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Il bavaglio ‘politically correct’ del linguaggio.. e i mondiali femminili di calcio- di Luca Gallesi

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Alcuni libri hanno denunciato la “dittatura del politicamente corretto”, ovvero l’occhiuta sorveglianza linguistica che, in meno di un paio di lustri, ha completamente modificato i criteri di valutazione di quello che è ritenuto moralmente, socialmente e, appunto, linguisticamente accettabile. Ormai, molte parole, un tempo di uso corrente, sono ritenute impronunciabili, e la censura è calata anche su alcune categorie di persone sulle quali non si può ironizzare, come lo stesso attore e regista Checco Zalone ha denunciato, affermando che, oggi, non potrebbe più girare il film che ha fatto dieci anni fa, dove prendeva affettuosamente in giro le donne e gli omosessuali.

Un agile ma molto denso saggio, Le illusioni del progresso linguistico, scritto da  Felice Accame e Paolo Serena (Biblion edizioni, pp 108 €10) fa il punto sulla nuova censura partendo da un punto di vista originale e sicuramente efficace: la telecronaca dei recenti campionati mondiali di calcio femminile, che ha costretto i giornalisti a fare i conti con la femminilizzazione di un gergo finora esclusivamente maschile come quello del calcio. Felice Accame, tra l’altro, insegna Teoria della Comunicazione presso il Settore Tecnico della Federazione Italiana Giuoco Calcio, mentre  Paolo Serena lavora all’ufficio stampa della stessa Federazione, quindi gli Autori sanno bene ciò di cui scrivono. La “correttezza politica del linguaggio”, per un curioso ma non imprevedibile effetto di eterogenesi dei fini, invece di essere un criterio per difendere i più deboli dalle prepotenze, anche se solo verbali, dei potenti, è diventata una manifestazione proprio di quel Potere dal quale, in origine, ci si voleva difendere. Chi decide, infatti, cosa è accettabile, e cosa, invece, può urtare la sensibilità dei presunti deboli?

 

In fondo, rischiamo di cadere vittime di quelle Illusioni del progresso denunciate da Sorel nel 1909 in un’opera che ha suggerito il titolo a questo libro: come all’inizio del Novecento il filosofo metteva in guardia gli ingenui sull’idea fallace di un progresso inevitabile e magnifico, così, oggi, ci illudiamo di modificare la realtà agendo arbitrariamente, e prepotentemente, sul linguaggio.  Accame analizza i rapporti tra realtà e linguaggio, denunciando i tentativi di agire sulla prima modificando il secondo, ricordando i tentativi, falliti, dei regimi totalitari, dall’abolizione del “Lei” a favore del “Voi” tentata dal Fascismo ai numerosi neologismi coniati durante il Terzo Reich, molto simili alla “neolingua” orwelliana descritta in 1984. In nome della democrazia e dell’uguaglianza, divinità da adorare senza mettere mai in discussione, stiamo accettando un lavaggio del cervello che, con velocità crescente, sta riducendo i margini della diversità individuale, con esiti che possono essere drammatici, come racconta in una postilla a carattere storico Francesco Ranci, o divertenti, come dimostra il caso del calcio femminile, che ha dato lo spunto per la stesura del pamphlet.

Paolo Serena, infatti, segnala l’imbarazzo e le contraddizioni in cui sono caduti molti giornalisti sportivi, non solo italiani. Se per i cronisti nostrani poteva creare molto imbarazzo scegliere di femminilizzare il sostantivo “portiere”, assai peggio è andata ai nostri cugini d’Oltralpe, costretti a resistere alla tentazione di rendere femminile l’allenatore, in francese entraineur, che sarebbe inevitabilmente e volgarmente diventato entraineuse…

*Da Avvenire del 5.1.2020

Di Luca Gallesi

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