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Dall'archivio:

Don Fabio Stevenazzi, cavaliere al Merito della Repubblica

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TURBIGO-NOSATE. C’è una folta ‘tribù’ di turbighesi-nosatesi che fa riferimento a Lozza, paese natale anche dell’ex presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, anch’egli legato da vincoli parentali con la tribù turbighese-nosatese che, dicevamo, arrivò a Turbigo negli Anni Cinquanta del secolo scorso.
Una caratteristica di Lozza (Varese) – paese di origine di don Fabio Stevenazzi – è la presenza maggioritaria di due cognomi, che saltano all’occhio a chiunque visiti il piccolo cimitero: Brianza e Stevenazzi, due stirpi che si sono più volte incrociate nei secoli.
Tra i tanti che hanno lasciato un segno (il padre di Fabio, Ercole è stato sindaco), recentemente, è balzato agli onori della cronaca don Fabio Stevenazzi, il prete della Comunità Pastorale San Cristoforo di Gallarate che, nel mezzo dell’emergenza da Coronavirus, ha scelto di tornare a fare il medico presso l’ospedale di Busto Arsizio. Nei giorni scorsi è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per il ‘servizio’ prestato alla comunità durante l’emergenza del coronavirus.
LA STORIA DEL PRETE-MEDICO. Don Fabio Stevenazzi, laureato in medicina, all’inizio della sua professione fu medico in turno al Pronto Soccorso di Legnano. Venne anche a Turbigo, qualche anno fa, in occasione dello screening delle carotidi organizzato dal Comune. Un parente ricorda che, nei giorni di un Ferragosto lontano, colpito da febbre altissima, non sapendo più a che Santo votarsi, lo cercò attraverso le vie parentali. Era Ferragosto e necessitava subito di una lastra ai polmoni. Don Fabio, fece in modo che la facesse e si tranquillizzasse.
Ogni anno andava un mese in Africa a dare una mano. Ad un certo punto della sua vita scelse di andare ancora più insù, e decise di dedicare completamente la sua vita a Dio e agli altri, ma come prete, con la croce alzata incontro gli altri.
Sacerdote a Gallarate, durante i mesi della pandemia le Chiese vennero chiuse per evitare i contagi. Don Fabio sentì della mancanza di medici al Pronto Soccorso e allora decise di togliersi la tonaca e tornare a indossare la divisa di medico mettendosi a disposizione. Nei giorni dell’emergenza era lì, in corsia coronavirus, con l’unico scopo di aiutare chi aveva bisogno, dal punto di vista sanitario, ma anche per assistere chi se ne stava andando…

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