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Dove va a finire la Franco Tosi? Lettera aperta di Christian Gambarelli

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Caro direttore,

Che posto c’è per il rilancio della Franco Tosi in un paese dove pare essere diventato prioritario ogni tipo di argomento fuorché il lavoro, soprattutto il lavoro manifatturiero, quello mosso cioè dalle mani di operai esperti, formati, professionali? Ebbene è questo il rischio che corre una “mitica” azienda, come la Tosi, che ha ancora e abbondantemente, la scorza per essere un’eccellenza italiana, lombarda in particolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

Stiamo assistendo da mesi, anni direi, ad un balletto scomposto sulle note di una sinfonia stonata e burocratica, dove da una parte l’amministrazione straordinaria che tentenna sulla vendita e sull’altalena del prezzo delle aree, dall’altra la politica che sa dare solo testimonianza di solidarietà ma che non ha nessuna voglia di metterci la faccia. E sul serio.  In mezzo, poveri noi, duecento lavoratori ed un imprenditore, Presezzi, che paiono essere i protagonisti loro malgrado, di uno dei barconi della speranza sempre più alla deriva. La cosa sconvolgente è che tutto questo non avviene ai confini di un meridione un po’ abbandonato, un po’ ripiegato, tutto questo avviene a Legnano, dentro una azienda che si affaccia direttamente su piazza del monumento, in cui sorge l’Alberto da Giussano, simbolo di quella politica efficientista e produttiva cui una volta la Lega Nord vantava sempre nei suoi programmi elettorali come priorità.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi pare che il vento sia decisamente cambiato. La cassa integrazione si affaccia sulla Franco Tosi dopo anni di ripresa produttiva, spesso con straordinari di sabato e domenica , e purtroppo potrebbe essere il preludio di una  sconfitta totale, di cui rimarrebbe solo il marchio e i ruderi di un’area destinata a diventare l’ennesima “ex” abbandonata o peggio ancora l’ennesimo rifugio di disperati senza fissa dimora, nel centro della città. Legnano e i suoi dintorni sono da tempo martoriati da crisi importanti, la Pensotti, la Stf della famiglia Trifone a Magenta, oggi  speriamo di no, la Tosi. Forse l’Alberto da Giussano non rappresenta più il valore del lavoro come orgoglio sociale, ma sempre più la stanca e blanda rassegnazione al tirare a campare, magari con un po’ di reddito di cittadinanza. Faremo di tutto nei prossimi giorni per attirare l’attenzione, ma non ci arrenderemo a questa ennesima disfatta e fiduciosi attendiamo segnali.

Legnano, 24 settembre 2018

Christian Gambarelli – Segretario Generale FIM CISL MILANO

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