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Il canto delle nigeriane. Di Giovanni Marradi

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RICEVIAMO & PUBBLICHIAMO – “Leggendo i dati sulla immigrazione irregolare in Italia emerge che sono molti i nigeriani censiti. I dati non sono molto chiari ma, comunque si va da un 8% ad un 15% di provenienza dalla Nigeria rispetto a tutti i clandestini arrivati in Italia. Spesso i nigeriani si trovano coinvolti in gravi fatti delittuosi, da ultimo quello di Pamela la ragazza romana violentata, uccisa e fatta a pezzi a Macerata. Si potrebbe pensare che i cittadini di quello stato africano vengano in Italia a seguito della guerriglia posta in essere dagli estremisti islamici, ma in realtà coloro che arrivano in Italia provengono quasi tutti dalla capitale della Nigeria o da zone non interessate, appunto, dalla guerriglia. I dati che ho appena riportato mi hanno fatto ritornare in mente i primi arrivi dei nigeriani in Italia e questo perché ne sono stato testimone diretto.

Erano gli anni tra il 1980 e il 1984 ed ero un giovane legale che esercitava presso il Foro di Torino. Allora , malgrado quello che si crede, le leggi sulla immigrazione erano molto più severe e lo straniero entrato clandestinamente in Italia veniva arrestato e giudicato nelle allora preture. Iniziarono in quegli anni delle retate della Polizia di Stato nei confronti di un nugolo di prostitute nigeriane comparse improvvisamente sui marciapiedi di Torino. L’ispettore di Polizia che si occupava del loro accompagnamento in Pretura , era un giovane torinese che si chiamava Leone e che in seguito fece carriera diventando Funzionario. Le prime volte le donne furono accompagnate tutte insieme nel palazzotto occupato dalla Pretura, nel centro storico di Torino a due passi dal Municipio. Nel piano sotterraneo si trovavano le celle di sicurezza e Leone e i suoi uomini vi rinchiusero, in attesa dei processi le prostitute. Ad un certo punto si levò un canto polifonico, ovviamente, in una lingua incomprensibile per noi che raggiunse una intensità tale da rendere impossibile la celebrazione dei processi ai piani superiori.

Dopo un paio di giornate “campali” accompagnati dai cori delle detenute, Leone organizzò una spola per portarle due per volta dalla Questura . Le prime nigeriane vennero portate a giudizio davanti a due Pretori di sesso maschile e giunte in aula di fronte allo sguardo sbigottito del Magistrato e degli Avvocati presenti iniziarono uno spogliarello in piena regola denudandosi completamente. Vi lascio immaginare la successiva scena con gli Agenti di Polizia che cercavano di rivestirle e di portarle fuori dall’aula! Dal giorno dopo i processi vennero tenuti dai Pretori di sesso femminile. Capitò anche a me di difenderne qualcuna di ufficio e nelle attese appresi dall’Ispettore Leone quello che era riuscito a sapere parlando con le sue detenute. Provenivano dai ceti più poveri della popolazione nigeriana e erano state soggiogate secondo dei riti tribali per i quali ritenevano che il loro spirito fosse stato imprigionato in contenitori nei quali vi erano alcuni loro capelli. Erano state trasferite clandestinamente in Italia da feroci gruppi di sfruttatori nigeriani ben organizzati ed erano custodite da alcune “mammane” che vigilavano su di loro.

Sono passati trent’anni e la Repubblica Italiana si è, sostanzialmente arresa ai feroci delinquenti che gestiscono tutt’ora il traffico di esseri umani. A differenza delle ONG che fanno da comodi tassisti ai negrieri, in Italia l’Associazione LULE cerca in modo riservato di salvare queste donne dal marciapiede attraverso un’attività svolta nella massima segretezza per evitare che gli sfruttatori possano riprenderle . Gli stessi sfruttatori pretendono che le ragazze abbiano contratto un debito con loro che deve essere pagato con l’esercizio della prostituzione. Nulla è cambiato rispetto agli anni ottanta salvo che i nigeriani controllano molte piazze dello spaccio di stupefacenti.

Da ultimo, sembra che la Procura della Repubblica di Torino abbia accertato che alcuni dei giovani e dei minori trasbordati in Italia siano stati destinati alla prostituzione maschile omossessuale. Le organizzazioni criminali nigeriane in Italia brillano per la loro ferocia e per il vincolo associativo . 

Tale vincolo raggiunge livelli mafiosi e molti si chiedono perché non vengano contestati a questi delinquenti i reati propri dell’associazione mafiosa con l’applicazione anche delle norme restrittive carcerarie quali l’Art. 41 bis della Legge Penitenziaria.

Mi sarei aspettato che dopo l’atroce delitto di Macerata lo Stato italiano alzasse la testa e usasse il pugno di ferro contro quelle organizzazioni criminali. Nulla in realtà è accaduto e non possiamo che sperare che il nuovo governo e il Ministro Salvini estirpino questo cancro che da oltre trent’anni si è insinuato nella società italiana.

Ovviamente quanto detto fino a ora non vale per molti immigrati nigeriani che certamente rispettano le leggi, hanno un regolare permesso di soggiorno e lavorano onestamente in Italia. La lotta ai loro connazionali delinquenti gioverebbe anche a loro che non rischierebbero quando dichiarano il loro luogo di nascita di trovarsi di fronte ad ingiusti pregiudizi”.

Avvocato Giovanni Marradi

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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