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Il mio mondo (eco)bio- Ma devo proprio usare lo shampoo? Di Cristina Garavaglia

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Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

 

La domanda vi sembrerà strana, ma per chi bazzica il mondo della cosmesi eco-bio è normalissima e non vedo l’ora di dare la risposta anche a voi, chissà che non decidiate di provare. Parto come al solito dalle nozioni tecniche per farvi capire meglio di cosa stiamo parlando.

Innanzitutto, devo dirvi che esistono due approcci al “non uso dello shampoo per lavare i capelli”: il cosiddetto No Poo Method ed il più diffuso Low Poo Method.

Vi dico anche che letteralmente il termine “Poo” significa cacca, ma in questo contesto potrebbe essere tradotto con “schifezze chimiche” od anche “tensioattivi”, quindi sarebbe senza e con poche schifezze/tensioattivi, già va meglio.

Entrambi i movimenti, come potrete immaginare, nascono in USA, ma sono arrivati a noi soprattutto grazie alle star di Hollywood, come metodi alternativi ed a basso impatto ambientale per lavare i capelli e si basano sull’abbandono (totale o parziale) dei tensioattivi contenuti appunto nello shampoo.

Ed entrambi nascono per sostenere il ritorno a metodi più naturali di lavaggio, in risposta alla diffusione, avvenuta su larga scala intorno agli anni ’30 del secolo scorso, di prodotti cosmetici aggressivi e di origine sintetica.

Ma con una fondamentale differenza.

Il primo presuppone l’abbandono di qualsiasi sostanza per detergere i capelli, il secondo invece l’utilizzo di prodotti naturali alternativi allo shampoo.

In parole povere nel primo caso, che in realtà ci interessa poco, per lavare i capelli si propone di utilizzare solo acqua tiepida, a partire dall’idea che, dopo una fase di transizione di 4 – 8 settimane, in cui i capelli risulteranno essere decisamente molto grassi, la cute sarebbe in grado di riequilibrarsi, riducendo la produzione di sebo con il risultato che i capelli sarebbero belli puliti.

In pratica, per lavare i capelli (e non solo) basterebbe l’acqua.

L’esperimento è stato testato per alcuni mesi da giornaliste e blogger, basta fare una ricerchina su Google, con esiti entusiasti in alcuni casi e pessimi in altri.

 

Ovvio che io non ci penso proprio a farlo e, tranquilli, non ho nessuna intenzione di proporvelo.

Anche perché non ha alcun senso, visto che privilegiando i cosmetici eco-bio non si rischia alcun stress ai capelli, come invece il movimento sosterebbe, parlando però di prodotti aggressivi, che sgrassando troppo la cute, rischiano di indurre la produzione di sebo e di instaurare un circolo vizioso del tipo più lavo più devo lavare.

 

Non solo, ma da un punto di vista chimico sarebbe il caso di osservare che la sola acqua non può in alcun modo lavare via smog e sporcizia, batteri compresi.

 

Ergo, ce ne freghiamo e parliamo del Low Poo, che io utilizzo in alternanza allo shampoo quando ho voglia di una coccola.

 

L’idea di base è quella di trattare meglio i nostri capelli, utilizzando prodotti naturali e dermocompatibili.

 

Ovviamente, da un punto di vista ambientale siamo di fronte ad una soluzione intermedia, visto che tensioattivi e saponine di cui vi parlerò inquinano sì, ma sicuramente meno dello shampoo.

Ora tecnicamente i metodi sono molti e vi sfido a trovare quello più adatto alle vostre esigenze.

Il più facile è il Co-wash di cui vi avevo già parlato a proposito di cura dei capelli in estate ed è facilissimo da fare: è sufficiente usare balsamo, possibilmente eco-bio, e zucchero (o miele) al posto dello shampoo.

 

In pratica si tratta di massaggiare la pappetta, preparata prima di fare la doccia, su cute e capelli e sciacquare abbondantemente. E se volete sigillare le squame dei capelli fate il risciacquo acido di cui vi ho già parlato oppure più facile ancora usate per l’ultimo risciacquo l’acqua fredda.

Il lavaggio avviene grazie ai tensioattivi (catonici) presenti nel balsamo nonchè grazie all’azione meccanica dello zucchero massaggiato in cute.

 Per chi fosse pigrissima, vi segnalo che in commercio esistono prodotti eco-bio formulati appositamente per il co-wash, ad esempio di Sezione Aurea.

Attenzione invece ai prodotti commerciali, visto che molte aziende hanno capito l’andazzo e stanno proponendo sul mercato cosmetici come No Poo od Oil non oil, che più chimici non si può e saremmo punto a capo.

Veniamo invece al metodo che in assoluto preferisco: il lavaggio con le erbe ayurvediche, per lo più originarie dell’India e paesi limitrofi, che equivale ad una coccola super ed è estremamente apprezzato dalle chiome ricce.

Si tratta di un metodo molto antico, utilizzato da secoli nei paesi di origine delle erbe ayurvediche, che si basa semplicemente sull’utilizzo di piante essiccate e micronizzate quali sidr, shikakai, methi, aritha, che contengono saponine e che pertanto hanno un buon potere lavante.

Tutto bene, ma come utilizzarle?

Niente di facile: basta preparare una pappetta, della consistenza dello yogurt per capirci, con l’erba prescelta (od un mix) ed acqua calda da rubinetto, e poi applicarla sui capelli e tenere in posa per una mezz’ora almeno, coprendo il tutto con una cuffietta in plastica.

Su Amazon vendono cuffiette usa e getta ad un prezzo accettabile, un ottimo investimento soprattutto se come faccio io dopo l’uso le sciacquate per recuperarle e non inquinare eccessivamente.

Ovviamente all’acqua potete sostituire, in tutto od in parte, se lo preferite, un infuso tiepido a scelta (the, camomilla, frutti rossi, ect) od un idrolato (fantastica l’acqua di rose, ovviamente pura e priva di ingredienti di sintesi) e potete anche aggiungere 3 o 4 gocce di olio essenziale per profumare o un bel cucchiaio di gel aloe per evitare la secchezza.

Ma come scegliere? Beh nelle bioprofumerie, anche online, e nelle erboristerie molto fornite si trovano facilmente ed è possibile verificare le relative proprietà.

Ma se dovessi consigliarvi io, che le uso da tre anni circa una volta a settimana, vi direi che se avete capelli tendenti al grasso è il caso di usare l’aritha, perché sviluppa molte saponine e tende a seccare, mentre trovo che il sidr sia il top sia per volume che per capelli secchi.

Per capelli secchi è inoltre consigliato il methi che, però, richiede una preparazione specifica, ma tranquilli la trovate scritta sulla confezione.

Io lo amo, ma vi avverto subito che ha un odore particolare, che tende dalla liquirizia al fieno, e sinceramente se siete alle prime armi non ve lo consiglio, potrei ricevere tante maledizioni e non è il caso!

Per applicare il tutto, il mio consiglio è di procedere (con le mani od un pennello da tinta) su capelli umidi, perché così è più facile, ma se soffrite di cervicale sarebbe meglio su capelli asciutti, tenendo durante la posa il collo coperto con una sciarpa.

Passato il tempo di posa, è necessario sciacquare accuratamente ed usare un buon balsamo, possibilmente eco-bio, e se volete il risciacquo acido.

 Lo stesso procedimento lo potete utilizzare con un prodotto marocchino molto diffuso anche in Italia, il ghassoul, un’argilla lavante originaria della regione del Medio Atlante, molto utilizzata nei rituali hamman anche in occidente, generalmente in abbinamento all’acqua di fiori d’arancio o di rosa.

Il Ghassoul non contiene tensioattivi ed ha un’azione lavante di natura meccanica, visto che assorbe le impurità ed il grasso cutaneo dolcemente.

Vi devo però anche dire che personalmente lo odio perchè mi secca eccessivamente i capelli, infatti è indicato in caso di capelli e cute grassa o forfora.

Se doveste decidere di utilizzarlo, vi consiglio una posa molto breve, di circa 10 minuti e di aggiungere all’impacco gel di aloe puro per evitare la secchezza.

Tutte le altre argille, dalla verde alla bianca, non sono invece consigliare sui capelli perché non hanno effetto detergente.

Un altro metodo per lavare i capelli, è quello di utilizzare le farine (da quella di ceci a quella di avena, ce ne sono tantissime in commercio), che potete trovare facilmente al supermercato.

In caso di capelli grassi vi consiglio indubbiamente la farina di ceci, per capelli secchi molto meglio la farina di avena, più delicata.

Anche in questo caso si prepara una pastella dalla consistenza dello yogurt, con acqua calda, infusi tiepidi od idrolati e qualche goccia di olio essenziale.

La posa è molto breve, sui dieci minuti, dopo di che si sciacqua abbondantemente e si procedere con il balsamo.

Attenzione però che la farina di ceci non ha un odore particolarmente piacevole, evitate di farlo se avete una serata importante subito dopo.

E soprattutto attenzione a non usare la farina bianca, se vi ricordate all’asilo ci facevamo la colla per i lavoretti di Natale.

Un altro metodo di lavaggio che amo prevede invece l’uso del miele (o sciroppo d’agave se siete vegan), che ha effetto idratante, antiforfora ed anticrespo.

Anche in questo caso si tratta di un lavaggio di tipo meccanico perché il miele, massaggiato in cute, permette di asportare il sebo.

Una semplice ricetta prevede i seguenti dosaggi: ¼ di miele e ¾ di acqua (od infuso a scelta), da massaggiare sul cuoio capelluto a capelli bagnati, per poi sciacquare abbondantemente e vedrete che non vi servirà il balsamo.

Per concludere questo excursus nel mondo dei lavaggi alternativi, vi devo mettere in guardia su una cosa aberrante che spesso leggo in rete: il bicarbonato, aiuto!

 L’informazione che circola, completamente sballata chimicamente, è che si può utilizzare il bicarbonato, anche con aggiunta di aceto o succo di limone, per lavare i capelli, sicuramente un buon metodo per ottenere la paglia in testa.

Il perché lo ha spiegato Zago nell’intervista che gli ho fatto ed ovviamente la mia domanda non era casuale: il bicarbonato ha pH basico ed i capelli hanno pH acido, utilizzandolo si distruggerebbe il loro naturale equilibrio. Ovviamente per la stessa ragione vi proibisco di usare il sapone o la saponetta per lavarvi i capelli.

Aggiungere l’aceto od il limone poi è chimicamente un controsenso: i rispettivi pH si annullano a vicenda, ottenendo un risultato pari a zero!

Insomma, non credete a tutto quello che leggete, se non supportato da fonti scientifiche, non è un caso se cito spesso EcoBioControl o Skineco e li studio accuratamente prima di scrivere.

Cristina Garavaglia

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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