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Diritto & rovescio. Il codice rosso disarmato. Di Giovanni Marradi

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Uno degli ultimi provvedimenti di legge approvato e fortemente voluto dall’allora Ministro degli Interni Matteo Salvini è cosiddetto “ codice rosso” a tutela, in particolare, delle donne che subiscono violenza nell’ambito familiare. La norma oltre ad un inasprimento delle pene prevede che la Polizia giudiziaria in caso di ricezione di denunce o accertamento di fatti rientranti nello stalking o nei maltrattamenti in famiglia prenda le misure urgenti ritenute necessarie e avverta immediatamente il Pubblico Ministero il quale entro tre giorni deve provvedere ad interrogare il soggetto indicato come autore del fatto. Se una norma del genere fosse stata voluta da qualche donna parlamentare del PD, le lodi e i peana si sarebbero sprecati. Invece la norma è stata praticamente ignorata anche da chi è impegnato nella tutela delle donne, perché , evidentemente voluta dal “cattivo” ex Ministro dell’Interno. Dopo poco tempo dall’entrata in vigore della norma, una donna è stata barbaramente uccisa a Milano dall’ex marito pregiudicato.

Il Procuratore della Repubblica della città lombarda ha cercato di giustificare il suo Ufficio davanti alle caute critiche avanzate dalla sorella della vittima spiegando come la norma sia di difficile attuazione in quanto nel primo giorno di entrata in vigore il Pubblico Ministero di turno avrebbe avuto , solo a Milano, quindici segnalazioni, rendendo impossibile procedere all’interrogatorio degli indagati nei tre giorni previsti dalla legge. E’ difficile anche quantificare quale sia il fenomeno perché le associazioni a tutela delle donne oggetto di violenza, contestano i dati ufficiali presentati dal Ministero dell’Interno. Premettiamo che, contrariamente a quanto si possa credere, il numero degli omicidi in Italia è abbastanza ridotto, specialmente se confrontato con altri paesi europei come ad esempio la Francia o l’Inghilterra. Gli omicidi volontari rilevati nel 2018 sono stati in tutto il Paese 375.

Secondo il Ministero dell’Interno  i femminicidi, cioè gli omicidi di donne da parte dei loro partner o ex partner sarebbero 32. In realtà le donne uccise sono state 123 sul totale sopra indicato di 375, sostanzialmente un terzo delle vittime. Secondo le associazioni a tutela delle donne, in tutti questi casi si potrebbe parlare di femminicidio secondo i criteri del cosiddetto omicidio di genere indicati dagli organi internazionali. Sul punto bisognerebbe intendersi perché secondo le associazioni a tutela delle donne occorrerebbe far rientrare nel femminicidio tutti i casi in cui il delitto ha colpito una donna in quanto donna. Si può obiettare che vi sono, però, dei casi che pongono dei dubbi, come ad esempio quello di alcune madri uccise dai figli malati di mente o quelli della donna uccisa per rapina o dal vicino di casa durante una lite per questioni condominiali. Mediando i due criteri di valutazione che paiono entrambi estremistici, c’è chi indica in 84 il numero delle donne oggetto di femminicidio. Il problema è che davanti a questo fenomeno, i provvedimenti legislativi sembrano non riuscire ad impedire o limitare la strage. In base alle attuali leggi e alle nome sulla custodia cautelare, considerati i tempi della giustizia, un uomo che minacci la sua ex moglie o fidanzata non può essere trattenuto in carcere, come forse sarebbe giusto per cinque o dieci anni . Quindi, spesso, il delinquente esce dal carcere o dagli arresti domiciliari in un tempo relativamente breve e ancora più incattivito nei confronti della vittima. L’ideale, ovviamente, sarebbe proteggere la vittima con una vigilanza da parte delle Forze di Polizia e parimenti sorvegliare e controllare l’autore dei fatti di violenza o delle minacce.

Dal punto di vista pratico questo non avviene perché richiederebbe un dispendio di uomini e mezzi che secondo i dirigenti delle Forze di Polizia non è possibile porre in campo. E’ più semplice, certamente, proteggere le donne allontanandole dai loro luoghi di vita ma questo spesso è impossibile per le necessità lavorative e la presenza di figli. Occorre anche, onestamente, riconoscere che in alcuni casi le donne minacciate hanno cercato di far “ ragionare” i loro aguzzini cercando un dialogo che spesso è sfociato in una facilitazione dell’aggressione. Vi è, però un aspetto che, come al solito per il “ politicamente corretto” non si vuole neanche prendere in considerazione. Si tratta della legittima difesa. Anche la donna più fragile di questa terra con un ‘arma da fuoco in mano può affrontare e rendere inoffensivo un bestione infuriato. Mi sono sempre chiesto perché non venga istituito un programma di addestramento all’autodifesa armata con concessione del porto d’armi alle donne minacciate. Sicuramente oggi un buon numero di vittime sarebbe ancora in vita mentre qualche aggressore sarebbe finito all’ospedale o al cimitero. Come ho detto le obbiezioni a questo tipo di autotutela sono le solite: diventeremo il  far west e ci devono pensare le forze dell’ordine. Poi, però, le stesse forze dell’ordine ammettono di non poter sorvegliare le vittime e controllare gli aggressori quotidianamente per una evidente carenza di personale da impiegare . E allora? Voi direte ma nessuna donna ha mai pensato di avvalersi della facoltà di richiedere il porto d’armi per difesa personale di fronte alle violenze del marito o compagno?

La risposta purtroppo è si. Si chiamava Deborah Vallesio e il 20 Luglio è stata uccisa con sei colpi di 357 Magnum dall’ex marito a Savona. La Signora Vallesio aveva denunciato per ben diciannove volte l’ex marito – un pregiudicato – accusandolo di stalking e altro. Addirittura il suo aguzzino aveva bruciato un locale che la ex moglie gestiva. Deborah Vallesio era la segretaria e istruttrice di tiro presso un campo di tiro privato della provincia di Cuneo. La Signora Vallesio maneggiava con competenza le armi conoscendo alla perfezione i limiti imposti per l’uso delle stesse per autodifesa. La Signora Vallesio aveva fatto regolare richiesta di porto d’armi per difesa personale che però le era stata negato dagli organi competenti. La notizia è riportata dal mensile Armi e Balistica. Certo, fosse stata munita del porto d’armi, forse il suo carnefice l’avrebbe uccisa lo stesso  ma non si può escludere che la vittima accortasi per tempo della presenza dell’ex marito armato potesse difendersi, salvandosi la vita. Quello che fino ad ora ho scritto non ci deve meravigliare. In questo Paese il politicamente corretto, i principi e le ideologie politiche valgono, a volte, più della vita di una povera e coraggiosa donna.

 

Avvocato Giovanni Marradi

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