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Due pesi e due misure: il caso di Ruspadana

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Quando si parla di videogiochi violenti o che si pensi istighino alla violenza quasi sempre si finisce a discutere di quanto essi in realtà possano stimolare o aumentare comportamenti violenti nelle persone.

E’ di ieri la notizia che la Apple ha ritirato in via precauzionale un giochino dal suo Store digitale creato da tre giovanissimi tra cui un monzese di 26 anni, chiamato Ruspadana. Ovviamente “nome nomen” il giochino, easy nella grafica, tanto da ricordare “Mister Mario” è basato su un tema molto attuale e prende spunto dalle felpe di Matteo Salvini con ruspa stampata. Il gruppo di amici/colleghi che, per inciso, sono fra le menti informatiche più capaci, che hanno superato una difficile selezione per essere presi dalla Apple, in Italia, lo hanno sviluppato a Napoli. Si trovava sull’AppStoregratis e consisteva nel “ripulire” la Pianura Padana da omini neri, si immagina immigrati, per potersi poi godere lo spettacolo delle Alpi.

Dopo una serie di polemiche il giochino è scomparso dallo Store. Tanto rumore per nulla, direi. Per due motivi ben precisi. Avete mai digitato su google il termine ”spara tutto”?

Primo. L’elenco per console di giochi a cui si spara in realtà virtuali avanzate è enorme. Solo per citarne alcuni: Sniper Duty (Sei un soldato a caccia di tedeschi, devi puntare e sparare), Counter-Strike (Strisciano dietro gli angoli, i fucili d’assalto imbracciati, in attesa di un passo falso dei terroristi: sono gli agenti del dipartimento di polizia di Tianjin, accalcati in tenuta da guerra per un’esercitazione in un internet café),  Manhunt (2007) per stomaci forti, soprattutto nella versione non “edulcorata”. (evito la descrizione), Carmageddond (Il gioco si sviluppa a bordo di un’auto e per terminare ogni livello occorre distruggere tutti i mezzi avversari e perfino investire i pedoni). La versione meno violenta prevede la presenza di robot al posto dei pedoni e sangue di colore verde,Il crimine paga – Parte 1 e parte 2, GrandTheft Auto (il giocatore/ladro deve portare a termine le missioni interpretando un criminale che cerca di farsi una reputazione all’interno della città in cui si svolge il gioco, uccidendo i criminali rivali, poliziotti e guadagnare soldi, rubando macchine svaligiando negozi ecc.

Secondo, allora se vogliamo dirla tutta cosa dire di Monopoli, grande gioco del capitalismo estremo! Il gioco prende il suo nome dal concetto economico di monopoli o, il dominio del mercato da parte di un singolo venditore. Si acquistano proprietà terriere e sviluppandole costruendoci sopra case ed alberghi ed incassando le rendite dai giocatori si cerca di arricchirsi. Lo scopo è restare l’ultimo giocatore in gioco, mandando in fallimento tutti gli altri.

Risiko, poi?! Alla faccia dell’imperialismo, il gioco con le celebri pedine di plastica a forma di carro armato, più delle pedine a forma di mitragliatrice per rappresentare 10 armate ha possibili obiettivi. Conquistare 18 territori presidiandoli con almeno due armate ciascuno; conquistare la totalità del Nord America e dell’Africa; conquistare la totalità del Nord America e dell’Oceania; conquistare la totalità dell’Asia e del Oceania; conquistare la totalità dell’Asia e dell’Africa; conquistare la totalità dell’Europa, del Sud America e di un terzo continente a scelta; conquistare la totalità dell’Europa, dell’Oceania e di un terzo continente a scelta; distruggere completamente l’armata di un certo colore  e così via….

Tanto rumore per nulla?! Forse, un buonismo a due facce, sicuramente. Ho la certezza però che se fossero stati i miei figli, non glielo avrei fatto sviluppare. Sono sicura che i tre ragazzi non pensavano di creare così tanto scompiglio. Volevo solo aggiungere che, il ragazzo monzese, un padre non ce lo ha più, perché portato via da un infarto e un consiglio forse glielo avrebbe dato. Tanto di cappello per chi a 22 anni si è rimboccato le maniche e si è preso in mano la sua vita, un lavoro, uno stipendio alla Apple in un Paese dove chi può oggi giovane fugge.

 

Laura Giulia D’Orso

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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