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Covid, Pregliasco: ‘Pochi in terapia intensiva’. La Fipe: ‘No alla demonizzazione dei bar’

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MILANO – “Ad oggi c’è una situazione assolutamente buona in terapia intensiva. I pazienti sono ancora pochi”. Lo ha detto Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano, a RaiNews24, commentando gli ultimi dati sull’andamento del contagio di Covid-19. Per quanto riguarda la cura, “non ci sono terapie definitive”, ma “chi si ammalerà oggi si può sentire più sereno con una serie di interventi non invasivi. È l’occasione per dire di fare qualcosa per stringere i contatti in un inverno che sarà infastidito dal Covid”, ha sottolineato Pregliasco.

 “È facile parlare, decidere, giudicare quando si ha uno stipendio a prescindere a fine mese. Quando si vive e si muore di lavoro, queste considerazioni sulla nostra vita, sulle nostre aziende, ci fanno profondamente male. Il momento è complesso, ci vuole senso della misura e di grande responsabilità”. Lo ha detto Aldo Maria Cursano, vicepresidente vicario di Fipe – Federazione italiana pubblici esercizi – Confcommercio, ai microfoni di Radio Cusano Campus. “Noi abbiamo una rete di pubblici esercizi che rispondo ad un’esigenza di socialità. Questa rete ha investito nel distanziamento, nella sanificazione, quindi è una risorsa del Paese nel cercare di ridistribuire questa domanda di socialità. Parliamo di oltre 300mila persone, 1 milione e 200mila di addetti e queste cose buttate lì dal politico di turno, dall’improvvisazione di turno, fa male. Questo poi non risolve il problema, lo sposta, perché i ragazzi si spostano, non li mandi a letto alle 24”, ha aggiunto spiegando che “noi non viviamo di mancette o sussidi, vogliamo essere messi nelle condizioni di lavorare in sicurezza, il nostro mestiere è cercare di far stare bene le persone altrimenti non faremmo questo lavoro, faremmo i becchini. Anziché come una risorsa veniamo visti come un problema. Anziché chiudere, bisognerebbe aprire altri pubblici esercizi per distribuire meglio le persone e controllare meglio che le misure di sicurezza vengano rispettate. Ormai si è creato un sistema di rispetto del lavoro degli altri che l’ingresso nelle nostre attività è sempre corretto, cosa che invece non c’è nelle piazze, dove i ragazzi fanno gruppo e osano. Ecco perché dovremmo vietare quei tipi di assembramenti”.

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