― pubblicità ―

Dall'archivio:

Desiderio, di Emanuele Torreggiani

+ Segui Ticino Notizie

Ricevi le notizie prima di tutti e rimani aggiornato su quello che offre il territorio in cui vivi.

Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

 

Annunciata dal profumo di rosa; rosa rosae, dirà un giovane liceale in calzoncini canotta e infradito armato di due Corona, che la cassiera gli farà passare, sospirando, riconoscendo, in quell’ossatura ancora spoglia, il figlio suo; lei avanza guardinga lungo la corsia raggelante del supermercato poggiando il proprio peso alla fatica del carrello. Non mostra prescia, scorre a labbra ridenti salumi e latticini allineati lungo gli scaffali, i richiami carminio, a schizzo di sangue, delle offerte e si sofferma, infilando gli occhiali che le pendono sul petto antico, all’angolo delle torte cremose. Mettendo a fuoco l’elaborata forma aspira con voluttà l’afrore dolciastro del caramello. L’avrà leccato l’indice e il medio seduta al tavolo imbandito con le amiche in una pausa della canasta andando a coprire l’abissale seme di picche con quadri e cuori. Non si sa mai, avrà detto. In quella un bimbo, a scavalco, indica il dolciume monoporzione alla mamma che oppone il capo in un diniego indeciso. Scatta la sirena di gola con lacrime a getto. Mentre il piccolo raffica scalciando l’aria, la madre grida. Dalla scienza sua anticipa il gesto della giovane mamma che afferra la confezione, rompe il sigillo con l’unghia levigata, l’apre e la porge al piccolo imponendo ingozzati. Terra stabilita. Poi indugia attendendo l’urlo puntuale Matteo guarda la maglietta tutta impiastrata, mio Dio non ce la posso fare con te, tutte le volte è un disastro. Lei prende una confezione di ricotta, la soppesa, la cambia con una di primo sale e la depone nella gabbia metallica. Cena. Assapora il piacevole ristoro del freddo che alita il lino lilla orlato di pizzo nero che lei stessa ha trapuntato nell’inverno. Prosegue nella corsia dei biscotti che scorre sino ai Bucaneve Doria ancora confezionati a cilindro. Con impercettibile spalluccia a virginale marachella acquista. Poi un pacchetto di grissini iposodici che commisura con la smorfia necessaria. Infine un’insalata monodose di polipo, cornetti e patate. Calza gli occhiali, considera lo spropositato prezzo al chilogrammo accessibile nell’esiguità del contenuto. Pranzo. Cerca con lo sguardo la sua cassiera prediletta. Ci sono sei persone in coda con carelli imballati.

Fa un giro. Le piace quel luogo fresco strapieno di ogni possibile desiderio. Ascolta i clienti che discutono di offerte, sconti, ribassi. I bimbi che si svincolano dalle strette e puntano ai giocattoli sordi ad ogni richiamo. Rivede il Matteo che trinca una bottiglietta di acqua zuccherata con la madre che lo rimprovera dei vizi e gli tatua un bacio sulla fronte mentre il piccolo assonnato l’abbranca al collo stampandogli sulla camicetta l’impronta della mano appiccicosa di caramello. Fa niente che poi a casa laviamo tutto. Ecco, ora si mette in coda. È quasi il suo turno. Ha tre cose. La ragazza alla cassa sorride e la saluta. Buongiorno signorina. È la sua prima voce in giornata. Dalla borsetta estrae la sportina di plastica che ripiega ad ogni spesa. Pochi spiccioli. Guarda la ragazza, le labbra piene. Vede un indice che le sfiora, come si schiudono in una chiostra di denti bianchi e un capo folto di capelli che copre quell’immagine in un bacio profondo. Sente il cuore della ragazza che batte più forte, in quel profondo vivo e oscuro. La saluta con un gesto della mano che tiene aperta distendendo così la pelle raggrinzita. E s’avvia all’uscita, alle porte a vetri che s’aprono e chiudono, sotto il getto fortissimo d’aria gelida e la subitanea fauce canicolare. Cammina con circospezione ma senza cedimenti. A passo misurato. Traversando la via al proprio alloggio, due giovani operai lavorano alle siepi. Lungo il bronzeo dorso, nudo e scintillante, una goccia di sudore scivola lungo la muscolatura e cade nella gran vampa del mezzogiorno. Arde l’asfalto e là in fondo alla via, dove lei dimora, il riflesso del miraggio. Sembra un lago, o uno stagno d’argento, o ancora un golfo di mare fermo. Laggiù lei abita. E via via che procede quelle poche decine di passi, il miraggio arretra simmetrico sino a svanire nell’incrocio delle vie, tra le losanghe delle ombre.

Emanuele Torreggiani

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

■ Prima Pagina di Oggi