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Dal Canton Ticino le utopie di Pippo Pollina. A cura di Monica Mazzei

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Recensione live di Pippo Pollina, l’altra sera di scena al Teatro Sociale di Bellinzona

BELLINZONA CH – Viaggio musicale-biografico nei ricordi di Pippo Pollina, che ama nei suoi brani rievocare i momenti salienti della sua vita, come quelli delle tragedie che hanno caratterizzato il suo background originario. In tour porta una storia cantautorale fatta di atmosfere raffinate, soprattutto quando il sassofono del quintetto che lo accompagna, sparge note intimistiche che seducono. Nei suoi testi, non sono presenti solo aspetti biografici, storici, sociali e culturali: anche l’amore è presente, con una sfumatura cerebrale ma al tempo stesso, una poetica libera ed intensa.
Pippo Pollina arriva sul palco nella bellissima cornice del Teatro Sociale di Bellinzona, con la sua Palermo Acoustic Quintet, formata da cinque elementi.
Presenta subito i suoi compagni di viaggio, sottolineando con umorismo che non sono tutti di Palermo, nonostante il nome, ma alcuni catanesi oltre ad un musicista originario della Puglia.

“Siamo partiti da una Svizzera tedesca ancora immersa nel pieno inverno, per poi ritrovarci in primavera appena varcato il San Gottardo!”, ci dice con un sorriso.
Quando le luci si abbassano, tutta la Sala viene rapita dalle note de “Il Nibbio”…
Un brano che racconta gli alti e bassi della vita, che sprona a non arrendersi mai. Ogni tanto può piovere o le cose non andare come ci si aspetta, e allora “si mangerà un gelato alle nocciole”. Perché in ogni circostanza dell’esistenza, quell’altalena sarà ancora li, a ricordarci il bambino che eravamo e l’incedere delle vicende che non si ferma mai.

Poco dopo Pippo si ferma a riflettere su come tutto sia cambiato. Forse è impossibile oggi non fare rifermento ai cambiamenti climatici; ma lui lo fa a suo modo, evocando ricordi di gioventù.
“Arrivai in Svizzera 30 anni fa. A quei tempi gli inverni di Zurigo erano strapieni di neve, si scendeva anche a -15. Io, da buon siciliano, la neve l’avevo vista solo in cartolina! Si, forse vedevo un filo imbiancata la cima dell’Etna… Ma l’unico ‘rapporto’ vero che avevo con la neve, era lo scii alpino che vedevo in tv”, fa una pausa con un sorriso buffo, “… E non capivo… ma erano siciliani quegli sciatori con quei nomi… Difficili…?”. Pausa di due secondi, poi Pippo snocciola nomi tedeschi impronunciabili. In sala il pubblico ride.
“Nel lontano 1983, la prima neve vera la vidi quando con il mio gruppo di allora, gli Agricantus, che esiste ancora, fummo invitati a due festival in Austria. Per risparmiare, dalla Sicilia ci dirigemmo li in treno! Immaginate 35 ore nei treni di allora! E non prendemmo le cuccette! Ad un certo orario, in un viaggio che sembrava un carnaio, allungavi i sedili per stendere le gambe… E ti ritrovavi a dormire con 20 persone sconosciute… Per cui, la mattina ti svegliavi sempre acciaccato, con il piede di qualcuno sulla faccia! Ma poi, se la compagnia era bella, facevi delle belle esperienze! Quando arrivammo, la prima cosa che mi colpì fu un odore ancestrale, quello della neve fresca. E ricordo che ci fiondammo subito a fare pallazze di neve, come i bambini!”, conclude il suo racconto, Pippo. Da questo racconto di lontana memoria, Pippo si riallaccia al brano che si accinge a cantare:“Guarda scende la neve”.

Accennavo alle memorie che fanno da sfondo alla vita di Pollina…
Nonostante i suoi trent’anni in Svizzera, la sua formazione giovanile sia come persona che istruzione, derivano dalla Sicilia e questa origine costituisce una impronta indelebile, legata al cuore. Impossibile non parlare di una Sicilia fatta di gente buona ma ferita dal terrore e dalle stragi di mafia; dove fioriscono anime coraggiose, che provano, parlando alla gente, a cambiare le cose. “Centopassi” (tutto attaccato), è un brano dedicato a Peppino Impastato. Un giovane eroe anti mafia, che non era magistrato o poliziotto: era un attivista giornalista, che dai microfoni di una radio portava avanti a suon di parole, la sua lotta fatta di ideali.

Pollina ritorna al presente recente, quando rammenta ciò che comportò l’era Covid.
“Nel marzo 2020 ci trovavamo in Austria, e mancavano pochi giorni alle prime chiusure. Nessuno avrebbe immaginato che sarebbe passato un anno e mezzo prima di poter riprendere a suonare. Per un anno e mezzo noi artisti siamo stati i più penalizzati, visto che la nostra vita artistica è fatta di assembramenti. Ma i cambiamenti culturali, economici, psicologici e delle abitudini del pubblico, ancora oggi si fanno sentire. In tutto questo periodo io ho tenuto “in frigorifero” un album, al quale lavoravo dal 2019: “Canzoni segrete”. Quando è finalmente giunto il momento di riaprirne il progetto, mi sono chiesto: ‘Sono ancora fresche al mio orecchio o nel frattempo sono cambiato ancora troppo io?’.
E mi son risposto: ‘Si, lo sono’. Perché erano già frutto dei nuovi cambiamenti dentro di me.”.
In questo modo, Pippo attacca insieme ai suoi compagni, con una delle tracce di questo suo album che ha già una lunga storia fatta di 5 anni.

Cosa significa essere un artista?
Pippo si addentra sull’attuale guerra in Ucraina, che ha portato alla discussione su riarmo ed il disarmo, in una società, nella quale quasi tutti noi siamo cresciuti, che aveva coltivato la cultura dalla pace; soprattutto dopo la fine della Guerra Fredda. Viviamo una grande contraddizione. Ma i pacifisti ancora credono nella pace e nella lotta per affermare questa utopia.
Spesso si dice che noi artisti facciamo la bella vita. Noi abbiamo bisogno delle risposte della real politik. Ma non è vero che noi abbiamo vita facile e che pensiamo a suonare e basta. Le utopie sono importanti! Noi le cantiamo spesso con anticipo, fino al loro realizzarsi. È giusto credere che gli ostacoli si possano superare. Cento vent’anni fa ad esempio, non avevano i diritti civili di oggi. Una volta il voto alle donne era una di queste utopie. In Svizzera ad esempio le donne hanno votato più tardi che in molti altri Paesi. L’utopia ha giocato un ruolo fondamentale in brani di artisti come Bob Dylan, De Andre’, Guggini e molti altri in tutto il mondo.

Subito dopo ci inebria con le note del brano “Un’altra vita”.
“Anni 70” è invece una canzone che ha dedicato ad i movimenti di quel periodo di grandi cambiamenti sociali, culturali, scientifici, sportivi. “Gli anni Ottanta invece, a parte la caduta del Muro, sono stati di una noia mortale!”, afferma. Non manca uno spirito leggero, che fa capolino, pensando proprio all’estate sempre più vicina, con il brano “Mare mare mare”, che tempo fa, canto’ anche con Giorgio Conte. (Ma tante sono state le amicizie artistiche di Pippo, colme di stima reciproca. Quella con l’indimenticabile Battiato, è una di queste).

“Camminando” è una delle sue pietre miliari, particolarmente amata in Ticino, poiché fu scelta dagli scout ticinesi come loro motto di vita.
“La vita è bella così”, è un brano dedicato al rimpianto delle cose non chiarite con il padre scomparso. Quelle cose che a volte si procrastinano, non rendendoci conto che il tempo finirà, lasciando aperti dei temi. “Eppur si muove” fa parte di una canzoniere di qualche anno fa ma sempre attuale. E poi ancora un brano che reca in se le tracce di una memoria delle origini: “Pizzo lungo”. Dedicato alla memoria della famiglia che salto’ in aria, a causa di un attentato diretto al magistrato Carlo Palermo, che quel giorno si salvò per puro caso.
Di quella famiglia, unica superstite su la piccola Margherita, che allora aveva dieci anni. Per puro caso, volle andare a scuola accompagnata dalla sua amica del cuore e la manna di quest’ultima e fecero un altro tragitto.
In molte date del tour, Margherita Palermo, oggi 48enne e che già allora volle sapere subito la verità su ciò che era successo alla sua famiglia, è stata presente sul palco come testimone per sensibilizzare su questi orrori.

Grazie, Pippo per questo tuffo nella speranza e nell’umanità più vera!

Monica Mazzei

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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