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Giulio Giorello: ‘Il politicamente corretto? Ha radici totalitarie’

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

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Riproponiamo una intervista del filosofo Giulio Giorello risalente al 2017  e ripubblicata da www.barbadillo.it

“Il politicamente corretto? Ha un sottofondo totalitario ed è inaccettabile per un ribelle”. Giulio Giorello, firma de La Lettura del Corriere della Sera, è stato tra gli ospiti del festival “Lector in fabula”,  a Conversano. Il filosofo dell’Università di Milano è autore del saggio “Etica del ribelle”, edito da Laterza.

Giorello, è possibile tracciare una definizione del ribelle per eccellenza?
“I ribelli sono quelli che non seguono l’autorità e sono determinati a non piegarsi di fronte ad ogni tentativo violento di metterli a tacere. Hanno la tenacia di lottare per resistere”.
Ha dedicato il suo saggio a Ludovico Geymonat.
“Il filosofo torinese, mio padre spirituale, pubblicò il 25 aprile 1945 “Studi per un nuovo razionalismo”, una riflessione sull’etica della ribellione che nasce dal proprio desiderio di sincerità: mi ribello perché voglio restare fedele a quello che ho fatto e scelto per me. C’è dunque nella ribellione una componente personale”.
Ribelle e rivoluzionario sono categorie differenti?
“Certo. Il rivoluzionario si sente inserito in un grande movimento della storia, come nel novecento; il ribelle è una figura antica, un anticonformista spesso armato che – come ha spiegato Ernst Jünger ne “Il trattato del ribelle” – è ricorrente nelle diverse epoche storiche ed ha il coraggio di andare contro il senso della storia. Non c’è, infatti, alcun senso della storia. Il ribelle ce lo fa comprendere, fornendoci un grande insegnamento”.
Chi incarna l’archetipo del ribelle dei nostri tempi?
“Molto dipende dal contesto. Nelle Sei contee dell’Irlanda del Nord sotto il giogo britannico, i patrioti irlandesi sono stati grande esempio di ribellione, fin dall’insurrezione del 1916. Hanno resistito alla violenza inglese con grande coraggio civile”.
Come nel caso dello sciopero della fame del 1981 nei famigerati H-Blocks.
“Una delle più grandi figure di ribelle è quella del combattente Bobby Sands, al pari del popolo dell’Irlanda del Nord che non si rassegna alle prepotenza dell’occupazione. Apprezzo anche Gerry Adams, politico abile con idee utili per perseguire la liberazione dei propri connazionali”.
Adesso si registra una nuova ribellione contro il politicamente corretto. Cosa ne pensa?
“Dovremmo ribellarci tutti contro questa ideologia che sta arrivando a delle forme francamente così stupide da dare origini a risposte altrettanto stupide. Che senso ha la guerra contro le statue degli eroi della Confederazione sudista negli Usa? Vanno abbattute solo perché hanno perso? La forma americana di questo dogma, la più cruenta, è insopportabile. Poi mi faccia aggiungere una considerazione”.
Quale?
“I sacerdoti del politicamente corretto appaiono come gente miserabile, non hanno il senso dell’ironia. Questa tendenza dilaga in Italia, colpendo la libertà di satira dei vignettisti, come nel caso del disegnatore Mannelli che ha preso amabilmente in giro la signora Maria Elena Boschi. Pure colleghi accademici ormai si autocensurano, temendo di scontentare alcuni gruppi organizzati”.
“L’etica del ribelle” è uno strumento di educazione sentimentale alla libertà?
“Ho scritto questo libro come atto di affetto per tutte quelle persone che sono state in modo intelligente ribelli, compreso uno degli scrittori che amo, campione di sarcasmo e ironia, Carlo Emilio Gadda”.

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