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Dall'archivio:

Dove l’innovazione non potra’ mai arrivare. Quell’insopprimibile bisogno di relazione. Di Irene Bertoglio

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

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Il 2020 sarà ricordato come un anno cruciale nella storia a causa della pandemia da Covid-19, ma resterà anche una data significativa dal punto di vista culturale come un periodo in cui la tecnologia ha manifestato le sue ampie possibilità mettendosi al servizio del bene pubblico.

Forse parecchi insegnanti avrebbero comprensibilmente fatto a meno della “didattica a distanza”, ma è innegabile che grazie alle tecnologie digitali si è potuto offrire agli alunni un servizio scolastico quantomeno continuativo, nonostante la chiusura fisica delle scuole. L’uso della tecnologia si è rivelato oggigiorno un valido strumento di supporto all’istruzione; sono cambiate in questi mesi molte abitudini quotidiane, tra cui molto spesso lo scrivere – da parte degli alunni – con la tastiera anziché sui classici quaderni a righe o a quadretti.

Poiché questo tema mi sta a cuore vorrei condividere la mia riflessione in un periodo in cui il rischio di adeguarsi al flusso del cambiamento può comportare un impatto sullo sviluppo emotivo e neurologico delle nuove generazioni. Le stesse indicazioni dell’OMS affermano che “l’esperienza virtuale non sostituisce quella concreta perché non attiva gli stessi circuiti cerebrali dell’apprendimento”. Soprattutto fino ai 10 anni i bambini imparano la realtà tramite la concreta esperienza tattile, attraverso i sensi.

Nel gesto dello scrivere a mano, ad esempio, vi sono numerose acquisizioni che il bambino non apprende semplicemente digitando sulla tastiera. Il corsivo infatti accende aree del cervello coinvolte nel pensiero, nel linguaggio, nella memoria; favorisce l’apprendimento e lo sviluppo armonico dell’emotività. Molte applicazioni e proposte digitali disponibili oggi per i ragazzi nascono da interessi economici e vedono i giovani in termini di possibili consumatori; sta a noi adulti porre questioni etiche ed educative.

 

Sebbene le innovazioni portino progresso, non per tale ragione siamo obbligati ad abbandonare pratiche intelligenti che hanno caratterizzato la nostra cultura fino ai giorni nostri. È buona cosa progredire, ma non a scapito di un’alienazione e perdita di pienezza dell’essere e la scrittura a mano garantisce i presupposti dello sviluppo cerebrale. Il livello dei bambini disgrafici, che non sono più in grado di scrivere in modo naturale ed abile, in Italia sta aumentando esponenzialmente.

La rieducazione della scrittura si offre come metodo di recupero di un’abilità importante per lo sviluppo neurologico dei bambini perché la scrittura, lungi dal rappresentare solo un’arte manuale, è ricca di tesori emotivi e di apprendimenti che i giovani hanno ancora il diritto di conoscere.

 

Nella foto sotto la ‘nostra’ Irene Bertoglio

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