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Il Magistrato Alberto Nobili a muso duro: “Il giornalista è il nostro primo nemico”

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MILANO – “Il giornalista è il nostro primo nemico”. A pronunciare questa frase, consentitecelo una banalità disarmante, non è stato uno qualunque. È stato il procuratore aggiunto Dottor Alberto Nobili alla guida del pool Anti terrorismo, durante un convegno di formazione organizzato venerdì a Milano dall’Ordine dei Giornalisti della Lombardia. E meno male che era un convegno di formazione. Verrebbe da dire disinformazione, piuttosto. Un peccato perché il gruppo di interventi era di altissimo livello e ne parleremo. Nobili ad un certo punto del suo intervento, e dopo avere con grande professionalità analizzato l’andamento della criminalità a Milano nel corso degli ultimi decenni, si è tolto un “sassolino” dalla scarpa.

Proprio così ha detto: “Mi tolgo un sassolino dalla scarpa e dico che il giornalista è il nostro primo nemico”. Buona a sapersi. Pensavamo che i primi nemici dei magistrati fossero mafiosi di assassini, invece durante una lezione di aggiornamento apprendiamo che siamo noi cronisti. “Ma sapete quante inchieste sono state stroncate per colpa dei giornalisti? “, ha attaccato duramente. Citando un caso specifico: “Su un noto quotidiano, in merito ad un caso che stavamo seguendo, ecco comparire le iniziali di un testimone aggiungendo nell’articolo che aveva visto tutto e che abitava nella zona. Ma è possibile riportare informazioni simili mettendo a repentaglio non solo l’indagine, ma la vita stessa di una persona? Non venitemi a raccontare le solite storielle del diritto di cronaca”.

E ha concluso: “Per fortuna, da qualche tempo, in caso di delitti abbiamo deciso di confinare i giornalisti in un’area a loro riservata dove è possibile scattare foto e osservare. Non dico una sorta di ammassamento per il bestiame, ma quasi”. E lo ha detto sorridendo. Inizialmente ci siamo chiesti chi ce lo avesse fatto fare a buttare un’intera giornata, benzina, soldi e fatica per sentire una lezione del genere. Da parte di un magistrato che si fa beffa perfino della Costituzione. Poi ragionando abbiamo capito che anche dalle banalità più mostruose si può imparare. E la lezione del dottor Nobili si rivelerà senz’altro fondamentale per chi, come chi scrive, si occupa di cronaca nera e l’ultima cosa che vuole è creare un intralcio alle indagini. Lo stesso presidente dell’Ordine Alessandro Galimberti è intervenuto sostenendo che, se proprio bisogna dirla tutta, casi di inquinamento delle prove durante un sopralluogo, ci sono stati. E tanti. Ma non provocati dai giornalisti. Il caso Stasi è uno dei più eclatanti. Venne trovato un mozzicone di sigaretta di donna sulla scena del crimine tanto da far sospettare un coinvolgimento femminile nel delitto e non fu certo lasciato da una giornalista. A noi ne è venuto in mente un altro.

Tra le mani del dottor Nobili infatti è capitato anche il fascicolo dell’omicidio dell’agricoltore abbiatense Marco Perini. Un caso in cui furono commessi errori che nemmeno un ragazzino alle prime armi avrebbe commesso. Financo il nome sull’esame autoptico riuscirono a sbagliare. E meno male che la madre dell’agricoltore portò alla luce tali errori dei quali, altrimenti, nulla si sarebbe saputo. Perché è così. Giusto che i Magistrati tacciano sulle indagini che vengono svolte. Giusto che i Magistrati si presentino legittimamente soddisfatti in conferenza stampa quando esse, le indagini, vanno a buon fine.

Ma anche il giornalista ha il diritto di svolgere le sue di indagini. E di evidenziare quando c’è qualcosa che, a suo parere, non è stato fatto o è stato fatto male. Poi sta alla responsabilità di ognuno divulgare le informazioni che ha ottenuto. Se ritengo che parlare della presenza di un testimone possa rappresentare un danno per chi indaga non lo scrivo. Ognuno, pensiamo, è responsabile delle proprie azioni. I giornalisti come i magistrati. Generalizzare non è mai la scelta migliore.

G.M.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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