MILANO Lombardia zona rossa, nonostante alcuni segnali di rallentamento dell’epidemia di coronavirus Sars-CoV-2. Ma per l’epidemiologo Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell’Ats di Milano e membro della Cabina di regia del ministero della Salute per il monitoraggio di Covid-19, “ciò non toglie che per la Lombardia, dati alla mano, il lockdown deciso ieri dal premier Giuseppe Conte e dal ministro Roberto Speranza sia necessario. Il problema semmai è che è in ritardo di 2 settimane”, afferma l’esperto in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.

“I dati dell’ultimo monitoraggio, almeno di quello che ho in mano io come membro della Cabina di regia – spiega – si riferiscono alla settimana tra il 19 e il 25 ottobre” ed “erano indicatori che davano segnali di allerta precoce. Oggi la situazione è peggiorata”. E se è vero che rispetto all'”Rt regionale considerato” per decidere la chiusura della regione, “ossia l’ultimo che noi abbiamo esaminato in Cabina di regia” e che “è a 2,01”, nel monitoraggio dell’Ats di Milano il dato è sceso a 1,6, “per la Lombardia lo scenario non cambia – ripete Demicheli – Piuttosto, dal mio punto di vista, oggi ci sono già almeno altre 11 regioni con gli ospedali in grave sofferenza”.
L’epidemiologo descrive un contact tracing da tempo “in forte difficoltà”, un rapporto sempre alto positivi/tamponi, e poi c’è il peso dei contagi sul sistema sanitario: in Lombardia “ci sono 1.075 letti di terapia intensiva, il tasso di occupazione è del 40%” mentre “la soglia di criticità è identificata al 30%”. E anche “il tasso di occupazione dei posti letto per i ricoveri ordinari è al 37%, al limite della soglia critica fissata al 40%”. Insomma, nonostante il fatto che su Milano “forse si inizia a vedere qualche risultato delle misure restrittive scattate il 22 ottobre”, secondo Demicheli “per rallentare davvero la curva dei contagi” queste misure “non sarebbero bastate”.