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Dall'archivio:

Giorgio Bassani, maturità e Finzi Contini- di Emanuele Torreggiani

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Mi innamorai di lei. Avevo diciassette anni quando lessi per la prima vola il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani. A.D. 1975. Indimenticabile romanzo in cui l’amore è l’asse cui i coprotagonisti ruotano perché lei, Micol, e solo lei, la splendida, sfuggente, ironica, sprezzante, disperatamente sola Micol, sostiene la narrazione tutta. Una scrittura complessa (ah, quando sento gli asini che ragliano di romanzo scorrevole mentre anche i grandi fiumi eterni vanno in secca) la cui cifra stilistica, la gamma cromatica espressiva, è tra le più alte del dopoguerra. Solo Beppe Fenoglio ha rango connestabile. La andai cercando poi Micol nella vita, un giorno ci incontreremo. Micol, figlia di Saul, sposa di re Davide. Che storia profonda contiene un nome. Anche qui, nel dettaglio si affresca la grandezza dello scrittore che costruisce un mondo verosimile più grande del mondo vero.

 

Per nulla memorialista Il giardino dei Finzi Contini è letteratura allo stato puro immersa nel sangue della storia. E quando mai la storia non sia stata sangue, non si sa dire. Mi piace riproporre il periodo finale, la cui perfetta complessità Cardinale con un cameo a potente soggettiva Aulica (seguendo assiologia di Dante, De Vulgari Eloquentia) dà la misura materica della letteratura. “… Certo è che quasi presaga della prossima fine, sua e di tutti i suoi, Micol ripeteva di continuo anche a Malnate che a lei del ‘suo’ futuro democratico e sociale non gliene importava un fico, che il futuro, in sé, lei lo aborriva, ad esso preferendo di gran lunga ‘le vierge, le vivace, et le bel aujourd’hui’, e il passato, ancora di più, ‘il caro, il dolce, il pio passato’. E siccome queste, lo so, non erano che parole, le solite parole ingannevoli e disperate che soltanto un vero bacio avrebbe potuto impedirle di proferire, di esse, appunto, e non di altre, sia suggellato qui quel poco che il cuore ha saputo ricordare”.


Dio, quanta bellezza in questo passo. Dove l’innesto francese, seguente un’espressione volgarizzata, innalza la perifrasi italiana a profondità cosmica.

E il bacio, il ‘vero bacio’ taumaturgico, il bacio che guarisce nella sua forma coniugante. Grande, grande Giorgio Bassani. Ovviamente deriso in modo insolente da una pattuglia di furbacchioni capitanati da un giovane e saccente e già tartufone Umberto Eco la cui sciatteria letteraria è altisonante. Ma sia. Il giardino dei Finzi Contini ebbe in Vittorio de Sica una traduzione cinematografica esemplare. Oscar 1972. Leggete Bassani.

Emanuele Torreggiani

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