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‘Il nuoto? Un viaggio in bicicletta’. Simone Barlaam si racconta al Foglio

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

 

Gaiole in Chianti. Scorrere è movimento. Scorrono le ruote sull’asfalto mentre scorre anche tutto il resto, ossia panorami di pianure o colline, di montagne o litorali. E scorrono i torrenti nei loro letti prima di diventare fiumi o laghi, sicuramente mari. Scorre anche chi nuota nell’acqua. È moto quindi fisica, ma anche chimica. Due particelle di idrogeno e una d’ossigeno, se la si fa semplice, quindi acqua; a farla più complicata è una questione di molecole, elementi uno attaccato all’altro sino a diventar metallo e poi tubo, ma anche tubolare, quindi bicicletta.

 

Una bicicletta nell’acqua affonda, questione di peso specifico. Eppure con il giusto gonfiabile riesce a stare a galla pure una bici. D’altra parte senza qualcuno che ci pedali sopra una bicicletta non ha speranza, non si muove. Eppure con il giusto cavaliere e con la giusta immaginazione può pure iniziare a nuotare. Perché ciclisti e nuotatori seguono la stessa regola, la stessa evidenza: se non ci muove non si va avanti. Un viaggio per entrambi, anche se si è in pista o in una vasca. Un viaggio che ogni tanto parte da una bicicletta e prosegue altrove, in uno specchio d’acqua che diventa piscina, in acqua trasparente che diventa d’oro. Perché a volte “tutto parte con un viaggio che anche se sai benissimo che ha una partenza e un arrivo, è facile che ti sorprenda, non sai mai dove ti può portare davvero”. Quello di Simone Barlaam è iniziato a Parigi, doveva finire a Londra, è diventato un vagare di vasca in vasca, di stato in stato, di medaglia in medaglia: sette ori mondiali nel nuoto (di cui cinque agli ultimi campionati di Londra 2019) più due argenti e un bronzo; quattro ori europei più un argento; diciannove ori negli assoluti italiani, oltre a otto argenti e due bronzi. Di record in record.

 


Foto tratta dal profilo Facebook di Simone Barlaam


 

“Era il 2014 e quello è stato il mio primo viaggio in bicicletta. Da Parigi a Londra sul percorso ciclabile costruito per le olimpiadi del 2012. Io e mio padre. Anzi: io, mio padre e una gamba. La sintesi perfetta di quei cinque giorni, diventata poi un libro che ha scritto lui (Riccardo Barlaam, nda), un po’ in onore a Aldo, Giovanni e Giacomo, che sono i miei comici preferiti, soprattutto perché mio padre si portava una gamba, che poi non è altro che la mia protesi, sul portapacchi posteriore della bici”.
Un viaggio diventato anticipazione, svolta, nuova vita. O meglio la stessa di prima, ma con qualcosa in più: lo sport. “Perché sino allora di sport ne avevo fatto poco. C’era altro che mi occupava, le operazioni, le riabilitazioni, un po’ di seccature”. Colpa di una coxa vara e una ipoplasia congenita del femore destro, poi di una osteomielite, che altro non è che una grave infezione ossea, in pratica “una gran seccatura”.

I problemi sono il passato. Simone li porta con grazia dietro a un sorriso grande quanto le sue spalle, gigante quanto il suo metro e novanta. Perché c’è un presente pieno di tante cose e un futuro che ha un luogo e una data: Tokyo, estate 2020, Olimpiadi, o meglio Paraolimpiadi, ossia la stessa cosa perché atleti, e che atleti, lo sono tutti, il resto è forma.

Un presente che è vasca e bici. Più vasca che bici, che meglio non rischiare, ma la passione resta lì a quelle due ruote che si muovono: “Mia mamma mi ha insegnato ad andare in bici, mio padre ad amarla. Da quel viaggio tra Parigi e Londra qualcosa è cambiato. Inizialmente ho fatto qualche gara di triathlon: correndo con le stampelle ero abbastanza scarso, in bici me la cavavo, mentre nel nuoto ero forte. Nella prima gara sono riuscito ad arrivare terzo grazie soprattutto alla prima frazione di nuoto. Poi il nuoto ha prevalso su tutto”.

 

Un viaggio che ha fatto da volano a un altro viaggio, un viaggio che continua ancora: “Senza la bici forse non sarebbe arrivato neppure il nuoto”. D’altra parte la bicicletta è andare, a volte forte, a volte piano, spesso è velocità, a volte è viaggiare. E viaggiare porta spesso a destinazioni inaspettate. “Sembra strano ma anche in una vasca si viaggia. Mentre si nuota a volte la mente prende direzioni tutte sue, segue traiettorie che non avresti mai detto potesse seguire. Ci si ritrova in altri scenari, in altre dimensioni, si raggiunge un altrove che si pensava non si potesse raggiungere. L’acqua ha la capacità di trasformare la realtà: può diventare un momento di meditazione, quasi sempre è un modo di staccare da tutto e da tutti. È quasi un’area di isolamento, ma un isolamento creativo”, dice Barlaam.

 

Il nuoto non è solo un’andata e un ritorno, una ri-andata e un ri-ritorno. È spostamento. “Mi ha portato a girare, è riuscito a farmi conoscere città e paesi che forse non avrei mai visto. La prima gara all’estero è stata a Berlino, al meeting internazionale 2016. Il mio primo Mondiale è arrivato l’anno dopo. Doveva essere a Città del Messico, poi il terremoto ha pensato bene di far scuotere tutto e ci hanno rimandato a casa. E poi grazie al nuoto ho scoperto l’Australia: c’ho fatto un anno, il quarto liceo, mi piacerebbe ritornarci, magari facendo un altro viaggio pedalando con mio padre”.

 

Prima però c’è Tokyo: “A luglio parteciperò alle mie prime Paralimpiadi. È un mondo quello giapponese che mi affascina, d’altra parte sono cresciuto con l’immaginario della Nintendo, dei manga. E da lì è nata l’affascinazione della cultura, del cibo e di tutto quello che gira attorno”.

 

Il nuoto è sport e competizione, è passione e ambizione, è realtà e astrazione, “è meraviglioso, ma non totalizzante, mi piace, mi diverte, ma è una parte di un tutto più grande”. È un universo sommerso che molte volte galleggia, si muove raggiunge nuovi lidi. È ciclico, a volte ciclabile: “Bici e nuoto sono simili, in entrambi il corpo umano ha a che fare con qualcosa di estraneo. Mentre nuoti sei immerso nell’acqua, quando pedali sei invece sei a cavalcioni su di una bicicletta. Insomma hai in ogni caso a che fare con qualcosa di diverso da te”. E poi “il rapporto che il ciclista ha con la bici è lo stesso che il nuotatore ha con l’acqua, in entrambi i casi si ha una forte attrazione, a volte li si maledice per la fatica, ma resta un legame profondo capace di far superare qualsiasi difficoltà”.

di Giovanni Battistuzzi, da www.ilfoglio.it

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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