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Dall'archivio:

Gli ‘Ipotesi’ di Magenta (e dintorni) lanciano una proposta per il ‘nuovo’ ponte Morandi di Genova

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Che un gruppo di architetti si ritrovi per ragionare su ipotesi di (ri)costruzione del ponte Morandi di Genova ci sta. Che del gruppo facciano parte anche psicologi, mediatori e umanisti sì: e quello che vi presentiamo IN ESCLUSIVAM è il frutto del lavoro condotto negli ultimi mesi dal pool messo in piedi da quei geniacci di Ivan D’Agostini, Giuseppe Rescaldina, Irene Bertoglio e molti altri. Leggete cosa ne è uscito..

 

MAGENTA- GENOVA Ancora nel pieno del cordoglio e dello stupore, noi, architetti e non del 21° secolo, umili o arroganti delimitatori di spazi e disegnatori di nuovi skyline, catturato un barlume di lucidità dopo l’ubriacatura mediatica e al di fuori di qualsiasi considerazione politica, non possiamo sottrarci al nostro dovere quali mediatori tra natura ed esigenze umane.

E mai come nel caso di Genova ciò appare evidente e cogente: ancora una volta la natura, con i suoi agenti, ha avuto la meglio sull’Uomo e sui suoi millenari tentativi di costruire Torri di Babele, in questo caso, orizzontali.
Spostando il pensiero un po’ più lateralmente, la domanda che ci siamo posti non riguardava il “perché” il ponte dovesse essere ricostruito, ma il “come”: Genova ha ancora bisogno di un ponte? O meglio: Genova ha ancora bisogno di un collegamento in quel contesto?

Non spetta a noi ovviamente la risposta: fiorenti studi sono già stati prodotti da parte di esperti di settore e sicuramente se ne produrranno di nuovi in breve tempo. Più semplicemente: se la risposta fosse “no” allora nessun dibattito avrebbe più senso e si seguiranno altre strade – anche in senso letterale del termine. Il ricordo della tragedia resterà a lungo nelle nostre menti così di come tutte le altre tragedie che hanno colpito l’Italia, e non solo, negli ultimi cento anni almeno.
Ma se la risposta dovesse essere, oppure è già, “sì” allora, forse, possiamo calarci nella buca del suggeritore e proporre agli attori di valutare una soluzione che implichi la realizzazione di un collegamento provvisorio,
nell’attesa che tutto l’iter tecnico e burocratico possa avviarsi e compiersi secondo quelle modalità stabilite a livello europeo.

Come ci poniamo di fronte al manufatto crollato? Rifiutiamo la preesistenza come simbolo della fallibilità umana oppure, di fronte a un’opera frutto di un’ingegneria all’avanguardia per l’epoca di costruzione, che vedeva progettisti del calibro di Nervi, Morandi e Musmeci, ci relazioniamo secondo la nostra natura di popolo sì di santi, poeti e navigatori, ma anche di restauratori dato il numeroso patrimonio artistico che è presente sul nostro territorio e con il quale da secoli conviviamo in stretta simbiosi?

 

Abbracciamo il Ponte Morandi e teniamolo stretto per il tutto il tempo che servirà a Genova per tornare a respirare a pieni polmoni.
La forma parte dalla funzione o la funzione determina la forma (che poi sembra la stessa cosa)? Prima di perderci in forsennate disquisizioni tecnicistiche e rocambolesche perifrasi occorre valutare e ponderare, quasi d’istinto, con cosa abbiamo a che fare: cemento e acciaio, acciaio e cemento, nascosto e
visibile al tempo stesso. La materia “grigia” con cui è fatta l’essenza stessa dell’uomo: il pensiero. Chissà se è un caso che il cemento sia grigio e grigia, ma lucente, sia la lamina d’acciaio con cui, l’uomo, ricopriva il suo busto, una corazza lucente con la quale avrebbe affrontato i colpi del nemico in battaglia?
Argomentazioni sì simboliche ma pregnanti per il nostro modo di fare.
La struttura (tanto quella a sostituzione dell’elemento crollato, quanto le due applicazioni all’esistente) è pensata con elementi cavi in acciaio e colonne tonde flangiate, assemblate in opera (al fine di agevolarne il trasporto e il montaggio ma anche il futuro disassemblamento).

Ottobre 2018 GRUPPO IPOTESI
architetti e non del 21° secolo

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Le colonne potranno accogliere, all’interno, dischi d’irrigidimento e di controventatura nonché, alla bisogna, potranno essere anche percorribili (per servizi vari e controllo di monitoraggio del comportamento statico). I vincoli utilizzati sono di grado doppio (cerniere) che permetteranno quindi alla struttura di conservare un gradiente di elasticità senza comprometterne il funzionamento e permettendo i movimenti conseguenziali sia alle inevitabili dilatazioni ma anche per le variazioni repentine dei carichi accidentali. Detti vincoli interesseranno le gambe sia nella condizione d’appoggio al piede, che in sommità, in occasione dei tiranti,
costituti da elementi specifici (in questa fase lo studio ingegneristico ha colto solo lo schema di forma).
Gli impalcati orizzontali, tanto quelli nuovi che quelli esistenti, saranno sorretti (sgravati per quelli esistenti) da elementi che risulteranno appesi ai nuovi tiranti che si dipartono dal Cavalletto rovesciato. Ai “pendini” sarà agganciata una trave che, correndo da un lato all’altro dell’impalcato, fungerà da appoggio semplice

alla struttura orizzontale stessa.
In buona sostanza, il sistema statico si basa sull’adozione di vincoli semplici (appoggio a carrello, cerniera) smorzando tensioni elevate sui materiali, piuttosto che sul sistema di ancoraggio. Fatto salvo per le strutture di scarico dei pesi a terra, realizzate con cassoni in c.a. (eventualmente anche questi di natura
prefabbricata, tenuti assieme con un sistema di fasciature in acciaio), tutte le strutture sono in elementi a sezione tonda chiusa in acciaio.

Per tutto il sistema è previsto, una volta esauritasi la sua funzione statica, un eventuale recupero integrale (i cassoni in c.a. recuperati come elementi morti per la realizzazione di cordoni frangi flutti).

L’acciaio verrà trattato con verniciature che ne permetteranno la mimesi con l’ambiente circostante, conservando, in tal modo, la percezione della struttura originaria del Ponte Morandi.

IL Gruppo
Costituitosi negli ultimi anni, il Gruppo Ipotesi riunisce professionisti i cui campi di competenze spaziano dall’architettura alla psicologia e sociologia urbana e immobiliare. Lo scopo del Gruppo è, a partire dall’analisi dei fenomeni che caratterizzano la società attuale, suggerire possibili soluzioni per le labilità che vi si riscontrano, nel rispetto della tradizione italiana e con un occhio verso il panorama internazionale.

Ponte Morandi
La nascita di una proposta.
Quello che il Gruppo Ipotesi propone in seguito al crollo del Ponte Morandi a Genova di fatto è ciò che di istintuale e primordiale è scaturito da coloro che da anni, architetti e non, praticano l’attività di mediatori tra natura ed esigenze umane: si è messo sul tavolo , immediato, spontaneo, un disegno semplice, quasi “inevitabile” , e veloce come deve essere la costruzione provvisoria che si propone per tamponare una ferita: una sorta di cerotto strutturale che consenta di camminare nell’attesa dell’intervento chirurgico definitivo.

Come architetti e professionisti del sociale non ci si poteva sottrarre ed evitare di avanzare un suggerimento che è nato spontaneo, dopo un primo momento di sgomento e stupore comune a tutti: una riflessione scaturita dalla vicenda stessa, l’atto iniziale del crollo, e non da tutto il dibattito che ne è scaturito.

 

Il disegno “rupestre”(*), quasi grezzo, del Gruppo supporta:
– una proposta priva di autoreferenzialità
-una proposta non invasiva, anzi, visivamente “leggera”, nel rispetto di tutti gli elementi del contesto: del paesaggio naturale, del costruito residenziale e non, del Ponte Morandi stesso cui si conferisce validità storica-ingegneristica, degli abitanti abituati da anni a vedere quel tipo di manufatto;
-una proposta che ha il pregio di tamponare in sicurezza una situazione di emergenza, di far respirare tutti gli Attori protagonisti della vicenda nell’attesa che la lunga macchina tecnico-burocratica faccia il suo corso;
-una proposta che si presta poi -senza alcuna programmazione a priori di antropizzazione forzata dell’elemento nuovo conferendo funzioni che esulano da quelle naturali per cui un ponte è preposto- ad essere “smontata” così come è stata montata, oppure “dismessa” lasciando che la natura, incanalata, ingentilita dall’uomo, possa fare il suo corso.

(*) il termine rupestre viene utilizzato non solo per il carattere istintuale del disegno, graffiato ed abbozzato sulla situazione di fatto, scaturito dal pre esistente o meglio, scaturito “senza cartoni preparatori” per successivi arazzi e/o affreschi, ma anche nel significato simbolico che gli è stato attribuito quale elemento del rituale propiziatorio per la caccia, con fini, pertanto, del tutto utilitaristici e non decorativi.
Sostanzialmente un disegno molto “pratico” che non ammicca a possibili (e magari impraticabili) scenari di utilizzo futuri, come se si fosse all’interno di una città alla Blade Runner, per dirla alla Ridley Scott.

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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