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Elezioni, l’analisi (3): se Magenta ‘respinge’ filosofi e certo civismo, invocando più senso pratico e cultura del fare

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MAGENTA  – Forse l’immagine più emblematica, ancorché riduttiva di questa campagna è quella del 25 maggio scorso, quando a Casa Giacobbe il candidato del centrosinistra Marco Invernizzi organizza un incontro con Fiorenzo Galli, direttore di una delle più prestigiose istituzioni culturali italiane come il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Ci sono 21 persone, in sala, in un bel giovedì sera primaverile. L’eloquio dei relatori (Invernizzi e Galli) è forbito, le ‘seduzioni’ intellettuali indiscusse, il tono della discussione alto. Eppure quella sera Magenta non c’è, resta fuori. Non per cattiveria, forse per disattenzione. Di sicuro, in  quello come in molti degli incontri elettorali di maggio il cliché è sempre lo stesso. O la scena, considerando la passione del sindaco per il cinema: Invernizzi parla di quanto accadrà a Magenta coi progetti Saffa e Novaceta, esalta il civismo e il contributo dei cittadini tradizionalmente lontani dalla politica e dai partiti.

Peccato che quello ‘spezzone di città’ abbandona Invernizi: 487 voti, meno del 5%, significano che quello da noi ribattezzato ‘civismo 3.0’ non porta consenso, non aumenta i confini dello schieramento, non incide.

A salvare Invernizzi non a caso è la macchina elettorale del Pd, che con la triade Salvaggio-Razzano-Bastianello supera i 1100 voti, quasi tre volte il consenso di tutti i candidati della civica,a  partire da Paola Bevilacqua che racimola una cinquantina di preferenze. 

La scommessa politica di Marco Invernizzi- parlare alla città nel nome di un rapporto nuovo tra cittadini e politica- pare oggi una scommessa persa, anche perché l’elettorato premia chi- seppur attualizzandola- ha messo sul campo un’idea ‘consolidata’ di politica, fatta di ricerca del consenso (che è l’unica vera moralità della politica, posto che si parla di persone- Invernizzi, Calati e Del Gobbo- di provata e indubbia moralità).

Le serate da tutto esaurito al Lirico per Massimo Cacciari le abbiamo viste (e raccontate) anche noi. Ma dove sarebbe il consenso generato da quell’attivismo culturale? Paradossalmente, lontano dai numeri riscossi durante la stagione di Luca Del Gobbo grazie alla rinascita dell’area ex Laminati, del Lirico, della nuova sala consiliare, della rotatoria adiacente la stazione. Opere, tangibili e fruibili, non rimandi coraggiosi (ma perigliosi) a un domani che i magentini hanno rifiutato, scegliendo di votare chi chiedeva una ‘marcia indietro’ alla stagione di Luca Del Gobbo, cambiando metodo e obiettivi. Rompere con parti della fu maggioranza nel 2012, come con Rifondazione sulla questione strada Malpensa, è stato coraggioso. Ma non ha pagato, dal momento che la strada ancora non c’è.

Da ultimo, c’è l’atavica difficoltà della sinistra a NON dividersi in un pulviscolo di gruppuscoli: ai giovani turchi Razzano e Salvaggio diversi cacicchi della sinistra che fu di governo non hanno mai perdonato modalità e toni della vittoria del 2012, che riscattò una stagione di sconfitta lunga 11 anni. E siamo sicuri che ieri notte, ed oggi, parecchio fuoco amico si sia metaforicamente rivoltato verso Invernizzi. E chissà quanti sorrisi, al cospetto dei numeri sorprendenti scaturiti dalla urne nottetempo. 

Pas d’ennemis a gauche, si è sempre detto. Non a caso.

Fabrizio Provera

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