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Ermanno Olmi, Abbiategrasso e cascina Caremma: un legame che non si spezzerà mai

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ABBIATEGRASSO – Banalmente- come tuttavia ha (pur) giustamente ricordato qualche quotidiano nelle ultime ore- il legame tra Ermanno Olmi, Abbiategrasso e l’Est Ticino affondava le sue radici nell’Albero degli Zoccoli, il film capolavoro (e nettamente il più conosciuto) tra quelli realizzati dall’artista nativo di Milano, morto ad Asiago, dove viveva da moltissimi anni-

Nel film capolavoro, consacrato dalla critica mondiale, compaiono infatti anche delle scene girate lungo il Naviglio Grande: è possibile riconoscere Palazzo Cittadini Stampa a Castelletto di Abbiategrasso che simula la darsena ottocentesca di Milano; sono inoltre riconoscibili lungo il percorso Villa Gaia di Robecco sul Naviglio, il settecentesco ponte “a schiena d’asino” di Castelletto di Cuggiono e la chiesa parrocchiale di Bernate Ticino, sempre nella campagna milanese.

In realtà, soprattutto negli ultimi anni, quando Olmi era già malato, sia per il legame di amicizia con l’abbiatense Giacomo Previdi che per la natura (intatta) di enclave agricola che l’Abbiatense conserva, Ermanno Olmi venne spesso da queste parti.

Ci venne l’11 giugno 2011, all’Annunciata, dialogando col critico Fabrizio Tassi prima della proiezione di Terra Madre, il docufilm che fu fortemente voluto da Carlin Petrini e Slow Food.

Ma venne soprattutto alla cascina Caremma di Besate, da Lele Corti, in due occasioni indimenticabili: girò alcune scene del documentario ‘Acqua e pane’, usando il forno ultrasecolare della cascina, ma soprattutto nel settembre 2015.

C’eravamo anche noi, quella sera, una di quelle occasioni impalpabili e magiche cui Lele Corti ci ha abituati negli anni: assieme ad Olmi c’erano Alberto Marini (giornalista abbiatense molto legato al regista) e l’allora sindaco di Magenta, Marco Invernizzi.

Ci fu la proiezione di ‘Torneranno i prati’, un’opera che recava l’indelebile ‘segno’ filmico di Olmi.

Lo scorso anno, in estate, al cinema Nuovo di Magenta don Giuseppe Marinoni volle presentare il documentario realizzato in ricordo del cardinale Carlo Maria Martini, una figura che Olmi sentì particolarmente vicina. Anch’essa, inequivocabilmente, olmiana. Ossia intrisa di una fede sofferta, ma convinta, in Cristo e nella Redenzione. Forte quanto il dubbio che l’accompagnava, specie su certe ‘distorsioni’ del presente e del progresso.

 

Come scritte la Fondazione Abbiatense nel 2011, “l’arte di Olmi ha saputo trasformare anche questo documento in poesia, soprattutto nell’ultima parte, in cui le immagini prendono il sopravvento sulle parole, per testimoniare la sua fede nelle cose semplici, i sapori veri, la fatica, la bellezza del mondo”.

Una bellezza che Ermanno Olmi, tra l’Abbiatense e l’Est Ticino, fu capace di vedere nella sua totalità.

F.P.

 

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