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Il fiume Ticino nella letteratura italiana- di Giuseppe Gianpaolo Casarini

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A suo tempo sul sito internet   di Ticino Notizie avevamo data voce  oltre  alle  due  poetesse del Ticino Ada Negri e Antonia Pozzi anche  al “cantor d’Albuzzano” Don Cesare Angelini riportando alcuni loro  frammenti poetici e letterari con riferimento al Ticino  questo  nostro fiume azzurro, frammenti  che in parte qui riproponiamo : “Ieri, sull’argine del Ticino, dove il fiume fa un’enorme ansa e la corrente si attorce in gorghi azzurrissimi, e ha subbugli, scrosci, rigurgiti improvvisi e minacciosi, sono rimasta per un’ora sulla riva in faccia al sole che tramontava, a chiacchierare con un guardiacaccia che fu al servizio del mio nonno e si ricorda della mia mamma e delle mie zie bambine.

Ebbene: era un senso strano pensare che tutta questa smisurata terra, i campi coltivati da Motta a Bereguardo, e i boschi della riva, dal lido di Motta fin giù al ponte di barche, con i diritti di pesca, di caccia, di cava d’oro persino, erano proprietà unica dei miei antenati. Io non so che cosa pagherei per potermi costruire qui, in vista del Ticino, due stanze rustiche e venirci a stare; le mie radici aristocratiche non le sento molto, nemmeno qui, ma le mie radici terriere sì, in modo acuto e profondo, e gli uomini dietro l’aratro mi incantano, non solo per un senso di armonia estetica” così Antonia annotava nel suo Diario mentre  così scriveva Ada in “Gente di Fiume”: “ Le lavandaie di Borgo Basso hanno tutte ugual foggia  di vestire: sottana scura di rigatino, con la parte superiore rialzata e tenuta gonfia sui fianchi dal nastro del grembiale: alti zoccoli, fazzoletto bianco pendente dalle cocche ai lati del viso, e, sul fazzoletto, un largo cappello di paglia gialla. La faccia, le braccia, le mani, lavorate ben ben dal vento, dal sole dagli strapazzi: le voci, rauche: il colore della pelle un di mezzo fra il rame e la terracotta. Le loro figlie sembrano d’un’altra razza: snelle e graziose,  portano calze fini, scarpette scollate, tuniche corte senza maniche e lavorano nelle fabbriche. Abitano nelle rustiche ma ridenti casucce del borgo, sulla riva destra a specchio del Ticino: fette di case, dipinte a capriccio, con una porticina, una stanza a terreno, due di sopra, un balcone e una finestra. Nei cortili aperti sulla riva, rampe esterne di scale, pergolati di glicine e vite vergine, rozze insegne d’osteria con frasche: giochi di bocce, stracci stesi ad asciugare, cataste di legna raccolta a spizzico nei boschi, monelli che ricorrono gatti e galline, vecchi che sulle soglie si godono il sole. La riva è occupata da panchette, su alti e solidi trampoli: nei tre giorni regolamentari della settimana le lavandaie vi stanno inginocchiate, dorso e spalle curvi sull’acqua; e insaponano immergono torcono strizzano  panni, battendoli anche, a tutto spiano con una mazzuola. Nelle prime ore del mattino, i reiterati colpi s’odono da lontano, attraverso le nebbie che salgono dal fiume; e fanno malinconia.” A sua volta Don Cesare, parlando di Pavia scriveva:” A Pavia, la luce trova il suo condensatore o cassa di risonanza nella presenza del fiume. Privilegio delle città che nascono e crescono lungo le acque è quello di rispondere al richiamo della luce; e il Ticino, che è il primo ad accendersi e l’ultimo a spegnersi, si beve da millenni tutte le nostre aurore e i nostri tramonti. Un giorno, se mi prenderà l’estro, vorrò farci su qualche componimento poetico.”

Ora  qui mettiamo in carta, in anteprima,  un breve lavoro letterario  volto anch’esso alla  ricerca di altri poeti o letterati che nelle loro opere hanno fatto specifico riferimento a questo fiume.

Al riguardo non potevano mancare Lucio Mastronardi e Mino Milani.

Senza alcun dubbio Lucio Mastronardi merita un posto a parte nella nostra  ricerca volta a trovare le citazioni del fiume Ticino  nella letteratura italiana:nasce a Vigevano, quindi è un figlio del Ticino, il Ticino infine segnerà la sua vita terrena quale suicida nelle acque del fiume azzurro. Nei suoi tre principali romanzi Il Maestro, Il Calzolaio, Il Meridionale, nei titoli domina Vigevano, nelle pagine forte emerge il suo fiume.

 

Bello e gustoso il paragone tra Vigevano e Parigi come, nel Maestro di Vigevano,  il giornalista Pallavicino “la stava menando” mentre il campanone  della torre suonava la mezzanotte:” Io vi dico che Vigevano vale duecento Parigi. Cosa c’è a Parigi che non vi sia a Vigevano? A Parigi c’è Pias Pigal; a Vigevano ioma Pias Ducal; a Parigi c’è la Senna; a Vigevano  c’è il Tisin; a Parigi c’è  la tur Eifel, num ioma la tur Bramant.” E così sempre nel Maestro il protagonista, il maestro Mombelli, nel suo solitario camminare e “nei miei pensieri” “Scendo per una discesa rapidissima e mi trovo nella vallata del Ticino”  ed ecco la Centrale Edison che ritroveremo nuovamente nelle pagine del Calzolaio “  .” ..Annibale sconfisse i Romani dove ora c’è la Centrale Edison, sul Ticino, che pur essendo vicina a Milano, Vigevano, geograficamente parlando,  è in Piemonte, al di qua del Ticino”. 

Nel Maestro dopo la vista della Centrale Edison il protagonista prosegue nel suo cammino.  “Sono seduto ora su di un ponticello. E’ un ponticello d’irrigazione che posa su due fiancate; messo per traverso. Sotto ci passa la trincea  ferroviaria. Sono in alto; il mio sguardo abbraccia tutta la vallata del Ticino: fiume, boschi, ponte.” Più avanti nel racconto del Maestro “ Sono tornato sul ponticello…Dal Ticino venne un rombo di barche che rompeva quel’armonia. Infine nel Meridionale di Vigevano ecco nuovamente la vallata:” Ci affacciammo sulla terrazza. Si vedeva un pezzo della vallata del Ticino qualche arcata del ponte; le boscaglie; un tratto della Nuova Circonvallazione”. 

E da ultimo ancora qualche riferimento al fiume Ticino, dopo i primi, sempre  presente nei tre più noti romanzi di Lucio Mastronardi: Il Ticino dove lo scrittore  vive, sogna, spera, soffre, muore suicida; Il Ticino dove Antonio il maestro, Mario il calzolaio, Camillo il meridionale, vivono, sperano, sognano, soffrono ma ancor oggi  vivono figure nitide e presenti nelle pagine di Mastronardi.

Ecco Mario che ritorna ai suoi anni giovanili e ricorda:” Andiamo a Ticino in camporella nei boschi.Tornare giovani. Gli venne in mente una scappata che aveva fatto da ragazzo., l’unica, con una morosetta, proprio nelle boscaglie del Ticino.” Quel dialogo pieno di speranze e incertezze tra Netto il fratello di Menchina, e  Luisa, la moglie di Mario, dopo il richiamo di questi alle armi ed i dissapori ed i continui  screzi con il socio Pellegatta:” Piare un po’  di terra in Santa Giuliana, sul stradone per Novara- diceva il Netto” – Costruire adesso coi bombardamenti, che sfanno giù tuttecose!”  “-Ma sono tanti che costruiscono. Basta costruire nò verso Ticino. Loro hanno di mira il ponte, mica i nostri fabbrichini.”

 

La favola, il sogno, l’incubo sui tradimenti di Ada la moglie  di Antonio:” Fisso la casa e mi accorgo che è una casotta del Ticino…” “ …..l’industrialotto guida sempre più forte: centottanta, duecento, duecentoventi, finché arriviamo sul ponte del Ticino, ma il ponte è senza parapetto. La macchina corre sull’orlo del ponte, in bilico, finché con un urlo mi sveglio, bagnato, come fossi caduto davvero nel fiume.” E le belle e intense riflessioni dello stesso Antonio:” Ogni epoca ha i suoi sensi di vita. L’uomo ha costruito questa trincea, questa ferrovia, questo ponte di irrigazione, quel ponte sul Ticino, quella torre che intravedo…” “  So che prima era ancora chiaro, ora è buio. La luna è grandissima, si riflette nell’acqua del Ticino; so che prima gli alberi erano silenziosi, ora la natura canta; e sono grilli e sono civette e sono amorici che cantano.” Quella affannosa ricerca della donna scomparsa dalla casa in cui era ospite Camillo:” Poco dopo scendevamo la vallata del Ticino.Una luna forte schiariva la campagna. Arrivammo al fiume in silenzio.” “..Il fiume era una massa scura e lucida.” E poi quel girovagare notturno sempre di Camillo:” Arrivai ad un bivio. Da una parte lo stradale proseguiva per il ponte del Ticino; dall’altra, cominciava una strada di periferia.” “ Sullo sfondo c’è nebbia: sale dalla vallata del Ticino” Quel dialogo tutto particolare tra l’industrialotto e Camillo” –Dottore è libero incò? –Perché?- Per portavi a Ticino.Voglio farvi provare un motoscafo!”

Dopo Lucio Mastronardi (1930-1979), vigevanese, ecco un altro grande scrittore Mino Milani (classe 1928) , pavese,  nei suoi molti libri per  ragazzi e romanzi fa anch’esso ampi  riferimenti all’amato suo fiume Ticino. La sua attività di scrittore comincia di fatto, giovanissimo, con la  storia di un ragazzo che aiuta malvolentieri il nonno, noleggiatore di barche sul Ticino:  un’ ambientazione di fatto ideale per lui del posto. Anni dopo, al riguardo, intervistato da una giornalista di Repubblica ( Mariella Tanzarella 25-07-2006)  in occasione dei suoi ottant’anni, oggi ne ha novanta e scrive ancora, alla domanda  “Che ricordi ha del Ticino di prima? «Tutta la mia vita! Faccia conto che ai miei tempi non c’ era ragazzo sui 15 anni che non sapesse remare benissimo (naturalmente le barche erano tutte a remi, eh, mica a motore come adesso!). Chi non era capace, per noi era “un milanese”, giudicato con una specie di sufficienza. Sul fiume si andava a divertirsi, a sfogarsi: per noi era la palestra, l’ avventura. Era anche la garconnière, si portavano le ragazze in barca ….”

E così corrono i ricordi dello scrittore: Il Ticino di allora, mezzo secolo fa, non era quello di adesso, e non alludo al suo corso, al suo incredibile azzurro che è rimasto uguale. Mi riferisco alle sue rive, alle sue spiagge, alla sua acqua, a chi lo frequentava e a chi lo frequenta. Le rive del Ticino erano verdi di boschi, così come decenni prima lo erano state di foreste; le sue grandi spiagge erano d’una sabbia abbagliante sotto il sole, e di un intenso ma chiaro grigiore d’inverno.

Vi affondavi le mani, e dalla sabbia scaturiva quasi subito una polla d’acqua fresca e limpidissima…”  

E di recente  sempre a proposito del suo Ticino così raccontava a Gaia Curci in una  intervista per La Provincia Pavese ( 22-11-2017) «Avevo 12 anni quando è scoppiata la guerra e 17 quando è finita. Eccome se ne ho vissute, di avventure: bombardamenti, mitragliamenti. Un giorno, sull’argine del Ticino, io e un mio amico siamo stati testimoni del passaggio a cavallo di 60 soldati russi, tutti in fila indiana che ci osservavano minacciosi. Ricordo gli anni della Resistenza bruttissimi, spie ovunque. È dall’esperienza personale, mi creda, che ho imparato a raccontare come tenere sotto controllo la paura e a diventare, ognuno a suo modo, degli eroi».Rimandando il lettore più curioso o esigente all’ampia produzione letteraria, vedi  in particolare Fantasma d’amore e I Ladri del fiume e i vari racconti per ragazzi, riportiamo per brevità qui solo alcune righe  di riferimenti al fiume Ticino tratti  da Sognando Garibaldi.” IL. PARANÀ. Quando Garibaldi gli disse: – Ecco il Paranà, Marco. Il ragazzo lo guardò … Di fiumi, Marco ne aveva visti, certo: per la sua città passava il Ticino e ci era andato a fare il bagno, in certi giorni d’estate. Poco lontano …” e da Garibaldi-biografia critica:”A riordinare i suoi, a dar loro riposo, ed a metter rimedio alle febbri che continuano ad infastidirlo Garibaldi decide allora di varcare il Ticino, e di portarsi a Castelletto, in Piemonte, al riparo degli austriaci.”

Chiudiamo ora con riferimenti di una veloce spigolare ma non per questo non meritevole di segnalazione e di lettura.

Da Internet riportiamo quanto segue da Oliviero Spada nella sua Storia del fiume Ticino “un corso d’acqua affascinante che, nella mia gioventù, percorrevo in bicicletta fermandomi sulle sue rive per un pic nic o semplicemente per rimirare il paesaggio.  Sappiamo che il Ticino nasce in terra Svizzera, poi raggiunge il lago Maggiore e, infine, si tuffa nel grande Po. All’uscita dal Lago, al Ponte di Sesto Calende, il fiume inizia il suo percorso in terra italica, tragitto che lo vede cedere molta delle sue fresche acque prima di raggiungere il Po. Poi al riguardo cita  “Ticino, le voci del fiume, storie d’acqua e di terra”, di Cederna e Cerchioli  in cui uno scrittore e un fotografo alla scoperta di un fiume che ci parla di noi. Con le mille voci che l’acqua accoglie tra le rive per un’avventura, da vivere qui e ora. Dalle sorgenti del Passo della Novena, in Svizzera, alle gole del Piottino e poi giù, attraverso Piemonte e Lombardia, fino al ponte della Becca, a Pavia, dove si unisce al Po. L’anima di un corridoio d’acqua che ti avvince con la sua storia e il suo presente  aggiungendo poi  che “ anche  poeti famosi hanno dedicato a questo incantevole fiume le loro poesie, ad esempio Gabriele D’Annunzio, nella poesia La Muta qui riportata più estesamente da quanto lì citato:

Presso il gran ponte sta Sesto Calende.
Corre il Ticino tra selvette rare,
verso diga di roseo granito
corre, spumeggia su la china eguale,
come labile tela su telaio
cèlere intesta di nevosi fiori.
Chiudon le grandi conche antichi ingegni,
opere del divino Leonardo.

Il sorriso tu sei del pian lombardo,
o Ticino, il sorriso onde fu pieno
l’artefice che t’ebbe in signoria;
e il diè constretto alle sue chiuse donne.
Oh radure tra l’oro che rosseggia
dello sterpame, tiepide e soavi
come grembi di donne desiate,
si ‘che al calcar repugna il cavaliere

e Alessandro Manzoni, nella sua poesia Marzo 1821, accenna al Ticino quando dice:

Soffermati sull’arida sponda
Volti i guardi al varcato Ticino.

e  infine il cantante Sergio Savioni che ha dedicato al Ticino una canzone, tutta in dialetto pavese, dal titolo Al mè Tisìn.”

La nostra ricerca non poteva dimenticare anche il  grande Francesco Petrarca  che ospite varie volte in Pavia tra il 1363 e il 1369 alla corte di Galeazzo II Visconti  ammaliato da questa città antica che solo da poco aveva acquisito il suo nome attuale, adagiata su un colle lungo le sponde del Ticino e già sovrastata dalle sue caratteristiche torri in una lettera a Giovanni Boccaccio  raccontava una Pavia inedita e ricca di cultura, fotografata nell’epoca d’oro della sua lunga storia e che   in una delle sue opere minori  Epistula Secunda dedicata al suo munifico mecenate “ In ortu M. Vicecomitis” così cantava in  latino:

 

 

Te  Padus expectat dominum, quem flumina regem

                                                                                                                                       Nostra vocant; te purpureo Ticinus amictu

                                         

                                                                                             Et magno genitore tumens; ; te gurgite Lamber

                                                                                                                                        Innocuo, lateque secans pulcheerima rura

                                                                                                                                         Abdua caerulesu……………..

 

e  così  Domenico Rossetti traduceva:

 

Te il Po signore aspetta, il Po che rege

 Chiamano i nostri fiumi, ed ammantato

 Di porpora il Ticino, il qual, superbo

Del suo gran genitor, rigonfia l’onda;

Te l’innocente Lambro, e per fecondi

Campi il vasto e ceruleo Adda corrente

  •  

Procedendo nella nostra spigolatura letteraria in uno dei suoi tanti sonetti (Poesie profane) di Pellegrino Salandri ritroviamo:

 

In lui sta ogni altro fiume

Oglio, Po, Lambro; Ticino, e Dora

 

Nel suo “Del falconare” in De Re Accipitriana di Jacques-Auguste de Thou ecco il nostro Ticino citato assieme all’Adda e al Sillaro:

  E’ benché a quella sua ragione additto

L’Adda veloce fin dall’Appennino

El Ticino, el Sillaro, che inaffia

 

 

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Bibliografia

 

Ticino Notizie: GG Casarini “Ada Negri e Antonia Pozzi Le Poetesse del Ticino”

Ticino Notizie:GG Casarini  “Cesare Angelini e il grande Ticino”

Ticino Notizie: GG Casarini “Lucio Mastronardi e il suo Ticino”

Ticino Notizie: GG Casarini “ Cercando il fiume Ticino nella letteratura”

Cultura e Prospettive n.40-Il Convivio editore 2018:-GG Casarini “ Il Ticino tra letteratura storia e leggenda”

 

di Giuseppe Gianpaolo Casarini

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