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D come Disagio… la rubrica di Fabio Gabrielli e Floriana Irtelli

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

D come Disagio

Lo spirito del nostro tempo vuole che le naturali fluttuazioni dell’anima, le inaggirabili ferite che scandiscono quotidianamente la vita, non siano più consegnate al governo che dovremmo avere di noi stessi, a pratiche autonome di confronto e superamento, ma al disagio, e questo spesso alla psicofarmacologia.

 

In buona compagnia, c’è anche la sessuologia, che, da feconda pratica clinica ed educativa, rischia di diventare codice, procedura, catalogo, regola estrema.

La parola greca logos, che troviamo in psicofarmacologia, in sessuologia, non significa solo “parola, ragione, discorso”, ma anche “relazione, proporzione”, quindi misura.

Sembra che ci sia spesso bisogno di qualcuno, una guida, un esperto, che ti dica come affrontare le naturali resistenze del mondo alla tua presa, i naturali ostacoli della vita, così come fare sesso, sulla base di almeno cinquanta sfumature.

Spesso tutto è regola, misura, osservazione, quindi controllo.

Chi si sottrae al controllo, alla procedura, al calcolo, non di rado è fuoriscena, cioè disagiato, da escludere dalla buona comunità dei sani, oppure da ricondurre ad essa tramite una rieducazione della sua presunta patologia.

Parole fondative della nostra civiltà, come cura di sé, governo di sé, tecnologie del sé, esercizi spirituali, sono ormai catalogate come reperti filosofici, astratte speculazioni, senza carne, povere di mondo, prive di mondo.

La cura di sé, spogliata da un certo sentimentalismo di fondo o dalla sterilità dei luoghi comuni, è pratica di vita.

Essa implica fedeltà alla propria vocazione, perseveranza nel testimoniarla di fronte alle resistenze del mondo, prudenza.

Quest’ultima, la prudenza, è una virtu’ assai preziosa nella cura di sé, poiché non implica, come si ritiene, una fuga dalle nostre iniziative, ma una valutazione rigorosa e sentita delle circostanze, delle nostre effettive qualità, per poi intraprendere con coraggio e passione il nostro cammino.

Assomiglia un po’, dice un grande filosofo, Martin Buber, al gioco della dama: non si possono fare due passi alla volta, non si può mai tornare indietro, giunti in alto, tutto è possibile.

Di fronte ai naturali ostacoli del mondo, è inutile nascondersi dietro il cosiddetto disagio, occorre muoversi con cauta intelligenza, non tornare indietro, cioè abbandonare il nostro proposito, e provare ad arrivare alla meta con tutte le risorse di cui disponiamo.

Da lassù, la vista sarà davvero gratificante!

La vita non ci chiama alla sofferenza, semmai al potenziamento del nostro essere, che passa attraverso il confronto con il mondo, mai pacifico e lineare.

Dalla nostra capacità di ergerci come centri creativi di resistenza, dipende la nostra consistenza di uomini.

In questo senso, il disagio è sovente una buona copertura per rendere patologico ciò che è nient’altro che la vita che reclama alla vita: sforzo, tensione, desiderio a fare di noi stessi biografie mai assimilabili ad altre biografie.

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PICCOLA BIBLIOTECA DELL’ANIMA

Fabio Gabrielli, Valentina Tettamanti, Restare a casa. Piccolo alfabeto del contagio, Aracne, Roma 2020.

Un testo, tra filosofia e pedagogia, concentrato attorno alle voci che hanno contrassegnato maggiormente la prima fase del tempo pandemico. Dall’armadio ai balconi, dal gioco al pane, dal silenzio alla tenerezza, si snoda un percorso attento ai luoghi e ai volti dell’abitare la casa.

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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