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Finalmente Primo(z) Roglic, di Teo Parini

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Per tre lunghe e estenuanti settimane i suoi avversari hanno sperato saltasse, che nel gergo ciclistico non è tipicamente il migliore auspicio possibile in quanto traduce l’effetto di una crisi nera e soprattutto definitiva sulle montagne. Una micciola, come direbbe Magrini. Sottovalutavano però un aspetto importante: Primoz Roglic “saltatore” ci nasce, domatore senza paura del vuoto, anche se con gli sci ai piedi.

La Slovenia che ne ha dato i natali vanta una buona tradizione nella disciplina del salto con gli sci tanto che, anche grazie ai servizi di Primoz, nel 2007 si aggiudica a Tarvisio i mondiali juniores a squadre. Quando però il giovane di Trvbolje sembra avviarsi verso una luminosa carriera ecco l’imprevisto. In cielo, tra le nuvole, è tutta questione di dettagli e basta un niente per compromettere uno stato di equilibrio decisamente instabile. Un impercettibile movimento delle dita, per esempio, perché in quota la perfezione è un mantra severo.

Planica, anno 2011, in un attimo Roglic è a terra. La botta è di quelle che fanno male, morale incluso, e il verdetto impietoso: carriera finita. Primoz, impegnato in una riabilitazione che gli possa assicurare almeno una vita normale, scopre per la più classica delle casualità la bicicletta e quanto il suo trinomio testa-cuore-gambe, maniacalmente forgiato da un’adolescenza agonistica, sia adatto alla nuova e esigente disciplina. La morale di questa storia a lieto fine è che finché c’è una strada da percorrere niente è davvero compromesso e vedere il neo-campione della Vuelta di Spagna esibire il simbolo rosso del primato, sorridente, sul podio di Madrid è uno dei momenti per i quali vale la pena di dedicare del tempo all’eccellenza sportiva. Perché qualcosa, gira e rigira, la si impara sempre.

Roglic, che di anni adesso ne ha quasi trenta e porta sulla schiena i colori della Jumbo-Visma, non lo scopriamo campione solamente oggi che con merito iscrive il proprio nome nell’albo d’oro di una grande corsa da tre settimane. Già vicecampione mondiale a cronometro, esercizio in cui furoreggia con agio, e terzo nella classifica finale dell’ultimo Giro d’Italia che avrebbe anche potuto vincere, Primoz incarna il prototipo del corridore moderno, senza lacune e poche concessioni al superfluo. Un robot. Fenomenale contro il tempo, come si accennava poc’anzi, performante in salita, resiliente alla reiterazione dello sforzo. Più Indurain che Contador dunque, comunque un complimento, sulle strade di Spagna si è comportato da imperituro padrone, interpretando col piglio del favorito consapevole le insidie proposte da un tracciato disegnato ad hoc per gli scalatori di razza, quindi spettacolare, e da rivali per la verità spesso più volenterosi che efficaci.

Chi vince ha però sempre ragione e Roglic, senza mai tradire in volto gli inevitabili momenti di defaillance che caratterizzano lo sport che fu di Fausto Coppi, ha regolato tutto sommato in scioltezza l’eterno Valverde, mirabilmente secondo a sedici anni di distanza dalla prima esperienza sul podio iberico, e il connazionale dal luminoso avvenire Pogacar, vincitore di tre tappe di montagna e depositario dell’azione più eclatante di questa Vuelta 2019. Un terzetto variegato per età e competenze che dà lustro a una delle manifestazioni più accattivanti della stagione ciclistica.

Dicono, probabilmente a torto, che Primoz non sia un personaggio spendibile mediaticamente perché schivo e poco propenso a esporsi con sfacciata dimestichezza alla luce dei riflettori. Pazienza, di lui infatti si apprezzano serietà e misura, doti ancor più rare. Ciò che più importa, poi, è che lo sloveno che amava volare abbia finalmente rotto il ghiaccio iscrivendosi all’esclusivo club dei cacciatori (vincenti) da grandi giri. La sua presenza, unita alla consapevolezza che solo le affermazioni di prestigio sanno garantire, costringerà i migliori interpreti di questo sport, nessuno escluso, ad alzare l’asticella se vorranno primeggiare ancora in futuro. Già dalla prossima corsa rosa, quando non sarà per nulla agevole scrollarsi Roglic – il sopravvissuto – dalle ruote.

In definitiva, l’ennesima pagina di ciclismo da ricordare. Tutto molto bello.

Teo Parini

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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