Novecento, la quale emigrò, nel 1923, a Castle Gate per raggiungere il marito, il minatore Antonio Garegnani che l’anno dopo morì. Si risposò con un certo Iadreschi ed ebbe due gemelli, uno dei quali è la famosa cantante. Di questa vicenda, che abbiamo pubblicizzato su Facebook – per andare alla ricerca dei cugini turbighesi – abbiamo ricevuto diverse segnalazioni tra cui l’ultima è la seguente:

“Salve, ho letto un articolo scritto da Ernesto Milani nel quale si cercavano informazioni su una famiglia, Sono in possesso di circa 200 cartoline mandate da una certa Enrichetta Colombo, madre della signora che abita a New York e che cerca informazioni sulla sua famiglia. Sono tutte spedite intorno ai primi del Novecento e fino al 1925. Si capisce che erano di Cantù (Como) e che avevano una drogheria! Se foste interessati a visionarle per accertare se è lei vi lascio il mio riferimento sperando di essere stato utile nella vostra ricerca.”

Cavaiani Carlo (1889-1959) nato a Turbigo l’11 agosto 1889 il quale aveva sposato il 21 ottobre 1911 Maria Cesarina Bianchi (1892-1987) nata a Turbigo il 21 ottobre 1892 (era la quarta dei nove figli (5) di Isidoro Bianchi 1861-1937, falegname, e di Maria Muio 1864-1947), i quali abitarono nell’attuale Via Volta, angolo contrada Fredda. Dopo essersi sposato, nei primi mesi del 1912 Carlo emigrò nel Michigan (USA) e lavorò nelle miniere di ferro di Iron Mountain. (6) A Turbigo rimase la moglie Cesarina che era in attesa di un figlio che nacque il 28 ottobre 1912. Qualche mese dopo, nel luglio 1913, anche Cesarina con il figlio Mario di 9 mesi emigrarono e raggiunsero Carlo. L’anno dopo nacque Virginia (1914-1996) ed era necessario guadagnare di più. La famiglia lasciò il Michigan e si trasferì nello Utah dove Carlo andò a lavorare nelle miniere di carbone a Castle Gate. E’ qui che il 28 marzo 1916 nacque Frank (1916-1981). Le origini contadine e la voglia di fare un lavoro più consono alle sue qualità fecero orientare Carlo verso la campagna di sviluppo economico avviata nella California alla fine della prima guerra mondiale. Nel 1918 l’intera famiglia si trasferì a Richmond dove il 27 luglio 1919 nacque Ugo Cavaiani (1919-1989). Sarà lui il protagonista della storia di Jon Robert Cavaiani decorato con la più importante decorazione militare statunitense.

Cavaiani Giovanni. A Dawson, New Messico, il 22 ottobre 1913 – come scrive  Ernesto Milani – ci fu un’esplosione che uccise 263 minatori, di cui tanti italiani. Francesco Merlotti, nativo di Turbigo, era emigrato nel 1902 a Castlegate (Utah), tornato poi in Italia e riemigrato a Dawson nel 1911, appunto, per lavorare in miniera.  Perse la vita, come Giovanni Cavaiani (un cognome che più turbighese non si può), il quale, nel 1906, raggiunse il padre Andrea nelle miniere di ferro di Eveleth (Minnesota). Tornato in Italia era riemigrato a Dawas. La stessa fine fece Egildo Poretti, il quale aveva raggiunto il cognato Antonio Perotta nel 1906 a Dawson.        Sempre nella stessa dannata miniera, un incendio innescato dal deragliamento di un carrello trasportatore di minerale aveva provocato l’ennesima strage. I morti furono 123 tra cui due fratelli turbighesi appena arrivati in miniera: Antonio e Alessandro Zanoni. Parlandone, giovedì scorso, con l’architetto Angelo Zanoni, noto professionista turbighese, ci ha detto che sua nonna gli aveva parlato di questi fratelli di suo marito che avevano perso la vita in miniera, ma anche che uno si era salvato ed era rimasto negli States…

Clifton (New Jersey). In questa città americana vivono molte persone emigrate fa Ferno nel New Jersey, parenti di fernesi ancora viventi. Il 17 settembre 2001 il sindaco di Ferno Claudia Colombo inviava una lettera di solidarietà al sindaco di Clifton, James Anzaldi, in merito all’attacco terroristico delle torri gemelle.

Colombo Ecvelyn Nettemeyer Da Salem (Virginia, Usa)cercava notizie  su Giuseppe Colombo sposato con Angela Bossi…(LUISA VIGNATI, Hola, Soy Mariana!, in Città Oggi, 4 novembre 2000)

Crockett (California). Città sede di una raffineria di zucchero dove lavorarono gente di Turbigo, di San Macario, di Sant’Antonino e dove i legami affettivi si sono tramandati nel tempo.

D

Dawson (New Messico) dov’era attestato sin dai primi anni del Novecento un gruppo di turbighesi che lavoravano nelle miniere: si chiamavano Sainaghi, Poretti, Bonza, Branca, Colombo, Merlotti (vedere Joe Garavaglia). Il 22 ottobre 1913 ci fu un’esplosione che uccise 263 minatori tra cui tanti italiani.

F

Feudo Tony scrive su Fb nel 2021: “Paul Feudo, Vincenzo Feudo and Santino Feudo all lived and worked in the Mines of Helper, Utah. Santino Feudo is buried in the cemetery there along with his wife and children. Lorezena Bolla Feudo arrived from Turbigo, along Agnes Cappeltti Feudo to marry.

My grandparents were Paul and Lorenza and my great uncles were Vincenzo and Santino.

My great aunt was Agnes Capelleti Feudo”.

Forlani Stefania nel 2018 ha avviato una ricerca gli ‘Italiani a St. Louis’ documentata nella sua pagina Fb

Feudo Rinaldo e Magrette. Ne ha scritto la storia Luisa Vignati su Città Oggi (23 marzo 2000). Fu nel 1919 che Rinaldo e moglie (Emilia Colzani) e il fratello Giovanni lasciarono Robecchetto per Detroit. L’anno dopo nacque Joe, unico figlio della coppia, in quanto nel 1926 Rinaldo morì e la moglie decise di sposare il fratello Giovanni. Dall’unione nacque Rinaldo (1929), un nome per ricordare il defunto fratello-sposo secondo l’antica tradizione contadina. Negli anni Trenta Giovanni ed Emilia con Joe e Rinaldo abitavano a Detroit. Non parlavano in dialetto  coi figli perché volevano che imparassero bene l’inglese per integrarsi più facilmente. Giovanni aprì un negozio dove comemrciava prodotti italiani ed ebbe successo. Il nipote Joe partecipò alla seconda Guerra Mondiale nella Marina statunitense e poi si stabilì a Corpus Christi (Texas), dove ha sede una base navale americana. Dopo la morte di Giovanni (1949) Joe, insieme al fratello Rinaldo, realizzarono una catena di negozi. Nel 1954 Rinaldo si sposò con Margrette, di origine inglese, la cui sorella aveva sposato il fratello Joe. Due fratelli avevano dunque sposato due sorelle. Dal matrimonio di Rinado nacquero quattro figli: Susan  (1955), Carol (1957), i gemelli Patty e Joe (1960). Successivamente, Patty si è sposata con Speed ed ha avuto quattro figli, mentre Susan è nubile. Nel 1999 Susan e Patty inviarono il loro ‘Help’ attraverso internet che fu intercettato dall’avvocato Luisa Vignati che le mise in contatto con i loro parenti.Vennero in Italia con una scatola di fotografie, il manuale delle preghiere di Emilia Feudo ed il suo certificato di vestizione che, fino al marzo 2000, erano gli unici legami col paese d’origine e dai quali la nonna non si separava mai.

G

Garascia Adele primogenita di dieci figli emigrò giovanissima in Argentina con il marito Carnaghi di Casate (note registrate alla mostra del 2001).

Garascia John, turbighese. Venne a Turbigo negli anni Ottanta del secolo scorso e mi inviò una serie di fotografie  della Hill di St. Louis che poubblicammo su Contrade Nostre. Insieme ad un altro paesano, Gino Mariani, raccolse una serie di notizie che furono molto utili per la pubblicazione.

Garascia Leopoldo di Casate. “Partì per l’America, il viaggio durò quasi un mese. Lavorò come minatore poi tornè a Casate per sposare Giuseppina Zoia che però non volle lasciare il suo paese”. (note registrate alla mostra del 2001).

Garascia Marco Luigi riuscì a fondare un’impresa di costruzioni a Detroit. (note esposte alla mostra del 2001).

Garavaglia Abel. Tocca ai figli liberare la casa quando i genitori e i nonni se ne vanno. E’ capitato anche a Tres Sargentos, un paesino  a 150 Km da Buenos Aires, dove Abel Garavaglia, classe 1947, argentino di nascita ma italiano di sangue, ritrova una scatola. La storia l’ha scritta Tecla Faccendini su ‘Logos’ del marzo 2018. All’interno della scatola Abel trova alcuni documenti dei nonni paterni, Ambrogio e Cristina Garavaglia e un nome ‘Curta Matè’. Nel 1913, giovani sposi Ambrogio e Cristina con un figlio in fasce lasciano Casate di Bernate per andare in cerca di fortuna che riescono a costruire con il duro lavoro che permette ad Abel, con la figlia Andrea  e due nipoti, di ritornare a Casate un secolo dopo a risentire l’odore delle loro radici.

Garavaglia Giovanni e il figlio Joe (30 settembre 1879 – 8 gennaio 1950) con altri turbighesi, terminato il lavoro stagionale in Francia, decisero di partire dal porto di le Havre, come clandestini, per la  Merica e qualche mese dopo approdarono nel New Messico a Dawson, contea di Colfax dove trovarono lavoro in una miniera. Qualche anno dopo, un compagno di lavoro, anch’egli turbighese, gli mostrò la foto della sorella, Paolina Merlotti (7 gennaio 1888-8 agosto 1962) e Giovanni Garavaglia trovò la sua ‘fidanzata per fotografia’, le famose picture bride. Giovanni sposò Paolina nel 1907 (vedere foto del certificato di matrimonio) e dall’unione nacquero  Joe (1908), Adele (1909) e Giovanni (1917). Successivamente, Paolina aprì uno Storedove cucinava per gli italiani che lavoravano in miniera, ma in un grave incidente avvenuto in un braccio della miniera nel 1913 perse suo fratello. Paolina non volle più rimanere a Dawson e ritornarono a Turbigo. Era il 1913 e in Via Matteotti nacque nel 1923 l’ultimo figlio Antonio. Nel 1925, il fratello Joe che aveva da poco compiuto 17 anni volle ritornare in America a Crockett (California) dove si era costituita una piccola comunità di turbighesi. Riuscì a mettere in piedi un’impresa edile con la quale attraversò tutta la vita fino ad essere General Contractor nella costruzione della chiesa Saint Rose of Lima’s di Crockett rappresentata nel disegno che pubblichiamo. Nel 1929 anche la sorella Adele decise di raggiungere Joe in California e si sposò con Vincenzo Tapella. Nel giugno 1950, in occasione dell’Anno Santo, Joe Garavaglia con la sorella Adele ritornarono in Italia e fecero conoscere ai turbighesi un modo di vivere che era vanti di cinquant’anni. Acquistarono un’auto, parlavano di ‘cimiteri delle auto’ quando a Turbigo le auto si contavano sulle dita di una mano, di freeezer per conservare gli alimenti quando da noi si andava avanti con la ghiacciaia. Due anni dopo si sposò con Mary Oppici la donna che accaompagnò la salma nel cimitero di Turbigo quando nel giugno 1998 Joe Garavaglia passò a miglior vita. (Città Oggi 11 giugno 1998, La Prealpina 13 giugno 1998).

Giudici Brian dalla California scrive una lettera nel febbraio 2018 dicendo  che il nonno era nato a Turbigo nel 1896. Il suo nome era Filippo Giudici. I nomi dei suoi fratelli erano: Enrico e Luigi. Dice di aver letto un articolo sulla vita di Luigi Giudici ‘Zarin’, dell’U.S. Tubighese. Chiede notizie sui Giudici di Turbigo.

H

Herrin, paese dell’Illinois (Stati Uniti) gemellato con Cuggiono e Tornaco (Novara). E’ composto per il 50% di italiani di terza generazione che non hanno dimenticato i loro paesi d’origine (Città Oggi, 10 ottobre 1996)

L

Lattuada (Latuda) Francesco di Magnago. Nato nel 1867 a Magnago  lavorava ancora a Castlegate nel 1899 quando ottenne la cittadinanza americana sulla quale c’è scritto che faceva il minatore (pick miner). Ai primi del Novecento Lattuada partì per Dawson dove incontrò alcuni turbighesi e vi rimase fino al 1910 quando fu raggiunto da Rosa Scampini da Bienate che divenne sua moglie. In seguito si trasferì a Trinidad nel Colorado dove nacquero i suoi figli: Frank, Robert, Alexander, Saul e Charles (Ernesto R. Milani, Latuda, Utah: città fantasma, fondata da un italiano originario di Magnago in La Città Possibile – inverno 2012)

M

Merlo da St. Louis scrisse vent’anni fa: “Il mio nome è Giuseppe Charles Merlo e sto cercando informazioni su alcuni miei antenati (Merlo e Colzani vissuti a Malvaglio). Il mio bis-bis nonno era Giovanni Antonio Colzani…” (LUISA VIGNATI,Hola, Soy Mariana!, in Città Oggi, 4 novembre 2000)

Merlotti Francesco (vedere Dawson, Cavaiani Giovanni)

Milani. Scrive Kevin Milani su Fb nel 2021: “Circa 50 turbighesi si stabilirono nella ‘Iron Range’ del nord del Minnesota, compresi i miei nonni, Stefano Milani e Maria Bienati”.

Montani Scott, nato nel 1953 in Usa invia, il 12 aprile 2018, una lettera a Liliana Re di Malvaglio chiedendo se, per caso, fosse parente di Clara Re, nata nel 1870 a Robcchetto, emigrata in America, sposata con Luigi Montani, nato anche lui a Robecchetto nel 1858. Clara e Luigi sono i bisnonni di Scott.

Moroni Susan Bensal (Settegiorni 17 ottobre 2014), nata a Seattle, dopo dieci anni di ricerche ha scoperto che il nonno John era emigrato da Cuggiono. Dopo il servizio di leva John Moroni partì per l’America lavorando su un mercantile. Dopo sette anni di duro lavoro ottenne la cittadinanza americana e scrisse alla propria famiglia cuggionese in vicolo Boara per pianificare le nozze con Enrichetta Oldani che lasciò Cuggiono nel 1893 per sposarlo. John morì giovane, stremato dalla fatica e Susan ha voluto ricordarlo con un libro, ma anche con una visita in Italia nei luoghi deove il nonne era cresciuto.

N

Noè Ferdinando. (Logos, 13 maggio 2011). Dall’Argentina, per ritrovare le proprie radici, sono partite Maria Luisa, Silvia, Alicia, Jmena, Licia, Maria, Flor e Soledad  per arrivare a Castano dove i loro antenati, Ferdinando Noé e la moglie Maria Bellora. Otto donne alla ricerca di parenti che non hanno trovato, purtroppo.

P

Parini Giuseppe e Rosetta (1416 Francis ST Crockett – California). ‘Il Segno’ –  giornalino della parrocchia, fondato dal parroco don Lino Beretta al tempo del suo insediamento (1960) – veniva spedito anche all’estero. Da Crockett, il 5 marzo 1962, Giuseppe e Rosetta Parini, scrivevano al parroco: “Non saprei come ringraziarla. Dopo 46 anni che siamo in America è la prima volta che teniamo fra le nostre mani un giornaletto della parrocchia del nostro bel paese di Turbigo (…) Con molto piacere desidererei abbonarmi”.

Paganini-Sixto Raimundo Peralta. I bisnonni del calciatore argentino Sixto Raimundo Peralta che ha giocato nell’Inter sono originari di Buscate e di cognome Paganini che sposò una Vidda. (Settegiorni, 16 settembre 2000)

Piantanida Joseph (Joe), domenica 17 maggio 2009 volle festeggiare i suoi 60anni venendo a visitare il paese (Arconate) dal quale i suoi nonni erano partiti.  Nel 1903, il nonno Giuseppe  sposato con Rosa Monticelli nel 1900 era partito con altri otto arconatesi e arrivò a New York il 4 ottobre diretto a St. Louis. La moglie lo raggiunse con il piccolo Luigi nel 1906. A St. Louis sono nati Mary, Charles e Angelo (padre di Joe) e tutti hanno sempore vissuto a St. Louis. Joe ha lasciato St. Louis per andare al college e all’università a Tulsa (Oklahoma) dove risiede oggi facendo il comemrcialista.

Poretti Egildo(vedere Dawson, Cavaiani Giovanni)

Q

Quaglia Edward. Qualche anno fa sono stato chiamato a Tornaco, un paesino in provincia di Novara, in quanto la Pro-Loco aveva organizzato una sorta di gemellaggio con i discendenti degli emigranti che avevano lasciato la riva sinistra del Ticino un secolo fa. Fu lì che incontrai un certo Edward Quaglia (708 W. Monroe – Herrin, Illinois) il quale aveva un bigliettino in mano con un cognome: Borrini! Voleva sapere tutto di sua nonna che era emigrata agli inizi del Novecento e che era originaria di Buscate. Feci una breve ricerca e trovai consultando i “Registri delle domande di nulla osta per ottenere il passaporto per l’estero” tale Maddalena Borrini che emigrò in America nel 1902. Scoprii anche che era probabilmente figlia di Giuseppe Carlo Borrini fu Angelo nato a Buscate il 21 agosto 1868 di professione commerciante, o perlomeno era un suo parente stretto. Ma niente di più. Poi, in seguito, scoprimmo che Herrin ha avuto addirittura due Mayor (sindaci) buscatesi: il primo fu Mario Ottolini detto ‘Mocchie’ che diventò sindaco nel 1977; il secondo è appunto Edward Quaglia, il signore incontrato a Tornaco (vedere Borrini). La venuta in Italia del sindaco di Herrin Ed Quaglia e di Steve Frattini direttore dell’Ufficio Turistico del sud Illinois ha portato al gemellaggio tra Herrin  e Tornaco (Il Corriere di Novara, 5 ottobre 1996; Città Oggi, 10 ottobre 1996)  

R

Ranzini Carolina figlia di Ambrogio e Luisa (vedere qui sotto) ha insegnato nella scuolaelementare cattolica di St. Louis, città nella quale ha sposato Gioivanni Stelzer (padre tedesco e madre irlandese) ed ha avuto sei figli: Raimondo (1962), Giovanni (1963) sposato con due figli; Michele (1964) sposato con tre figli; Giacomina (1965) sposata con due figli; Roberto (1967) vive a Berlino; Matteo (1970). (Città Oggi, 20 aprile 2000)

Carolina aveva dei parenti a Turbigo e l’abbiamo incontrata nell’aprile 2000. Era venuta una prima volta nell’86 insieme ai genitori e la mamma non era terrorizzata dal fatto che i gabinetti fossero ancora in cortile eppoi in senso della senso della miseria: “Semper frecc e nient da mangià!”. Il mondo era cambiato in meglio anche in Italia.  Pur essendo di terza generazione capisce ancora il dialetto della riva sinistra del Ticino avendolo imparato dalla nonna. Ci ha ricordato parole arcaiche scolpite nella sua memoria: Salam, matok, crapun, pulenta, jambum, furmagela, vun da nunc, tarluk, fa tuscoss, co’matt, lanticc, salam da fidigh, Bertold, ma anche “mira al tuo popolo o bella signora…”

Ranzini Ernesto all’inizio del Novecento tirava su i barconi con i buoi lungo l’alzaia del Naviglio, come facevano i suoi progenitori, ma nel 1904 decise di emigrare in America andando ad abitare nella Hill di St. Louis. Poco tempo dopo, insieme alla moglie Erminia Pedroli da Cuggiono (1889) aprì una psticceria nella quale lavorarono anche i loro figli: Luigi (1909), Martino (1911), Francesco (1913), Ambrogio (1915). Solamente le stirpi di Francesco e Ambrogio proseguirono: Il primo sposò Rita Bertani di Cuggiono ed ebbe tre figli: Diana (1948), Martino (1957), Luigi (1959) tutti sposati in America; il secondo Ambrogio, sposò Luisa Garegnani (di Angelo ed Emilia Rossi di Castelletto di Cuggiono) ed ebeb quattro figli: Carolina (1939), Angelo (1941), Carlo (1943), Ernesto (1945). (Città Oggi, 20 aprile 2000)

Rodney Brandon. “I recently came across your article on the connections with Buscate and Herrin.  My  family came from Buscate and settled in Herrin.  I was wondering if there is a way to obtain Italian military records.  I would like to get military records for my great grandfather who served in the Italian military during World War 1.  Grazie!”

Questo signore (che scrive ‘grazie’ alla fine per farci intendere che sa leggere ancora l’italiano) vorrebbe la medaglia che spetta al nonno (buscatese) per aver partecipato alla prima guerra mondiale.

S

San Rafael (California). Città gemellata con Lonate Pozzolo per gli antichi legami degli immigrati che arrivarono qui per lavorare nelle fornaci. Ne parlò, per la prima volta, Ernesto Milani chiamato dalla Pro-Loco. Il Calendario 1989 della Pro-Loco racconta la storia di questa città e delle associazioni italiane di San Rafaele: Loggia Marvelous Marin  n. 1969, dell’Ordine dei Figli d’Italia in America che conta  oltre 100mila soci, fondata il 21 settembre 1947; Club Cristoforo Colombo (1974), Club Italia (1935). Nel 1994, grazie ad una borsa dei studio del Comune, Gabriella Ponti ha potuto studiare in loco la storia dell’emigrazione lonatese in California dove è stata ospite di famiglie originarie di Lonate. Ha intervistato i discendenti, raccolto biografie, fotografie e i fogli paga della fornace Mc Near di San Rafaele dove fino al 1930 lavorarono dei lonatesi.

Studenti del St. Louis Community College, insieme ai loro insegnanti tra cui il prof. Stephens che ha ricordato come i suoi antenati fossero emigrati proprio da Castano-Buscate alla fine dell’Ottocento. (Logos, 16 marzo 2013).

Savoldi Jumping Joe partì da Castano Primo alal conquista dell’America dve divenne prima giocatore di football e poi star del wrestling

V

Vignati Carlo Vignati emigrò in Brasile alla fine dell’Ottocento ed i suoi discendenti stanno cercando le loro origini…Vedere LUISA VIGNATI, Un appello ai Vignati, in ‘Città Oggi’, 6 aprile 2000

Z

Zanoni Antonio e Alessandro (vedere Dawson, Cavaiani Giovanni)

Zarinelli Mary e Leesa di St. Louis (Missouri). Una ventina di anni fa Egidio Zarinelli di Bernate Ticino completò l’albero genealogico della famiglia (1748-2000) iniziato dal fratello scoprendo che gli Zarinelli erano presenti a St. Louis, ma anche in Lussemburgo. Per un primo incontro tutti si ritrovarono il 28 maggio 2000 nel chiostro dell’abbazia di Bernate. (Città Oggi, 3 febbraio 2000; 1° giugno 2000).

 

Giuseppe Leoni

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NOTE

0 – ERCOLE FERRARIO, Intorno alla emigrazione che avvenne nel Circondario di Abbiategrasso, ristampa 2002 all’interno della collana ‘I libri di Samarate’. Si tratta di una relazione letta nell’adunanza del Reale Istituto Lombardo di Milano il 4 giugno 1868 quando si cominciava a sentire il bisogno di studiare un fenomeno che era agli albori.

1 – MARCO GIUDICI, L’emigrazione lombarda verso gli Stati Uniti tra Ottocento e Novecento: il caso del mandamento di Cuggiono, Università degli Studi di Milano – Facoltà di Scienze Politiche, Corso di Laurea magistrale in Storia del Mondo Contemporaneo. Relatore prof. Marina Cavallera – correlatore Patrizia Audenino, anno accademico 2007-2008.

2 – Ibidem;

3 – ERNESTO R. MILANI, Un uomo universale: Rudolph J Vecoli (1927-2008), in ‘La Città Possibile’, n. 25, autunno 2015. In questo  numero della loro rivista, titolato “Emigrazione Lombarda. Una storia da riscoprire – Un convegno-una rete-un progetto,  l’Ecoistituto della Valle del Ticino propone il vecchio tema sull’emigrazione di  un Centro di Documentazione a livello regionale, unendo il ‘macro’ che si coltiva a livello universitario con il ‘micro’ dei singoli paesi, com’è la ricerca che state leggendo al quale abbiamo lavorato per un mese.

 

 

FOTO

0 – Il cartello indicatore al confine di Cuggiono (vicino alla Gallizia) che attesta il gemellaggio con Herrin avvenuto all’inizio del XXI secolo grazie all’iniziativa dell’Ecoistituto della Valle del Ticino (ERNESTO MILANI, Carbone e Klu Klux Klan:i cuggionesi in Illinois, in ‘Città Oggi’, 22 luglio 2004):  1 – Ernesto R. Milani, certamente il ricercatore che maggiormente ha studiato il fenomeno a livello regionale-nazionale che collaborò all’organizzazione del convegno di Cuggiono del 2003; 2 –  il prof. Rudolph J. Vecoli; 3 – Il monumento all’emigrante di St. Louis; 4 – L’arte del norcino lombardo  ha fatto scuola in America. Ricordiamo la figura di Carlo Giovanni Volpi che nel 1902 aprì un’attività di produzione di salami (insaccati) subito apprezzati dai compatrioti della Hill di St. Louis (erano più di duemila all’inizio del Novecento); 5 – La sveglia che si usava al tempo delle traversate oceaniche;

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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