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Dall'archivio:

Green Pass, il NO ‘filosofico’ di Massimo Cacciari e Giorgio Agamben

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‘La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica. Lo si sta affrontando, con il cosiddetto green pass, con inconsapevole leggerezza. Ogni regime dispotico ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti’. E ancora: ‘Il bisogno di discriminare è antico come la società, e certamente era già presente anche nella nostra, ma il renderlo oggi legge è qualcosa che la coscienza democratica non può accettare e contro cui deve subito reagire’.

Queste parole pronunciate ieri dal filosofo Massimo Cacciari e dal collega Giorgio Agamben, scuotono nella loro tragica realtà le coscienze impaurite dei tanti cittadini che – in preda a una sorta di sindrome di Stoccolma – chiedono a chi ha potere di governo di essere più controllati, più schedati, meno liberi. Ma le parole di Cacciari, punto di riferimento di una larga fetta della sinistra, imbarazzano soprattutto un modello di potere che – in breve tempo – è riuscito nel distopico miracolo di far passare come ‘normale’ un linguaggio di guerra nel quale il nemico non è più l’invisibile virus, ma il concretissimo vicino di casa, fratello, figlio, reo di avere scelto liberamente di non sottoporsi a un trattamento sanitario.

‘Il vaccinato non solo può contagiare, ma può ancora ammalarsi – rileva Cacciari – in Inghilterra su 117 nuovi decessi 50 avevano ricevuto la doppia dose. In Israele si calcola che il vaccino copra il 64% di chi l’ha ricevuto. Le stesse case farmaceutiche hanno ufficialmente dichiarato che non è possibile prevedere i danni a lungo periodo del vaccino, non avendo avuto il tempo di effettuare tutti i test di genotossicità e di cancerogenicità. “Nature” ha calcolato che sarà comunque fisiologico che un 15% della popolazione non assuma il vaccino. Dovremo dunque stare col pass fino a quando?’.

Così parlano Agamben e Cacciari.

Sono le parole del bimbo di Andersen che, con semplicità, urla una verità scontata e sotto gli occhi di tutti, ma che tutti sembrano non volere vedere, parole che mettono in guardia da possibili (e concrete) derive che la Storia ha già visto pagando prezzi devastanti.

Il Covid è una tragedia di proporzioni immani, ma questo non significa che l’uomo debba sommare tragedia a tragedia, non significa che in nome della paura debba dividere in due la società, discriminando chi ha la fortuna di condividere con altri i pochi anni che il Destino, Dio, il Caso ha assegnato a ciascuno sulla Terra.

Cacciari non è un fascista, non è uno sciamano, non è nemmeno un simpatizzante della Meloni. E’ un filosofo che ha gridato che il Re è nudo e che nella sua imbarazzante nudità non può far altro che smettere di atteggiarsi come onnipotente, sventolando lo scettro della nuova divinità, la Scienza, e la corona del nuovo Totem intoccabile, la Salute.
Il re è nudo e allora basta con le offese, basta con gli inaccettabili insulti lanciati da un ‘noi’ contro un ‘loro’ creato ad arte, ma inesistente in realtà. Non ci sono i sorci di Burioni, non ci sono cani del giornalista Messina, non ci sono gli evasori fiscali di Arbignani del Cts. Cancelliamo dal vocabolario la dlirente idea di un sindaco di provincia di appendere al collo dei non vaccinati un cartello o il sadico invito lanciato da un noto giornalista ai rider di sputare sul cibo dei non ‘immuni’. Chiedano scusa costoro e chiedano scusa per le inaccettabili reazioni delle piazze i non vaccinati.

L’insegnamento di Cacciari è che non ci sono muri, ma ci sono uomini e donne che devono fare i conti con una situazione difficile e che solo evitando di farsi la guerra possono sperare di vincere. Una lezione semplice, ma di questi tempi rivoluzionaria.

(da www.lapressa.it)

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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